I focolai d’infezione alimentare causati dal latte crudo tra il 2007 e il 2012 sono stati 81 e hanno coinvolto quasi mille persone. Il consumo di latte crudo negli Stati Uniti è in costante aumento, parallelamente al diffondersi di stili di vita legati al ritorno alla natura e al crescente numero di Stati che ne autorizzano la vendita.
Contestualmente si registra un aumento dei casi d’infezione alimentare causati dai batteri presenti nel latte non pastorizzato. Sono questi i dati presentati in uno studio dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), organo governativo per la salute pubblica, che ha confrontato i casi segnalati nel periodo 2007-2012, con quelli registrati dal 1993 al 2006. I dati ufficiali si basano sulle infezione segnalate su base volontaria agli organismi competenti e quindi i numeri reali potrebbero essere ben maggiori.
Negli Stati Uniti il commercio interstatale del latte crudo per il consumo umano è vietato dal 1987, ma i singoli Stati (attualmente sono 30) possono autorizzarlo sul proprio territorio. Altri dieci pur non autorizzando la vendita, consentono ai cittadini proprietari di una mucca, di affidarla in gestione a un allevatore, e di poter utilizzare una parte del latte prodotto.
Secondo i CDC, se aumenta il numero degli Stati che consente la vendita di latte crudo, i focolai e gli ammalati sono destinati a crescere
Tra il 2007 e il 2012, i focolai d’infezione alimentare causati dal latte crudo sono stati 81 (*) in ventisei Stati, con 979 persone ammalate, 73 delle quali ricoverate in ospedale. Nel periodo 2007-2009, questi focolai hanno rappresentato circa il 2% di quelli di origine alimentare, mentre nel triennio successivo la percentuale è salita a circa il 5%. Il 59% dei focolai ha coinvolto almeno un bambino di età inferiore ai cinque anni. La stragrande maggioranza dei casi è stata registrata in Stati dove la vendita di latte crudo è legale.
Confrontando questi dati con quelli del periodo 1993-2006, la media annua di focolai risulta più che quadruplicata, passando da 3,3 a 13,5. La crescita costante è dimostrata anche dal fatto che, rispetto ai 30 casi registrati tra il 2007 e il 2009 (dieci per anno), si è passati ai 51 (17 all’anno) del triennio 2010-2012. Secondo i CDC, se aumenta il numero degli Stati che consente la vendita di latte crudo, i focolai e gli ammalati sono destinati a crescere. Per questo, le autorità sanitarie raccomandano di non consumare latte crudo, soprattutto alle persone con maggiori probabilità di contrarre malattie (bambini, anziani, persone con disturbi cronici o sistema immunitario indebolito).
(*) Gli agenti patogeni responsabili degli 81 focolai di infezione collegati al consumo di latte crudo, registrati tra il 2007 e il 2012, sono stati il Campylobacter (81%), Escherichia coli (17%), Salmonella (3%) e Coxiella burnetii (1%). Tre episodi sono stati causati da più agenti patogeni. Lo studio, pubblicato dalla rivista dei CDC, Emerging Infectious Diseases Journal, considera solo i casi legati al consumo di latte crudo e esclude quelli dovuti a latticini preparati con latte non pastorizzato.
Beniamino Bonardi