Un altro anno di campagna elettorale permanente e inconcludente in vista di elezioni fantasma non possiamo permettercelo. Se veramente si vuole il bene del Paese, come tutti dicono, si decida una volta per tutte il destino di questa legislatura. Se si vota presto bene, altrimenti si attui un’agenda responsabile di fine legislatura per mettere in sicurezza le troppe cose rimaste in stand by e che rischiano di non veder mai la luce
Non so voi, ma personalmente non ne posso più di un Paese immobilizzato da una campagna elettorale senza fine. Mesi di campagna referendaria ed ora altri mesi (o addirittura un anno) di campagna elettorale strisciante per delle elezioni politiche non ancora indette ma che occupano la testa del 99% dei politici e delle istituzioni (lascio un 1% solo perché non si può escludere che un manipolo di “folli-saggi” riesca a fare il proprio lavoro senza pensare alle elezioni).
Non si può andare avanti così. Lo pensano tutti, sia chi preme per il voto sia chi vorrebbe elezioni l’anno prossimo, ma in realtà, sia gli uni che gli altri, non riescono a pensare ad altro.
Attenzione. Ufficialmente il Paese e le sue istituzioni vanno avanti. Il Governo Gentiloni ha una sua agenda (molto generica, a dire il vero, se ci si ferma alle parole del presidente nei suoi discorsi sulla fiducia in Parlamento).
Le Camere riaprono i battenti dopo le vacanze invernali con all’ordine del giorno tutto, meno che una discussione sulla realtà del momento politico che sta vivendo il Paese.
Tutti dicono che ci vuole una legge elettorale valida sia per la Camera che per il Senato per consentire agli italiani di eleggere un nuovo Parlamento, ma se ne parla solo sui retroscena dei giornali invece che nelle aule sovrane del potere legislativo.
Si aspetta con terrore o fiducia, a secondo dei casi, l’ennesima decisione della Corte Costituzionale che potrebbe risolvere la questione “riscrivendo” l’Italicum a colpi di matita blu. Ma tutti sanno che la legge elettorale che ne deriverà non potrà mai essere uguale a quell’altro prodotto di chirurgia costituzionale partorito dalla stessa Consulta facendo a pezzi il Porcellum.
Tutti sanno che servirebbe mettersi attorno a un tavolo, tirar fuori le carte e contarsi e lavorare finché una maggioranza solida e trasversale metta nero su bianco una legge elettorale, sapendo che il consenso unanime di tutte le forze in campo non sarà comunque possibile ottenerlo.
Ma se questo non si vuole fare allora si chiuda, sul serio, la campagna elettorale fino a quando la data delle elezioni non sarà scritta nero su bianco sulla Gazzetta Ufficiale e si provi a governare il Paese.
Perché le cose da fare sono tantissime e richiedono la massima concentrazione del Governo e altrettanta solerzia del Parlamento.
Il primo, limitandoci alla sanità che ci interessa direttamente, ha il dovere di vigliare sull’attuazione di moltissime norme recenti e meno recenti, previste in particolare dalle ultime due leggi finanziarie per quanto riguarda l’assunzione e la stabilizzazione del personale. Evitando la melina insopportabile cui abbiamo assistito nel 2016 che ha partorito un nulla di fatto sulle tanto sbandierate assunzioni per far fronte al nuovo orario di lavoro europeo.
Con la nuova legge di Bilancio a quelle assunzioni se ne aggiungono altre da concretizzare e sarebbe veramente inammissibile che anche stavolta non se ne faccia nulla.
Sempre a proposito di personale, se alla fine non si andrà a votare prima dell’estate, il Governo ha l’obbligo di avviare veramente i contratti e le convenzioni (e in questo ambito mettendo una parola chiara e definitiva su quale sistema di cure primarie si voglia realmente), chiudendo anche qui i tira e molla, perché ormai non ci sono più alibi.
E poi ci sono i nuovi Lea (che tra l’altro ancora non sono legge) e che dopo anni di attesa sarebbe drammatico se non fossero attuati, monitorati e verificati in tutto il Paese.
Poi si deve chiudere la doppia partita della governance farmaceutica e del sistema di remunerazione di grossisti e farmacie, ambedue prorogati di un anno dal Milleproghe ma essenziali per disegnare le fondamenta di un nuovo assetto della farmaceutica in grado di reggere la botta di una domanda e di un’offerta terapeutica sempre più complessa e costosa.
Di stretta pertinenza parlamentare è invece il traguardo di due leggi che da troppo tempo ballonzano nelle aule di Camera e Senato: responsabilità professionale e riforma degli ordini. La volontà di approvarli è ampiamente maggioritaria e allora si rompano gli indugi e si chiuda la partita una volta per tutte. Non farlo e abbandonare il lavoro fatto in questa legislatura su questi due temi sarebbe anch’esso un delitto imperdonabile.
Come vedete nulla di straordinario. Un’agenda realistica e sostanzialmente di fine legislatura, per chiudere i conti in sospeso e lasciare la casa in ordine per chi verrà dopo ad abitarla.
Ma anche questa agenda, semplice, essenziale e responsabile, diventerà irrealistica se si penserà e si agirà come se le elezioni fossero sempre domani mattina, per poi magare andare a votare nel 2018. Un altro anno di chiacchere a vuoto il Paese e la sanità non lo potrebbero reggere.
Cesare Fassari – Quotidiano sanità – 9 gennaio 2017