Il Consorzio Latterie Friulane è stato autorizzare a ritirare il latte. Con l’affidamento al laboratorio di analisi dell’Associazione allevatori Fvg degli accertamenti sulla qualità del prodotto conferito, il provvedimento di sospensione è stato revocato, dopo il blitz dei Nas che ha sequestrato il latte tossico. La decisione è stata presa con un decreto della Direzione centrale salute.
La raccolta del latte dai 104 allevatori consorziati – dei quali solo alcuni sono al centro dell’indagine dei Nas per ipotesi di adulterazione – è così ripartita. Secondo quanto riferito da Gianni Ortis, l’avvocato incaricato dal Consorzio di seguire la questione amministrativa della vicenda, le analisi fin qui effettuate hanno dato tutte esito negativo.
Resta per ora ancora inibita al Consorzio l’attività di commercializzazione e trasformazione del latte. A Campoformido ci si augura che quello di oggi possa essere il primo passo per una veloce ripresa integrale dell’attività.
Latte tossico, le intercettazioni svelano il sistema per nascondere i valori fuorilegge
Il responsabile dell’approvvigionamento dava consigli agli allevatori, ma non ha mai sospeso il conferimento, né informato l’Azienda sanitaria. Cosa dice l’ordinanza del Gip
«Siamo male con le aflatossine lì» dice Rino Della Bianca, responsabile dell’approvvigionamento del latte per il Consorzio Latterie friulane a un allevatore l’11 febbraio scorso nel corso di una telefonata intercettata dai carabinieri del Nas.
«Un’altra volta?» risponde l’interlocutore facendo intendere che non è la prima volta che si trova alle prese con il problema della contaminazione del latte. «Sì» conferma Della Bianca e chiede: «Cosa stai usando? Bisogna cambiare (l’alimentazione delle mucche, ndr) perchè tu sei malissimo».
E, dieci giorni dopo, la situazione è ancora peggiore. Il 21 febbraio della Bianca: «Siamo sempre male lì, ma stai dando cotone, qualcosa? «Stiamo dando solo fieno, che fa bene» ribatte l’altro. Finalmente, il 25 i valori sono nella norma e Della Bianca dice all’allevatore «A posto, a posto».
Insomma, la volontà di risolvere il problema è evidente, il altte è la fonte di guadagno e di sostentamento per tutti. Il problema è il metodo. Le analisi di laboratorio da cui emergevano valori di aflatossine M1 superiori ai limiti consentiti avrebbero dovuto essere comunicati all’Azienda sanitaria, in modo da rendere possibili i controlli.
E ciò non è mai avvenuto, salvo una volta, a seguito di un blitz dei carabinieri. Le aziende con valori anomali avrebbero dovuto sospendere i conferimenti solo per il tempo necessario per eliminare la criticità. E nemmeno questo è accaduto. Sono stati i Nas a bloccare la raccolta in tre aziende.
Le intercettazioni
Si assomigliano un po’ tutte le conversazioni che Della Bianca (da venerdì agli arresti domiciliari su disposizione del Gip Emanuele Lazzàro per l’ipotesi di reato di adulterazione on contraffazione di sostanze alimentari) ha avuto con diversi allevatori friulani che, a loro volta, sono rimasti coinvolti nell’inchiesta su partite di latte non conforme che, secondo gli inquirenti, sono state in parte commercializzate.
L’indagine, coordinata dal pm Marco Panzeri, ha indotto la Regione a sospendere l’attività del Consorzio di Campoformido. In tutto gli indagati sono 14: i vertici di Latterie e i vari responsabili della gestione del latte, alcuni addetti al laboratorio, allevatori e un autotrasportatore. A tutti viene contestato l’articolo 440 del codice penale, adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari.
Il Gip
«Gli accertamenti documentali e le conversazioni intercettate attestano che all’interno del consorzio – scrive il Gip Lazzàro nell’ordinanza –, sotto la regia del Della Bianca, venivano sistematicamente elusi i risultati delle analisi interne; il latte in entrata che risultava contaminato non veniva segregato per essere smaltito, ma veniva miscelato con quello sano per essere commercializzato; in alcuni casi, la miscelazione avveniva a monte, all’atto della raccolta presso la singola azienda agricola, suddividendo il quantitativo nelle diverse vasche dell’autocisterna, in modo da mescolarlo con quello sano; in violazione della normativa, veniva sistematicamente omessa la comunicazione all’autorità sanitaria dei casi di positività impedendo l’adozione dei conseguenti controlli».
Sempre scorrendo il provvedimento del giudice, si scopre che «a fronte delle non conformità riscontrate per superamento dei valori di aflatossine, le partite di latte contaminato non erano smaltite nei termini di legge, ma mescolate nei silos unitamente a quello sano, pregiudicando così l’intera massa».
E la miscelazione, «almeno in un caso accertato, ha determinato l’immissione in commercio di una partita di latte contenente aflatossine in misura notevolmente superiore al limite di legge. Di tale partita, solo il latte consegnato alla Soligo era stato restituito, mentre il latte prelevato lo stesso giorno dal medesimo silos e confezionato sotto altri marchi non è mai stato ritirato dal mercato».
L’interrogatorio
Ieri Della Bianca, 60 anni di Tricesimo, responsabile, in occasione dell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere, in attesa che i suoi legali, Federica Tosel e Francesco Luigi Rossi, studino gli atti contenuti in nove faldoni di indagine, di cui hanno potuto prendere visione solo ieri per la prima volta.
In vista di un probabile ricorso al Riesame, gli avvocati hanno chiesto al giudice di autorizzare Della Bianca a conferire con l’avvocato Gianni Ortis incaricato dal consorzio di curare la questione amministrativa per riprendere l’attività produttiva.
La difesa
«Dobbiamo ancora esaminare tutte le carte – sottolinea l’avvocato Tosel –, tuttavia, stando alle intercettazioni che abbiamo letto, Della Bianca consigliava gli allevatori in merito ai mangimi, ma non ha mai ordinato di miscelare il latte, nè ha mai usato quantitativi con aflatossine oltre le soglie di legge per le produzioni. Comunque, tanti aspetti rimangono da chiarire: dalla determinazione dei valori in laboratorio ai fatti che hanno portato allo sforamento evidenziato alla Soligo. Una circostanza talmente eccezionale e strana che all’epoca ci fu addirittura chi pensò a un sabotaggio, in un periodo delicato in cui già si parlava di vari problemi e di possibili acquisizioni. Sarà il bioingegnere Paolo Bartolomeo Pascolo dell’università di Udine – prosegue il legale – a chiarire, in un’apposita relazione richiesta dalla difesa, come si svolgevano i vari procedimenti di gestione del latte».
Gazzettino e Messaggero Veneto – Domenica 8 Giugno 2014