La rinuncia degli italiani ad avere più figli ha radici lontane e ragioni prevalentemente economiche, come confermano innumerevoli analisi pubblicate negli ultimi anni. Ma queste dinamiche potrebbero addirittura peggiorare in conseguenza di questa crisi. Si conferma – ha spiegato Istat – che non è mutato il numero desiderato di figli (sempre in media pari a due), ma è in crescita la quota di coppie costrette a rinviare e poi a rinunciare alla realizzazione dei progetti familiari a causa delle difficoltà economiche e sociali o per fattori di contesto. «Da qui la pressante necessità di azioni – ha ribadito Blangiardo – che rimuovano i numerosi ostacoli che si frappongono alla realizzazione di obiettivi che contribuirebbero a sostenere un necessario investimento in capitale umano». Il colpo più duro sul mercato del lavoro lo hanno subito le donne: nel secondo trimestre si contano 470mila occupate in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, e ora il tasso di occupazione femminile 15-64 anni si attesta al 48,4%, contro il 66,6% di quello maschile; è al penultimo posto della graduatoria europea, appena sopra la Grecia. Nel corso dell’audizione Blangiardo ha parlato delle misure previste per rafforzare l’offerta di asili nido e dell’assegno unico. L’assegno – ha detto – può contribuire a frenare la caduta delle nascite ma «non è la soluzione che risolve il problema se abbandonato a se stesso. Insieme ad altri interventi può dare una mano»
Il Sole 24 Ore. La pandemia lascerà un segno nella demografia nazionale che andrà ben oltre le 50mila vittime ufficiali finora contate. Secondo le valutazioni a breve dell’Istat la crisi potrebbe incidere anche sulla frequenza annua delle nascite. «È legittimo ipotizzare – ha detto ieri il presidente Gian Carlo Blangiardo nel corso dell’audizione parlamentare sulla legge di Bilancio – che il clima di paura e incertezza e le crescenti difficoltà di natura materiale (legate a occupazione e reddito) orienteranno negativamente le scelte di fecondità delle coppie italiane. I 420mila nati registrati in Italia nel 2019, che già rappresentano un minimo mai raggiunto in oltre 150 anni di Unità nazionale, potrebbero scendere ancora». Secondo uno scenario Istat aggiornato sulla base delle tendenze più recenti, «si arriverebbe a circa 408mila nel bilancio finale del corrente anno – recependo a dicembre un verosimile calo dei concepimenti nel mese di marzo – per poi scendere ulteriormente a 393mila nel 2021». A dicembre – secondo le stime – ci sarà una «forte differenza» rispetto ai 35mila nati degli anni scorsi.