Sospesa la produzione di Trentingrana sia nella sede centrale di Trento che nel caseificio di Pinzolo. Pesano anche i costi dell’energia sui caseifici. La bolletta elettrica è passata da poco più di 40mila euro a 800mila
Latte Trento non dispone più di materia prima sufficiente per produrre il Trentingrana: «Mai in passato avevamo assistito a una così vasta causa una serie di concause, che durano da un anno – spiega Sergio Paoli, direttore della Latte Trento, grande polo del latte trentino – sul fronte degli aumenti dei costi di produzione de trasformazione del latte. I risultati sono davanti ai nostri occhi: chiudono le stalle, con la conseguenza che viene a mancare la materia prima, di conseguenza abbiamo chiuso tutte e due le linee di produzione del Trentingrana, sia quella della sede centrale di Trento che quella del caseificio di Pinzolo, chiuso completamente».
«La situazione è drammatica – prosegue Paoli – e gli amministratori pubblici non possono dire di non averlo saputo in tempo: già a gennaio come Latte Trento avevamo fatto una conferenza stampa nella quale avevamo denunciato una situazione che già allora era insostenibile. In sede di assestamento di bilancio la Giunta provinciale per bocca del suo presidente ci avevano promesso un adeguato intervento, ma ad oggi non abbiamo ricevuto neanche un centesimo».
Latte Trento ha sospeso anche la produzione di latte alimentare
Le conseguenze sono drammatiche, come spiega Paoli: «Con la chiusura di 18 stalle, e quella prossima di altre 2 in arrivo, non abbiamo più materia prima, ci manca oltre il 15% di latte e di conseguenza abbiamo sospeso oltre che la produzione di Trentingrana anche della vendita di latte fresco alimentare. Quest’ultimo è in assoluto il prodotto più energivoro di tutti per cui è impossibile da produrre, i consumi di energia cominciano nella stalla con la mungitura, la conservazione in cella frigo, i trasporti la lavorazione, i materiali necessari e i cartoni».
I rincari della bolletta elettrica incidono sulla trasformazione
Un dato per tutti: «Fino allo scorso anno – sottolinea Paoli – la nostra bolletta elettrica era di poco più di 40mila euro, l’ultima è di 800mila! Ma non siamo solo noi, il caseificio sociale di Cavareno per non chiudere si sta fondendo con un altro, quello di Tuenno sempre in Valle di Non ha già chiuso e il poco latte dei soci lo portano da noi. I soci delle Valli Giudicarie vorrebbero che noi riaprissimo Pinzolo, ma non c’è produzione».
Anche i costi dell’allevamento in crescita vertiginosa
La crisi però non colpisce solo i caseifici ma anche gli allevatori: quest’anno c’è stata una scarsa produzione di fieno da secondo taglio per la siccità e anche il primo taglio non era abbondantissimo. Di conseguenza i prezzi del fieno sono più che duplicati, quelli dell’erba medica, che tradizionalmente gli allevatori trentini comperano in pianura, hanno avuto un aumento del 300%, il prezzo dei mangimi è raddoppiato. Risultato: anche le stalle che non hanno chiuso i battenti hanno ridotto la produzione eliminando più di 800 vacche in lattazione.
Gli allevatori sono stanchi di produrre in netta perdita, e, pertanto, riducono la produzione di latte con la conseguenza che il loro caseificio, la Latte Trento, si trova con una grave carenza di prodotto e chiude uno ad uno i settori più energivori.
A rischio il sistema produttivo legato alla montagna
A questo punto il direttore Paoli si pone una domanda: «Considerato che tutta la catena produttiva del latte è in crisi, cosa succederà nelle nostre valli di montagna dove gli allevamenti dei bovini sono i protagonisti della conservazione delle bellezze delle nostre valli? E se chiudono le stalle, di conseguenza chiuderanno i nostri piccoli caseifici, che offrono ai turisti le prelibatezze della varie valli? Probabilmente i nostri amministratori provinciali non si sono resi conto della gravità e della drammaticità della situazione nonostante le nostre continue denunce e non hanno colto appieno il significato e le conseguenze di questa crisi, drammatica non solo per gli allevatori».