Prendiamo la Germania, per esempio. Qui la produzione di latte è aumentata e i costi sostenuti dagli allevatori hanno cominciato a scendere. Il risultato è che oggi il prezzo del latte spot tedesco è di 38 centesimi al litro. «Sono 20 centesimi in meno del nostro, con i nostri costi sarebbe impossibile accettare un prezzo così», dicono preoccupati dalla Confagricoltura di Piacenza, un territorio particolarmente votato alla produzione lattiera. Per questo l’associazione lancia l’allarme concorrenza.
Sul nodo della competitività si trovano d’accordo anche gli industriali della trasformazione. La questione, fanno sapere da Assolatte, non riguarda l’importazione del latte vera e propria, poiché l’Italia ormai ne produce 13 milioni di tonnellate all’anno a fronte di un fabbisogno nazionale di 13,5 milioni di tonnellate. Il problema semmai sono i formaggi e gli altri derivati del latte: qui sì che le importazioni del nostro Paese sono consistenti e arrivano a sfiorare anche il 40%. Se dunque il costo del latte estero di Paesi come la Germania o la Francia si abbassa, è chiaro che i prodotti lattiero-caseari di importazione acquisiscono una competitività eccessiva sul mercato italiano, a dispetto dello produzioni nazionali.
In queste ultime settimane il prezzo di alcune materie prime agricole utilizzate per l’alimentazione delle vacche ha iniziato a scendere, per esempio quello del mais e della soia. Ma questo, sostiene Confagricoltura Piacenza, non basta ad alleggerire in maniera sostanziale i costi sostenuti dagli allevatori. Il dito delle imprese agricole è puntato in particolare contro gli oneri, letteralmente esplosi dicono, per il mantenimento organizzativo e gestionale delle aziende: da un lato la burocrazia, dall’altro le manutenzioni, gli aggiornamenti tecnici, le sostituzioni delle attrezzature obsolete. Molti di questi costi sono resi necessari dagli obiettivi di sostenibilità che la stessa Europa richiede, per esempio le misure per il benessere animale o i limiti alla rotazione dei terreni.
Il problema del prezzo del latte non riguarda per fortuna le Dop, le cui filiere da sempre sono più remunerative verso chi conferisce il latte. Ma il resto della produzione rimane esposto alle fluttuazioni del mercato. L’attesa degli allevatori è tutta verso la revisione degli accordi firmati con la Lactalis, le cui quotazioni fungono da parametro di riferimento per tutto il resto del mercato. L’intesa fissava la remunerazione del latte a 57,7 centesimi al litro fino a giugno, ma concedeva la possibilità di ritoccare la cifra tra marzo e aprile di quest’anno, in base all’andamento del mercato. «Il confronto tra le aziende e gli agricoltori è in corso e si stanno cercando soluzioni condivise – fanno sapere da Assolatte – è vero che in Italia i costi di produzione sono più alti che negli altri paesi Ue, ma sono comunque diminuiti rispetto all’anno scorso. E i prezzo del latte spot è già calato: era di 55 centesimi a gennaio, mentre oggi è a 45».