Fabio De Ponte. Passerà alla storia come l’anno delle crisi bancarie questo 2017. Per i risparmiatori restano i contenziosi. Che sono esplosi. Sono 30.000 i procedimenti aperti davanti all’Arbitro bancario e finanziario (Abf) della Banca d’Italia, quasi un terzo in più rispetto al 2016, quando già erano saliti quasi del 60% rispetto all’anno prima. Ci sono anche Consob (la Commissione di controllo sulla Borsa) e Anac (Autorità nazionale anticorruzione) che offrono un servizio di questo genere. La Consob nel 2017 ne ha raccolti 1.826 (dato al 27 dicembre), mentre l’Anac ha ricevuto 1.695 istanze dai possessori delle obbligazioni subordinate emesse dalle banche in liquidazione (Banca delle Marche, Popolare dell’Etruria, Cariferrara, Carichieti, Veneto Banca, Popolare di Vicenza).
La parte del leone la fa Bankitalia. Nel 2016, il 75% delle controversie decise ha avuto un esito favorevole al cliente e ai ricorrenti sono stati riconosciuti oltre 13 milioni di euro, per un importo medio di 2100. Quasi un quarto dei ricorsi ha riguardato i depositi a risparmio. Ma ce ne sono stati anche duemila sulle operazioni di conto corrente e quasi altrettante hanno riguardato la cessione del quinto dello stipendio. La Campania, la Liguria, la Calabria e il Lazio sono le regioni nelle quali è stato presentato il maggior numero di ricorsi in rapporto alla popolazione residente; in valore assoluto le regioni dalle quali giunge la quantità più elevata di ricorsi sono la Campania, il Lazio, la Lombardia e la Sicilia.
Lo strumento dell’arbitrato della Banca d’Italia, nato ormai otto anni fa, cresce: i collegi l’anno scorso sono aumentati da tre a sette (Torino, Milano, Bologna, Roma, Bari, Napoli e Palermo), e ciascuno ha competenza su diverse regioni. Ogni ricorso viene valutato da un gruppo di cinque arbitri: uno è nominato dal Consiglio nazionale consumatori e utenti, uno è espressione di banche e finanziarie, tre sono individuati da Bankitalia. Gli arbitri scelti da via Nazionale sono selezionati tra docenti di diritto, avvocati ed esperti di economia e in tutto sono 113 componenti (7 presidenti, 28 effettivi e 78 supplenti).
Alla Consob a essere oggetto di contesa sono questioni di carattere maggiormente finanziario. E infatti gli importi salgono molto: quest’anno il valore medio è stato di 54.500 euro, passando dal minimo di un ricorso simbolico da 1,40 euro a un massimo di 5 milioni. Il 17% circa di questi ricorsi è stato giudicato inammissibile o irricevibile. La Regione nella quale si è registrato il maggior numero di ricorsi è il Veneto. Gli intermediari coinvolti sono stati 119. In gran parte banche (almeno 85) ma non solo. Anche Sgr, Sim, assicurazioni e imprese di investimento. Insomma i ricorsi non sono tutti concentrati sulle note vicende bancarie.
Se il ricorso a Bankitalia rappresenta la prosecuzione di un reclamo in banca, quello alla Consob è la fase due di una contesa con l’intermediario finanziario, che va documentata. Si fa tutto online. E’ necessario registrarsi sul sito www.acf.consob.it e si può fare anche tutto da soli. Ma nel 55% dei casi i ricorrenti scelgono di avvalersi di un avvocato, e nel 2% si affidano a una associazione di consumatori. E occorre inserire la data di presentazione del reclamo all’intermediario.
All’Anac il campo si restringe alle liti sulle banche in liquidazione. Il totale delle somme per le quali è stato chiesto il ristoro è pari a 79,4 milioni di euro (si va da un minimo di 516 euro a un massimo di 1 milione e 960 mila euro). Il numero maggiore di istanze è giunto da risparmiatori di Banca Etruria (840), per un importo complessivo pari a 29,9 milioni (da 955 a 553 mila euro, per una media di 277 mila euro). A seguire, gli obbligazionisti di CariFerrara (382), le cui somme richieste ammontano a 7,1 milioni (da 516 a 300 mila euro). Sono invece 350 le istanze pervenute da risparmiatori di Banca Marche, per un totale di 35,5 milioni (da 2.500 a 1,96 milioni) e 115 quelle relative a CariChieti, per una richiesta complessiva di poco inferiore a 6 milioni (da 2.500 a 960 mila euro). All’Autorità sono giunte richieste di ristoro anche da altri sei titolari di obbligazioni, più altre due ritenute inclassificabili.
La Stampa – 8 gennaio 2018