La tubercolosi è un problema sanitario ancora attuale, come testimonia il recente focolaio umano in provincia di Treviso. L’uomo è l’ospite naturale del Mycobacterium tuberculosis, mentre il Mycobacterium bovis, sebbene sia l’agente eziologico d’elezione della tubercolosi nel bovino, ha uno spettro d’ospite molto largo. E, considerato il carattere zoonosico dell’infezione, la malattia negli animali, e in particolare nei bovini, rappresenta un serio rischio per l’uomo.
La tubercolosi (Tb) è una malattia nota da millenni, ma nonostante sia una patologia ben conosciuta, trattabile e prevenibile, essa non rappresenta affatto un problema sanitario confinato nel passato, ma piuttosto un fenomeno estremamente attuale – come testimonia il recente focolaio umano in provincia di Treviso – tanto da essere ancora una delle principali cause di morte a livello mondiale.
I grandi flussi migratori, la pandemia di Hiv e l’emergenza di ceppi resistenti agli antimicrobici sono fra i fattori che hanno maggiormente contribuito al ritorno dell’emergenza Tb in ogni zona geografica.
In Italia la situazione epidemiologica è caratterizzata da una bassa incidenza nella popolazione generale e da una concentrazione in alcuni gruppi a rischio. Nel decennio 2005–2014 si è osservato un costante aumento tra ‘cittadini non italiani’ (dal 44% del 2005 al 66% del 2014), soprattutto fra i giovani adulti..
La tubercolosi è una malattia infettiva ad andamento cronico causata da microrganismi del genere Mycobacterium riuniti, per specie, in un gruppo tassonomico denominato tubercolosis complex.
Il carattere zoonosico dell’infezione
L’uomo è l’ospite naturale del M. tuberculosis, mentre il M. bovis, sebbene sia l’agente eziologico d’elezione della tubercolosi nel bovino, ha uno spettro d’ospite molto largo. È stato isolato infatti da soggetti con forme tubercolari appartenenti a diverse specie di mammiferi, domestici e selvatici, compreso l’uomo.
Considerato quindi il carattere zoonosico dell’infezione, la malattia negli animali, e in particolare nei bovini, rappresenta un serio rischio per l’uomo. La trasmissione dell’infezione dai bovini all’uomo avviene principalmente per via alimentare (consumo di latte crudo proveniente da allevamenti infetti) o per via aerogena e meno frequentemente attraverso le mucose o la cute lesa.
In Italia, grazie all’adozione e all’applicazione di programmi di eradicazione della tubercolosi negli animali domestici (bovino, in particolare) si è riusciti a ridurre la diffusione della malattia negli animali e il numero di casi nell’uomo, ma a causa della complessità del problema e dell’esistenza di serbatoi animali in specie di difficile controllo (animali selvatici, animali da compagnia), la tubercolosi è ancora un aspetto di sanità pubblica di rilievo
Il programma di eradicazione della malattia si gioca sulla corretta e rapida gestione di ogni singolo caso, sia sospetto sia confermato, sulla identificazione dell’origine dell’infezione, sulla capacità dei Servizi veterinari di individuare e prevenire le situazioni di rischio di contagio nei riguardi degli allevamenti indenni. Ad ogni episodio di infezione segue una valutazione di dettaglio, supportata da un’approfondita indagine epidemiologica, al fine di adattare i principi della strategia generale delineata dai provvedimenti regionali alle esigenze di eradicazione specifiche. Inoltre, per la diagnosi della tubercolosi, si utilizzano evoluti strumenti diagnostici di laboratorio
Ma qual è la situazione sanitaria del patrimonio zootecnico, e bovino in particolare, della Regione Veneto?
La direttiva 97/12/CE, che modifica e aggiorna la direttiva 64/432/CEE relativa ai problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali della specie bovina e suina, recepita con il DLgs 22 maggio 1999, n. 196, ha fissato i parametri minimi per le attribuzioni delle qualifiche sanitarie di allevamenti e di territori ufficialmente indenni dalle malattie soggette ai piani di risanamento.
Il ministero della Salute, con Ordinanza del 28 maggio 2015, ha disposto per il territorio nazionale misure straordinarie di polizia veterinaria in materia di tubercolosi, brucellosi bovina e bufalina, brucellosi ovi-caprina e leucosi bovina enzootica.
