Anziani e disabili che hanno fissato la residenza in istituti di ricovero e cura sono tenuti a pagare l’Imu come seconda casa se il comune non concede un trattamento agevolato.
Con la stretta su tutti i benefici fiscali il legislatore non salva neppure le agevolazioni previste dalla normativa Ici per le categorie più deboli e demanda ai comuni il potere di concederli, ma il costo rimane a loro carico. Mentre per anziani e disabili fino al 2011 spettava l’esenzione Ici qualora il comune li avesse assimilati, con regolamento, all’abitazione principale e la perdita di gettito era a carico del bilancio statale.
L’articolo 13 del dl Salva-Italia (20172011), invece, prevede che i comuni hanno il potere di estendere ad anziani e disabili i benefici riservati dalla legge alle abitazioni principali e relative pertinenze, con applicazione della detrazione (200 euro più 50 euro per ogni figlio che risieda anagraficamente e dimori abitualmente nell’immobile, per un importo massimo di 400 euro, al netto della detrazione di base) e dell’aliquota ridotta. Tuttavia, non è affatto scontato che le amministrazioni locali deliberino questo trattamento agevolato. Le scelte dei comuni sono condizionate dalla quota del tributo riservata allo stato. Devono valutare anche gli effetti economici che derivano dall’introduzione di eventuali agevolazioni. Nella predisposizione dei bilanci i comuni devono tener conto non solo delle minori entrate che comporta il riconoscimento ai contribuenti di maggiori detrazioni Imu e riduzioni di aliquote, ma anche della quota del gettito (50%) che la norma assicura allo stato. Le agevolazioni Imu non possono intaccare la quota riservata all’erario.
Le stesse criticità si pongono per i fabbricati inagibili o inabitabili per quali la disciplina Ici prevedeva una riduzione d’imposta del 50%. Francamente, è inaccettabile che un fabbricato che non possa essere utilizzato debba pagare il tributo per intero. Nell’esercizio della potestà regolamentare nulla impedisce al comune di introdurre, come indicato nella relazione tecnica al decreto Monti, «particolari mitigazioni del carico tributario per specifiche fattispecie», come le riduzioni d’imposta. Ma gli enti locali per far quadrare i bilanci devono trovare anche le risorse per finanziarle.
Il contribuente, dunque, non ha diritto alla riduzione Imu per questi fabbricati. I comuni possono concedere il beneficio fiscale che potrebbe essere modellato sulla disciplina Ici. Al riguardo, la giurisprudenza ha sostenuto che il trattamento agevolato spetta anche nei casi in cui l’interessato non abbia presentato la dichiarazione d’inagibilità o inabitabilità di un fabbricato, purché sia noto all’amministrazione comunale lo stato dell’immobile. Nel rispetto dei principi dello Statuto dei diritti del contribuente (articolo 10 della legge 212/2000), l’interessato non è tenuto a provare per via documentale all’ente impositore fatti e circostanze note e conosciute.
In queste situazioni l’imposta è ridotta al 50%, a condizione che il fabbricato non venga di fatto utilizzato. L’articolo 8 del dlgs 504/1992 dispone che la riduzione è limitata al periodo dell’anno durante il quale sussistono queste condizioni. È evidente che lo stato di inagibilità o inabitabilità deve essere accertata dall’ente impositore, sia se il contribuente alleghi idonea documentazione alla richiesta sia se presenti dichiarazione sostitutiva.
ItaliaOggi – 27 marzo 2012