Il fondo per la mobilità, una volta esaurita la fase di transizione, sarà destinato ai lavoratori anziani. Quando la riforma degli ammortizzatori entrerà a regime, nel 2017, il fondo – che ha una dotazione di circa 700 milioni – servirà come strumento di sostegno al reddito dei lavoratori over 58/60 anni in caso di licenziamento, o verrà utilizzato per integrare la durata dell’assicurazione sociale per l’impiego.
Con lo 0,3% versato dalle imprese si punta a colmare una penalizzazione, visto che l’Aspi per questa fascia di età ha una durata di 18 mesi, rispetto ai 36 mesi della mobilità (che diventano 48 mesi al Sud).
È questa una delle novità contenute nel testo su cui i tecnici del ministro Fornero stanno lavorando da ieri, un documento arricchito delle osservazioni delle parti sociali, che serviranno come integrazioni da aggiungere alla versione definitiva da portare questo pomeriggio al tavolo negoziale. Ieri è stato anche chiarito dal ministero del Lavoro, dopo le voci che si erano diffuse e che avevano alimentato diverse reazioni sindacali, che le nuove norme sui licenziamenti non riguarderanno i dipendenti pubblici.
Tornando al testo, esso conferma “nero su bianco” quanto anticipato verbalmente dallo stesso ministro alle parti sociali, ovvero che la trasformazione dell’attuale indennità di disoccupazione in assicurazione sociale per l’impiego, con il graduale superamento della mobilità avverrà attraverso una transizione che si completerà nel 2017. Tra le richieste che sono oggetto di verifica, c’è la proposta delle imprese di evitare appesantimenti burocratici, ad esempio per il contratto intermittente; l’obbligo della comunicazione amministrativa in occasione di ogni chiamata del lavoratore prevista dal ministro non viene ritenuta sufficiente a contrastare le modalità elusive, mentre il sindacato propone di farlo confluire nel lavoro in somministrazione.
Per gli ammortizzatori sociali, secondo la proposta Fornero verranno mantenute la cassa integrazione ordinaria, i contratti di solidarietà nell’attuale assetto e la Cig straordinaria per ristrutturazione e crisi aziendale (viene eliminata la cessazione di attività in caso di procedura concorsuale). Per i settori non coperti dalla Cig ordinaria (artigiani e commercianti sono tutelati dalla cassa in deroga, destinata a scomparire), il documento conferma l’obbligo di costituzione dei fondi di solidarietà per le imprese sopra i 15 dipendenti, attraverso accordi tra le parti sociali, utilizzando la bilateralità. Ma si sta verificando la possibilità di accogliere la richiesta dei sindacati che sollecitano l’estensione dei fondi alle aziende sotto i 15 dipendenti, che altrimenti si troverebbero prive di tutele in costanza di rapporto di lavoro. Invece di un contributo uguale per tutti, si ragiona sulla graduazione secondo le specifiche esigenze di ciascun settore. Oggi si capirà anche se è stata accolta la proposta dei sindacati di estendere la platea dei lavoratori coperti dall’Aspi ai cocopro, così come previsto per apprendisti e artisti dipendenti.
L’assicurazione sociale per l’impiego sostituirà anche l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, destinata ai lavoratori temporanei, con un cambiamento dei criteri di accesso: saranno necessarie almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi (mobili), contro gli attuali 78 giorni di lavoro con minimo 2 anni di anzianità assicurativa. Con la novità che l’assicurazione sarà pagata durante la disoccupazione, e non l’anno successivo come accade attualmente.
Sui contratti a tempo parziale i sindacati considerano necessario che, alla luce della riforma previdenziale, venga rafforzata la possibilità di utilizzare il part-time in uscita negli ultimi 5 anni di attività lavorativa, prevedendo il riconoscimento della contribuzione figurativa per le ore settimanali non lavorate. Proposta anche l’incentivazione di part-time lunghi con interventi di tipo contributivo o fiscale.
Si diceva dell’eventuale impatto della riforma dell’articolo 18 sul pubblico impiego, per il momento escluso sia dal Lavoro sia dalla Funzione pubblica. Lo Statuto dei lavoratori (legge 300/70) è stato recepito dal testo unico sul pubblico impiego oltre dieci anni fa (legge 165/2001) ma le sue applicazioni passano per una disciplina normativa diversa da quella del settore privato. In questo contesto anche le discipline per i licenziamenti sono diverse, e infatti in serata Palazzo Vidoni ha chiarito che «solo all’esito della definizione del testo di riforma del mercato del lavoro si potranno prendere in considerazione gli effetti che essa potrebbe avere sul settore pubblico». E se effetti ci saranno «si valuterà se ricorra l’esigenza di norme che tengano conto delle peculiarità del lavoro pubblico».
ilsole24ore.com – 22 marzo 2012