Si sono incartati. Volevano ribaltare l’Aifa, l’Agenzia del farmaco, affidando tutti i poteri al presidente dopo l’abolizione del direttore generale. E si ritrovano senza presidente da oltre un mese, da quando si è dimesso il microbiologo Giorgio Palù, almeno all’inizio considerato in quota Lega, offeso per la prospettiva di un solo altro anno di mandato e per il rifiuto di promuovere alcuni suoi uomini da parte del ministro della Salute, Orazio Schillaci.
Da settimane promettono che faranno presto.
È una partita complicata perché ci vuole l’accordo delle Regioni.
Ma anche perché si guadagna poco.
Al presidente Aifa al momento spettano 120 mila euro lordi annui, mentre il direttore amministrativo e quello scientifico prendono il doppio, come il direttore generale che non c’è più; per non parlare di manager e consulenti delle aziende farmaceutiche.
Qualcuno ha già rifiutato: troppo poco a fronte di rischi legali considerevoli, tanto più che l’esclusività imposta dal Consiglio di Stato si estende anche alle docenze universitarie ed è accompagnata dal successivo divieto di incarichi privati per tre anni.
Per motivi vari hanno detto di no Marco Cavaleri, stimatissimo dirigente dell’Ema, l’agenzia europea, come la farmacologa Paola Minghetti della Statale di Milano.
L’emolumento basso è il risultato di qualche sbavatura nell ‘applicazione dei parametri del dpcm di Mario Draghi (n. 143 dell’agosto 2022) sugli emolumenti degli organi degli enti pubblici, richiamato nel regolamento Aifa firmato a gennaio da Schillaci e dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per ridisegnare l’agenzia che sovrintende a giganteschi interessi economici.
Nel 2022 la spesa farmaceutica ha superato i 34 miliardi, quella pubblica è arrivata a 23,5 e cresce, sospinta dal bisogno di cure e da insaziabili appetiti privati.
Aifa, che deve gestire tutto questo, è stata ridimensionata: via il direttore generale e una sola commissione tecnica al posto di due.
Anche i membri del Cda rischiano di lavorare quasi gratis: 12 mila euro l’anno. Si studiano modifiche o una deroga per portare il presidente a 190 mila.
Circolano vari nomi: da Robert Giuseppe Nisticò – che insegna a Tor Vergata dove era rettore Schillaci, spinto da Forza Italia che è anche il partito del padre Giuseppe, già presidente della Calabria – alla dirigente Aifa Anna Rosa Marra e al professor Americo Cicchetti, ex Gemelli, oggi direttore della Programmazione alla Salute, che libererebbe un posto “esterno” (comma 6) al ministero per Mara Campitiello, compagna del viceministro
degli Esteri Edmondo Cirielli. Ma l’elenco è lungo e intanto l’Aifa resta in mano al consigliere anziano, Francesco Fera.
Il Fatto quotidiano