di Luigi Chiarello. Niente trucchi né scorciatoie. Il pagamento delle multe latte non ancora versate all’erario non può essere rimesso in discussione. I debiti accumulati non potranno essere pagati in rate variabili, dietro esplicita richiesta dell’allevatore che ha splafonato, senza che questo rinunci a eventuali contenziosi in essere. Per cui, chi vuol sanare la propria posizione ha una sola strada: rinunciare all’eventuale contenzioso in atto e aderire alla rateizzazione delle multe prevista dalla legge Zaia (n. 33/2009). Vale a dire pagamento del debito a rate costanti, fino a un massimo di 30, a un tasso d’interesse variabile, calcolato in base al rating assegnato all’azienda debitrice. E fino a un tetto massimo del 9%.
A chiarire il nodo è il direttore di Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Guido Tampieri. Con una determina ad hoc (la n. 03 del 21 gennaio 2013) Tampieri scioglie ogni dubbio sull’applicabilità o meno alle quote latte dell’articolo 1, comma 4 del decreto legge 16/2012 (noto come «decreto semplificazioni fiscali»), convertito nella legge 44/2012. Per il direttore Agea, la disposizione «non è applicabile ai debiti relativi al prelievo latte». Punto. Ne consegue che nessun allevatore, per quanto in difficoltà, potrà accedervi.
Ma perché la disposizione in oggetto? La determina del direttore Agea accompagna una lettera indirizzata ai produttori multati, che hanno chiesto di aderire alla rateizzazione della legge Zaia. Con la missiva, l’Agenzia spedirà il contratto che l’allevatore dovrà sottoscrivere e rispedire a via Salandra entro un mese, «comprensivo di copia dei versamenti relativi alle rate eventualmente già scadute». Inoltre, Tampieri ricorda agli allevatori, che «in caso di mancata adesione alla rateizzazione», o «mancato versamento del prelievo» o «delle rate», scatteranno l’immediato «recupero coattivo delle somme dovute» (tramite Equitalia) e «la comunicazione al commissario straordinario quote latte ai fini della revoca della quota assegnata».
Un comma dall’iter travagliato. L’articolo 1, comma 4, del dl 16/2012, recita: «Al fine di una più equilibrata riscossione dei loro crediti di natura patrimoniale, gli enti pubblici dello Stato possono, su richiesta del debitore, che versi in situazioni di obiettiva difficoltà economica, ancorché intercorra contenzioso con lo stesso ovvero lo stesso già fruisca di una rateizzazione, riconoscere al debitore la ripartizione del pagamento delle somme dovute in rate costanti, ovvero in rate variabili. La disposizione del precedente periodo non trova applicazione in materia di crediti degli enti previdenziali».
Poi, in sede di conversione in legge al Senato, i parlamentari hanno accolto un emendamento del Pd che aggiungeva la frase «e nei casi di ottemperanza ad obbligazioni derivanti da sanzioni comunitarie». Escludendo così gli splafonatori dalla sanatoria (si veda ItaliaOggi del 4 e 5 aprile 2012). Ma non è finita. Successivamente, a stretto giro di posta e prima della definitiva conversione in legge del dl, un altro emendamento, questa volta di ispirazione governativa, limò il comma, cancellando una «e». Una impercettibile correzione dalle conseguenze enormi: perché finalizzata a concedere agli splafonatori l’accesso alla nuova sanatoria senza dover rinunciare ai contenziosi in essere.
Il raggio d’azione della restrizione veniva così limitato ai soli «crediti degli enti previdenziali nei casi di ottemperanza ad obbligazioni derivanti da sanzioni comunitarie». Cioè, a patate bollenti come quella dell’eventuale recupero di agevolazioni previdenziali concesse oltre il dovuto a imprese colpite da disastri naturali. Come avvenuto per il terremoto dell’Aquila, su cui pende una richiesta di chiarimento al governo italiano, inviata da Bruxelles. Ma qui casca l’asino. A leggere la disposizione di Tampieri, sono tre i considerando che motivano lo stop di Agea alla sanatoria per gli splafonatori:
– primo: la Commissione Ue non ha ancora espresso una propria valutazione in merito;
– secondo: il Consiglio di stato non ha ancora risposto alla esplicita richiesta mossa dal ministero delle politiche agricole di chiarire se la legge 44/2012 possa applicarsi o meno al settore quote latte;
– terzo: il dubbio di Tampieri che, nelle intenzioni del legislatore, l’esclusione di «casi di ottemperanza ad obbligazioni derivanti da sanzioni comunitarie» non debba riguardare «il prelievo latte».
Va detto, che i dubbi di Tampieri circa le intenzioni del governo sono amplificati dalle posizioni espresse nel tempo dall’attuale ministro alle politiche agricole. Infatti, secondo quanto già riportato da ItaliaOggi il 5 aprile 2012, Catania aveva dato parere contrario all’emendamento del Pd che escludeva gli splafonatori dalla sanatoria. Tanto che, all’indomani della sua approvazione in Senato, dichiarò: «Sarebbe opportuno che nei successivi passaggi del provvedimento la norma fosse ripristinata nella forma originaria che consentiva di praticare una nuova fase di rateizzazione anche per i produttori di quote latte». Cosa che puntualmente avvenne, attraverso la mera cancellazione di una «e» dal testo. Ora, però, Tampieri va nella direzione opposta alla rotta indicata dal suo ministro.
ItaliaOggi – 14 febbraio 2013