Il nuovo contratto collettivo della dirigenza sanitaria è in vigore da tre mesi ma le difficoltà applicative si manifestano quotidianamente. Molte aziende sanitarie cercano di applicarlo, pur con non poche difficoltà. Altre non hanno nemmeno cominciato. Tra le difficoltà, senz’altro la principale è quella relativa all’orario di lavoro ma anche la questione della sede unica di lavoro crea problemi, soprattutto alle aziende territoriali. Molte problematiche sono state risolte; alcune hanno trovato comunque una riscrittura, anche se tutta da verificare sul campo; altre, infine, sono oggettivamente rimaste irrisolte. Nondimeno, quello che il CCNL non ha fatto – e non poteva fare – è stato trovare una soluzione alla carenza di personale, fattore organizzativo sempre più critico che ha generato negli ultimi anni situazioni di assoluta negatività, dal costante abuso delle norme contrattuali al vergognoso fenomeno dei cosiddetti “gettonisti”.
Quella della perdurante carenza organica assurge allora a chiave di lettura del recente contratto collettivo. Ma non è una chiave di lettura diretta o strettamente collegata alle singole norme, bensì un elemento pregiudiziale ed estraneo alle clausole contrattuali che deve servire come riferimento per leggere e comprendere la ratio dei singoli articoli ma non per forzarne o aggirarne la applicazione.
Una spia particolare che può concretizzare sul campo un aspetto innovativo, se non addirittura rivoluzionario, del contratto è quanto di recente è accaduto in una ASL pugliese. Nei giorni scorsi il Giudice del Tribunale di Brindisi – sezione lavoro, ha accolto il ricorso presentato da una organizzazione sindacale e con ordinanza del 17 aprile 2024 ha condannato la ASL per condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 della legge 300/10970. Il contenzioso scaturiva da uno sciopero proclamato il 18 dicembre 2023, in occasione del quale l’azienda sanitaria non ha rispettato l’obbligo di comunicare i nominativi da adibire al servizio durante il turno di sciopero, entro il quinto giorno precedente all’astensione.
Nell’opposizione al decreto l’azienda ha rimarcato che se anche gli elenchi con i nominativi fossero stati inviati tempestivamente, “la situazione dei turni non avrebbe potuto avere esito differente in ragione dell’esiguo numero di personale medico in dotazione di ciascuna unità operativa, compresa quella di Anestesia e Rianimazione, rapportato anche al numero, non certo marginale, dei partecipanti allo sciopero”. Ma riguardo a tale affermazione giustificativa il Tribunale ha ritenuto che “né la dedotta carenza di organico del personale … consentono di superare il vulnus informativo”.
A prescindere dal merito e dalle conseguenze della pronuncia, quello che in questa sede interessa è la giustificazione addotta dalla ASL: la stessa che da anni viene invocata quando vengono violate le norme su orario, guardie, reperibilità. A tale ultimo proposito, situazioni come quelle della ASP siciliana condannata al risarcimento per 906 turni di reperibilità in dieci anni eccedenti quelli contrattualmente dovuti (Corte di Cassazione, sez. lavoro, ordinanza n. 244 del 4.1.2024) credo non siano più possibili. O, meglio, di sicuro si verificheranno ancora situazioni di applicazione impropria o abuso del CCNL ma finiranno sempre più spesso davanti al giudice e il clima già abbondantemente teso non potrà certo migliorare.
La Corte di Cassazione ha sempre rammentato che nell’applicazione dei criteri interpretativi occorre avviare l’esame dall’elemento letterale, il quale assume funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, dovendo tuttavia essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, in virtù del coordinamento tra loro delle singole clausole, così come previsto dall’art. 1363, cod. civ., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone; non già una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, posto che il giudice deve collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato e sempre avendo in primo luogo riguardo allo scopo pratico che le parti abbiano inteso realizzare con la stipulazione del contratto. E’ questo il fondamentale esercizio che dovrà essere fatto perché la eliminazione di quattro o cinque “di regola” e “di norma” non può che essere letto nel senso che le parti negoziali hanno voluto rendere quegli istituti blindati e i limiti indicati perentori.
La chiusura del contratto del 23 gennaio ha costituito una svolta notevole anche sul piano ideologico. Mai in passato il contratto collettivo aveva avuto come preponderante la parte organizzativa rispetto a quella normo-economica. Di quest’ultima circostanza devono prendere atto soprattutto i dirigenti gestionali cui è affidata la messa a terra di molte norme contrattuali e poco possono fare i Direttori del personale se poi i comportamenti gestionali e organizzativi – pur con tutte le giustificazioni dovute alle carenze – non sono conformi alle innovazioni contrattuali. Aver eliminato clausole ambigue e aver fissato certezze applicative in molti istituti ha tuttavia credibilmente ridotto la discrezionalità datoriale e la flessibilità organizzativa. Queste considerazioni, in presenza di una perdurante carenza di personale, potrebbero generare, come detto, particolari difficoltà nelle gestione del CCNL. In particolare, credo che non sia più possibile forzare l’applicazione di una norma, o addirittura non applicarla, invocando problematiche riferite all’organico.
La carenza di personale, dunque, è oggi da considerare una variabile indipendente rispetto alla corretta gestione del contratto collettivo. L’applicazione delle clausole sull’orario di lavoro, sulle guardie, reperibilità e turni, sulla sede di servizio, sulle sostituzioni, sulle ferie non avranno più la copertura motivazionale della mancanza di personale: basti pensare che in tutto il testo del contratto una sola volta viene citata la “carenza di organico” ed è nell’art. 89, comma 2 relativo alle prestazioni aggiuntive, guarda caso un istituto eccezionale e derogatorio di quelli ordinari.
Stefano Simonetti – II Sole 24 Ore sanità