Il «diritto all’affettività» non si perde con l’avanzare degli anni. E comunque nessuno, tantomeno lo Stato, può sindacare le ragioni di un matrimonio in tarda età. Chi decide di sposarsi anche dopo i settanta ha tutto il diritto di farlo senza che venga sospettato di voler frodare l’erario. Nemmeno se il coniuge è di molto più giovane.
Dunque è incostituzionale quella disciplina del 2011 che mise un freno alle pensioni di reversibilità, e che nel gergo mediatico venne chiamata «norma anti-badanti». Così ha stabilito ieri la Consulta con una sentenza importante, destinata a lasciare il segno nel costume nazionale. Perché non si limita a cancellare una misura presa 5 anni fa dal governo Berlusconi, ma segnala un’evoluzione della società italiana e tutela sul piano previdenziale un conseguente diritto: quello, appunto, di vivere liberamente i propri affetti. Pure nel caso in cui si riversino su un coniuge di decenni più giovane.
La norma dichiarata contraria alla Costituzione è l’articolo 18, comma 5, del decreto legge n.98/2011. Lo volle l’allora ministro dell’Economia Tremonti per frenare un fenomeno che il Fisco ha sempre guardato con sospetto: le nozze tra anziani signori e giovani bandanti, che in assenza di altri eredi avrebbero potuto godere per decenni della pensione di reversibilità. A spese dell’Erario, ecco il capo d’accusa. La norma «anti-badanti» scatenò un folklore mediatico di pessimo gusto. Fiorì una casistica che vedeva protagonisti «vecchietti arzilli» sedotti da «finte innamorate» venute dall’Est, «latin lover irriducibili» circuiti da aspiranti vedove, matrimoni «mordi e fuggi» celebrati sul presupposto che, superata una certa boa della vita, nessun sentimento può più essere autentico ma solo frutto di convenienza, se non addirittura peggio.
La sentenza della Corte (giudice relatore una donna, Silvana Sciarra) ribalta il pregiudizio negativo che ispira la norma del 2011. Ne contesta l’irragionevolezza perché, spiega la Consulta, si «enfatizza la patologia del fenomeno, partendo dal presupposto di una genesi immancabilmente fraudolenta del matrimonio tardivo». Qualche volta magari sarà così, ma non sempre e forse nemmeno così di frequente. I tempi cambiano, l’arco della vita si allunga, siamo di fronte a un «non trascurabile cambiamento di abitudini e propensioni collegate a scelte personali, indipendenti dall’età». Si ama sempre più spesso anche da vecchi, e stabilire un vincolo matrimoniale dopo i 70 anni non dev’essere motivo di imbarazzo (come magari succedeva una volta).
Di sicuro lo Stato non deve permettersi di punire chi convola a nozze con un «lui» o una «lei» di almeno vent’anni più giovane, limandone in prospettiva la pensione di reversibilità. La Consulta definisce «inaccettabili le limitazioni basate su un dato meramente naturalistico quale l’età». Sottolinea con vigore che non è consentito «interferire con le scelte di vita dei singoli, espressione di libertà fondamentali». Di una in special modo: «La piena libertà di determinare la propria vita affettiva».
La stampa – 15 luglio 2016