Roberto Giovannini. E poi dicono che la gente non consuma perché non ha più fiducia nel futuro. Fatto sta, giura il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, il prossimo anno il commercio internazionale subirà «un crollo». «Non c’è più una sede in cui si discute di commercio internazionale. Il Wto non va, gli accordi internazionali non vanno, non ci sono più strumenti e luoghi dove si fa governance». Ci manca solo che vinca il “no” al referendum, e l’Apocalissi Globale è servito.
Scherzi a parte, quasi sicuramente Calenda – che interveniva al convegno de il Messaggero «Obbligati a crescere» – è stato così pessimista soltanto perché spera ancora nell’approvazione del trattato di libero scambio Usa-Ue Ttip. Difficile che il trattato vada in porto. Ma è probabile che la previsione sia corretta: sia quest’anno che il prossimo gli scambi mondiali subiranno una brusca frenata. Lo ha confermato anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che allo stesso convegno ha aggiunto: «Il dato più preoccupante è l’andamento pauroso del commercio internazionale che cresce meno del Pil, non si intravedono all’orizzonte scenari che possano riportare a tassi più alti».
Molti hanno messo in evidenza i rischi per l’Europa di cedere alle pressanti richieste Usa su salute ed ambiente, per far marciare il Ttip. Calenda però è convinto che senza quella firma si potrebbero contrarre gli scambi tra due aree geopolitiche che da sole rappresentato quasi 1/3 del volume totale degli scambi commerciali mondiali. «Il Ttip non si chiuderà. Probabilmente ci sarà una convergenza sugli standard che condividiamo, sulle cose su cui siamo d’accordo» ha annunciato Calenda, mentre a New York si sta svolgendo l’ultimo round di un negoziato che di certo non si chiuderà durante l’amministrazione Obama affossato da reciproche diffidenze, da una forte opposizione popolare e più in generale dalla crescente ostilità verso la globalizzazione. L’Europa ha «senz’altro sbagliato nel modo in cui ha affrontato il Ttip, ma l’America lo ha sottovalutato» perché ha guardato solo al Pacifico: ha continuato il ministro. Il fallimento dei negoziati Ttip è figlio anche della pesante crisi del Wto, L’Organizzazione Mondiale del Commercio (i francesi la chiamano Omc) strumento nato per governare la globalizzazione oggi sempre più contestato.
La preoccupazione di Calenda e Padoan ha i numeri. La frenata della Cina, la recessione in Brasile e Russia, la claudicante ripresa americana per non parlare della debolezza dell’Europa hanno costretto il Wto a rivedere pesantemente al ribasso le stime dell’economia mondiale per il 2016, scesa da un +2,8 a un +1,7%. Non accadeva da 15 anni che la crescita degli scambi commerciali internazionali fossero più deboli del Pil mondiale, previsto per il 2016 al 2,2%. Anche per il 2017, la Wto ha rivisto al ribasso le previsioni che passano dal 3,6% a un tasso tra l’1,8% e il 3,1%.
La Stampa – 6 ottobre 2016