Frena la Germania, rallenta l’Eurozona, s’inceppa il Pil mondiale e la Penisola è sempre più un fattore di rischio insieme alla Brexit e all’esito delle prossime elezioni europee. « La crescita dell’Italia è debole e siamo preoccupati per il debito», ha detto la capo economista dell’Fmi, Gita Gopinath. Non conforta che il World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, diffuso ieri, sia comunque una sequenza di segni ” meno” per tutti.
In sei mesi, rispetto alle previsioni dell’ottobre scorso, il clima è notevolmente peggiorato e l’economia mondiale è al livello più basso dal 2009, dopo la crisi dei mutui subprime: il Pil del pianeta crescerà solo del 3,3 per cento perdendo quattro decimali rispetto all’autunno dello scorso anno, l’Eurozona va all’ 1,3 per cento con un taglio delle previsioni di oltre mezzo punto, la Germania ( per via della crisi dell’auto) perde 1,1 punti percentuali rispetto a sei mesi fa e cresce allo 0,8 per cento.
Revisione al ribasso anche per gli Usa ( perdono lo 0,2 e si posizionano comunque al 2,3 per cento). Solo la Cina guadagna uno 0,1 ma resta esposta ai rischi della guerra commerciale con gli Usa. Come pure la Brexit si allunga come un’ombra sull’economia globale: la Gran Bretagna cresce dell’1,2 e lascia sul terreno due decimali. Ma, avverte l’Fmi, un eventuale ” no deal” farebbe precipitare il Pil inglese di 3,5 punti di qui al 2021.
L’Italia, naturalmente, si ritaglia il ruolo dell’alunno peggiore d’Europa. La crescita viene ridotta allo 0,1 per cento ( e resta allo 0,9 nel 2020): la corsa all’indietro è più veloce degli altri, quasi un punto perso in sei mesi, e mezzo punto dal gennaio scorso. Il debito, che l’Fmi stimaquest’anno a quota 133,4 (un paio di punti più del governo), preoccupa perché, come ha spiegato Gita Gopinath, i conseguenti alti tassi sui titoli di Stato « pesano sugli investimenti » frenandoli.
Allarma e preoccupa che l’Italia venga citata fin dalle prime righe del rapporto dell’Fmi come esempio di uno degli elementi di vulnerabilità del sistema finanziario internazionale per la rischiosa circostanza che le banche hanno in ” pancia” una enorme quantità del debito sovrano italiano e sono dunque esposte alle sue fluttuazioni. Così il nostro paese resta uno dei fattori di rischio o, come dice l’Fmi, può contribuire ad un « rapido cambiamento delle politiche finanziarie» se associato ad eventi come un no deal nella Brexit o una repentina fuga dai mercati degli investitori.
Non meno danni potremo fare all’economia reale dell’Eurozona. Potremo infatti provocare ulteriori «conseguenze negative » se si combineranno e acuiranno, «incertezza di bilancio», « alti tassi » , « elevati spread » e una recessione più profonda. In questo caso siamo candidati ad essere la vera “mina” dell’Europa.
Il bilancio italiano è dunque sotto stretto controllo. Gita Gopinath per ora evita di affondare la lama sulla costosa flat tax proposta dal governo gialloverde ma solo perché ancora «mancano i dettagli». I conti pubblici dell’Italia destano preoccupazione e le stime dell’Fmi sul deficit- Pil costituiscono una ulteriore conferma: il livello quest’anno è del 2,7 per cento e nel 2020, dove non si crede alla sterilizzazione dell’Iva, schizzerebbe al 3,4 per cento.
Tra le cause del rallentamento dell’Eurozona il nostro paese si guadagna il terzo posto in classifica. Il primo fattore negativo cui è attribuita la debolezza del Pil del Vecchio Continente è la debolezza dei consumi e la scarsa fiducia degli imprenditori; il secondo è la crisi dell’auto in Germania; il terzo è « l’incertezza della politica di bilancio, gli elevati spread sovrani e la debolezza degli investimenti in Italia». Il quarto? Il gilet gialli francesi.
La Repubblica