Lactalis è giunta al bivio su Parmalat: prendere o lasciare. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, il colosso alimentare francese ha infatti avviato una serie di riunioni-chiave a Parigi per decidere la mossa finale nella sempre più intricata battaglia sul controllo di Collecchio.
Ufficialmente Lactalis, arrivato a detenere il 29% del più grande gruppo lattiero italiano scatenando la reazione del mondo politico, dice solo di volersi tenere aperta «tutte le opzioni», ma in realtà i vertici della società francese hanno capito che le opzioni disponibili si stanno riducendo a zero: con il Governo italiano che ha inserito la Parmalat nella lista delle aziende strategiche non cedibili a gruppi stranieri, l’assemblea rinviata di due mesi, il presidente della Consob che delinea nuovi poteri per imporre un’Opa anche sotto la soglia del 30%, l’Agenzia delle entrate che indaga e con la prospettiva di dover affrontare persino una cordata italiana concorrente creata ad hoc, le possibilità di portare a termine con successo la scalata al gruppo italiano stanno gradualmente evaporando.
Non solo. Lactalis, che contava su un aiuto dell’Eliseo per fermare il contrattacco del governo italiano, è stata chiaramente abbandonata dalla politica francese: Sarkozy (si veda l’articolo in pagina) non vuole rischiare con il caso Parmalat una nuova crisi diplomatica con l’Italia. Che fare, dunque? Sfidare da sola il Governo italiano lanciando una clamorosa Opa “anti-italiana” che tra l’altro sarebbe anche estremamente costosa? Oppure impelagarsi per mesi – e forse per anni – in dispendiose battaglie legali contro gli amministratori della Parmalat solo per aver rinviato un’assemblea? Oppure avviare una trattativa con il Governo, con l’eventuale cordata tricolore, per uscire con onore dalla partita, vendendo il pacchetto, senza perdere la faccia (e il conto economico)? Le bocche sono cucite anche perché quel 29% in mano impone responsabilità per evitare contraccolpi sulle azioni, già pagate a caro prezzo, ma di questo si sta discutendo in casa Lactalis, per arrivare, forse già in settimana, a una soluzione.
Il peso del Governo italiano, declinato in varie forme nell’ultima settimana, ha dunque aperto crepe nel finora granitico muro di Lactalis. L’inserimento di Parmalat nella lista delle aziende strategiche per il Paese è stato un messaggio chiaro di Palazzo Chigi: Lactalis non pensi di poter conquistare la società. La richiesta di Consob, come anticipato dal presidente Giuseppe Vegas nell’intervista al Sole 24 Ore, di maggiori poteri discrezionali è un altro macigno per il pretendente d’Oltralpe.
Lactalis potrebbe forzare la mano, con un’Opa sulla Parmalat. L’esito più logico al blitz del mese scorso, ma significherebbe andare a uno scontro frontale con il Governo italiano. A Piazza Affari hanno letto il coinvolgimento di Deutsche Bank nel pool di banche che assiste Lactalis (tra le quali c’è anche storicamente Mediobanca che però in questa circostanza non avrebbe preso posizione) come una conferma indiretta di questa ipotesi: la banca tedesca, in Italia guidata da Flavio Valeri, è specializzata in mega-acquisizioni e Opa. Ma nessun’azienda, per quanto grande, può pensare di mettersi contro un intero Paese. I francesi potrebbero vagliare di ricorrere alle vie legali contro il management (ieri l’ad Enrico Bondi ha visto Tremonti), ed è la seconda possibilità, ma pare troppo laboriosa. Oppure, ed è l’extrema ratio, un ripensamento dell’intera operazione. I francesi hanno finora messo sul piatto una cifra enorme, 1,5 miliardi di euro, arrivando a pagare 2,8 euro ad azione il pacchetto Parmalat in mano ai fondi (mentre oggi i titoli quotano 2,3 euro). Ma quanto può permettersi di stare sulla graticola un’azienda che ha immobilizzato una grossa fetta di capitale col rischio di stallo? I precedenti, tra l’altro, non giocano a favore: torna alla mente il caso Abertis. Quando gli spagnoli tentarono di prendersi Autostrade senza il consenso del Governo (all’epoca a Palazzo Chigi c’era Romano Prodi), si trovarono un fuoco di sbarramento tale che furono costretti a fare marcia indietro. Memori forse anche di quel flop, i francesi sarebbero anche pronti a trattare, magari ipotizzando una vendita di tutto il 29% al fondo Anti-scalate della Cdp.
Ilsole24ore.com – 5 aprile 2011