“Serve parlare chiaro perché le regole sono altrettanto chiare. Nessuna misura di contenimento può essere davvero efficace se, come si è verificato nel caso riscontrato sabato 26 agosto a Zinasco (PV), comportamenti irresponsabili e mancate comunicazioni alle autorità sanitarie impediscono un intervento tempestivo, rischiando di mettere in pericolo tutto il comparto suinicolo regionale“. Non usa giri di parole Alessandro Beduschi, assessore di Regione Lombardia all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste (nella foto). E annuncia: “Sul caso l’Ats di Pavia ha avviato procedure di controllo e contenimento del virus ad ampio raggio. Lo fa collaborando con le autorità giudiziarie per stabilire le responsabilità dell’evento e valutare eventuali azioni legali”.
Intanto si apprende che il titolare di un allevamento di suini di Zinasco, nel Pavese, e un veterinario dell’azienda sono indagati dalla Procura di Pavia con l’ipotesi di reato di non aver segnalato i primi casi di morti sospette di animali che si sono verificate all’inizio di agosto, provocando così un focolaio di peste suina. A darne notizia è oggi il quotidiano “La Provincia pavese”. I due sono già stati ascoltati dagli inquirenti.
“Oggi è in programma un ulteriore incontro tra Ats di Pavia, Assessorato al Welfare e Assessorato all’Agricoltura con il commissario nazionale all’emergenza Vincenzo Caputo, al quale Regione Lombardia chiederà tutto il supporto tecnico e logistico da parte del Governo, interessando anche il Ministero della Difesa e la Protezione civile – spiega ancora Beduschi -. In questi giorni sarà svolta un’azione di raccordo con le principali associazioni di settore. Questo proprio perché sensibilizzino gli operatori a seguire scrupolosamente tutte le norme di cautela nei confronti di un virus che, pur non rappresentando nessun pericolo per l’uomo, ha una capacità di diffusione altissima. E che ha effetti devastanti negli allevamenti. Inoltre, siamo impegnati a reperire nuove risorse da destinare a interventi di biosicurezza e contenimento dei cinghiali. Ciò allo scopo di circoscrivere il più possibile la diffusione della PSA“.
“Nella vicenda della peste suina africana gli agricoltori sono parte lesa – afferma per parte sua Silvia Garavaglia, presidente di Coldiretti Pavia –. Per questo, accanto alle forme di ristoro già previste dalla Regione e a quelle che saranno programmate in futuro, è necessario anche pensare a ulteriori forme di aiuto per sostenere le attività imprenditoriali d’eccellenza del nostro territorio. I veri custodi del territorio sono gli agricoltori e gli allevatori – ha aggiunto – che con il loro lavoro quotidiano contribuiscono a mantenere alto il livello di sicurezza alimentare del nostro Made in Italy”.
Per parte loro le opposizioni incalzano. Il consigliere regionale del Pd Matteo Piloni chiede una seduta congiunta delle commissioni agricoltura e sanità, “per fare il punto sulle azioni messe in campo è sulla loro efficacia”. Perché secondo Piloni la nomina di un commissario straordinario per l’emergenza peste suina “non ha portato ad alcun risultato. Non possiamo aspettare di trovare capi infetti negli allevamenti tra Brescia, Cremona e Mantova. Sarebbe la fine per un’intera filiera”
«Gli aiuti per le recinzioni contro i cinghiali vanno benissimo, ma arrivati a questo punto occorre bloccare la circolazione umana nelle aree di contenimento indicate dall’unione europea – dice Paola Pollini (M5S) -. Due mesi fa, in Consiglio regionale, avevamo avvertito dell’enorme rischio e dell’incalcolabile danno economico e chiesto al centrodestra il coraggio di adottare misure importanti, per evitare che ciò accadesse. Misure che la maggioranza non ha voluto nemmeno ascoltare. Ora che la Peste suina africana è arrivata nel pavese, radendo di fatto al suolo interi allevamenti di suini, cosa intende fare Regione? ISPRA ha spiegato che i cinghiali, seppur rappresentino la causa primaria della PSA, sono anche lo strumento più lento di diffusione virale. Il vero pericolo è l’uomo, che con il suo comportamento ha prima potenzialmente generato le condizioni per la proliferazione della PSA (rifiuti contaminati) costituendo poi il veicolo di diffusione più rapido e a maggior raggio d’azione. Il virus resta attivo per moltissimo tempo (mesi) all’interno delle sostanze organiche rilasciate dai cinghiali e l’uomo, calpestando tali sostanze (a piedi, con le biciclette, con moto o veicoli), finisce involontariamente per diffonderlo”.