Con decisione 2007/174/CE del 20 marzo 2007, la Regione del Veneto ha ottenuto il riconoscimento comunitario di territorio ufficialmente indenne da brucellosi (BRC) bovina e Leucosi Bovina Enzootica (LBE); con decisione 2008/97/CE del 30 gennaio 2008 ha acquisito l’indennità ufficiale per BRC ovicaprina ed infine, con decisione 2008/404/CE del 21 maggio 2008 la qualifica di territorio ufficialmente indenne da tubercolosi (TBC) bovina. A seguito dell’acquisizione di dette qualifiche, negli allevamenti di bovini della Regione si applica quanto previsto dal sopraccitato decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 196 per i “territori ufficialmente indenni”.
Le aziende di bovini venete sono quindi accreditate con livelli sanitari molto elevati e l’introduzione di animali dai restanti territori con qualifiche inferiori può avvenire esclusivamente nel rispetto delle norme comunitarie.
Per mantenere le qualifiche sanitarie acquisite di territorio ufficialmente indenne da Tbc la Regione del Veneto ha predisposto con delibera ragionale n. 211 del 2016 il “Piano regionale di eradicazione della tubercolosi, brucellosi, leucosi bovina e della brucellosi ovi-caprina “ con il quale:
- ogni anno tutti i bovini di età superiore ai 42 giorni, in almeno il 20% degli allevamenti da riproduzione, sono stati sottoposti e hanno reagito negativamente a una prova intradermica nei confronti della tubercolosi. Nell’arco dei 5 anni tutti gli allevamenti dovranno essere testati;
- gli allevamenti che effettuano la vendita di latte crudo destinato al consumo umano diretto, devono essere sottoposti a controllo ogni anno;
- la percentuale di allevamenti bovini di cui è confermato che siano stati infetti da tubercolosi non ha superato lo 0,1% annuo del totale degli allevamenti negli ultimi 6 anni e almeno il 99,9% degli allevamenti è stato dichiarato ufficialmente indenne da tubercolosi ogni anno, negli ultimi 6 anni; il calcolo di quest’ultima percentuale deve essere effettuato il 31 dicembre di ogni anno;
- esiste un sistema di identificazione che consente di identificare gli allevamenti di origine e di transito per ogni bovino, ai sensi del regolamento n.1760/2000/CE e successive modifiche;
- tutti i bovini macellati sono sottoposti a un’ispezione ufficiale post-mortem;
- sono rispettate le procedure per la sospensione e il ritiro della qualifica di ufficialmente indenne da tubercolosi.
Con tale delibera la Regione del Veneto ha demandato ai Servizi veterinari delle aziende Ulss della Regione del Veneto e all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, rispettivamente, l’esecuzione dei controlli negli allevamenti e l’attività di analisi di laboratorio.
Il lavoro capillare dei dirigenti veterinari delle Ulss e il problema delle carenze negli organici
Il livello sanitario raggiunto e mantenuto dagli allevamenti si deve innanzitutto al lavoro capillare svolto dai dirigenti veterinari veneti del Ssn che quotidianamente visitano gli allevamenti, eseguono prelievi , compiono i test e i controlli previsti sugli animali e sul latte e provvedono alle visite ispettive sugli animali macellati.
Va detto che, a fronte di un sistema agroalimentare molto rilevante (il secondo in Italia), purtroppo la consistenza numerica dei veterinari pubblici del Veneto è estremamente ridotta.
Tale numero è peraltro in costante contrazione, anche a seguito di scelte politico economiche che, non consentendo il turnover o nuove assunzioni , potrebbero esporre negli anni futuri il Sistema-Veneto a un decadimento del livello qualitativo delle proprie realtà per la difficoltà di mantenere gli altissimi standard sanitari raggiunti nel passato.
L’età media dei dipendenti pubblici del settore è molto alta, molti sono prossimi alla pensione e qualcuno uscirà a breve con le nuove possibilità pensionistiche.
Nel medio e breve termine quindi, potrebbero emergere in Veneto in particolare problemi nel mantenimento del benessere nelle filiere zootecniche e nei macelli, nella lotta alla antimicrobico resistenza e nella protezione del nostro patrimonio zootecnico dalle malattie infettive e la loro eradicazione.
Se non saranno adeguatamente gestiti impediranno al “sistema paese” di offrire sufficienti garanzie ai cittadini italiani, nonché ai partner commerciali comunitari ed internazionali, mettendo a rischio sia il livello di garanzie sanitarie interne sia la proiezione sui mercati internazionali dei nostri prodotti della filiera agroalimentare che, senza adeguate credenziali sanitarie certificate da Servizi veterinari dotati delle necessarie competenze, autorevoli ed altamente efficienti, non possono essere esportati. (riproduzione riservata)
Andrea Ristori
dirigente veterinario Ulss 3 Serenissima, componente segreteria regionale Sivemp