La rilevanza data alle nuove varianti, soprattutto in termini di maggiore infettività a causa di mutazioni sulla proteina Spike, mutazioni che conferiscono una maggiore affinità di Sars-CoV-2 per il recettore ACE2 umano, e che probabilmente anche consentono una più agevole attivazione del meccanismo di introduzione nella cellula ad opera delle proteasi di membrana cellulare (Furina, TRMPSS), pongono il problema della opportunità di mantenere e gestire sotto le più strette misure di biosicurezza sul territorio i “potenziali serbatoi zoonosici” a consolidato rischio di trasmissione uomo-animale-uomo, quale gli allevamenti di visoni.
A tale proposito appare opportuno evidenziare come in Italia l’ordinanza ministeriale, abbia sospeso le attività di allevamento dei visoni, fatto salvo il mantenimento dei riproduttori, ordinanza che viene a scadere con il primo marzo alla vigilia della stagione riproduttiva. Un quasi “tutto-vuoto” che adesso potrà essere di nuovo riempito. Ricordiamo che al momento negli allevamenti è prevista la sorveglianza passiva, basata sul rilievo della sintomatologia e sul riscontro di indicatori di benessere che possano fare sospettare la presenza della infezione.
In tale contesto, appare opportuno valutare in modo retrospettivo quanto si sta verificando sul territorio italiano:
Il caso di Cremona
A distanza ormai di circa 6 mesi dall’outbreak, e dalla segnalazione all’OIE a fine ottobre, non conosciamo ancora la sequenza dell’isolato virale, per la debole positività al test molecolare della RT-PCR. Probabilmente, l’IZS di Brescia si dovrà rivolgere all’ISS per avere il supporto tecnico-scientifico del caso. Nel frattempo, la bassa positività al test molecolare indica chiaramente che l’episodio infettivo in allevamento era in fase di curva discendente, come risulterebbe essere confermato dai test sierologici, cui la maggior parte degli animali campionati sono risultati positivi. Ricordiamo che la positività nell’allevamento cremonese è risultata da una indagine epidemiologica secondaria ad un caso Covid 19 confermato in un addetto della struttura.
Il caso di Padova
Da notizie preliminari, anche l’unico allevamento rimasto attivo in Veneto, a Padova ha avuto deboli positività alla RT-PCR in meno di cinque visoni. La sieroprevalenza su un primo gruppo di 60 visoni, al contrario ha percentuali di oltre il 90%, a sottolineare ancora che si è intercettata la coda dell’infezione, a fronte di casi umani confermati. Anche qui, nonostante la implementazione, la sorveglianza passiva non è stata tempestiva e preventiva. Si è in attesa di ulteriori dettagli dall’IZS delle Venezie che in prima linea segue il focolaio, anche per evitare allarmi e che, come accaduto in altre zone, la stampa parli di “focolai nascosti”.
Da qui la necessità di discutere se la sorveglianza passiva debba essere sostituita da una sorveglianza attiva, visto anche l’esiguo numero di allevamenti sul territorio, e la possibilità di ricorrere a screening di allevamento con pochi campioni, anche ambientali. Oppure, in maniera più drastica, prolungare il divieto di riproduzione nell’allevamento dei visoni, in modo da garantire un periodo di “quasi” tutto vuoto di un anno. I due episodi di Cremona e Padova di sicuro sottolineano che l’attuale sorveglianza non è tempestiva.
Lo scenario
Gli ultimi focolai segnalati in visoni è in Spagna – Castilla y Leon con 1010 animali (800 femmine e 210 maschi) di cui è stato disposto l’abbattimento. Alcuni lavoratori nei 2 allevamenti sono risultati malati di Covid19 le autorità sanitarie hanno posto sotto osservazione gli animali, ed i test virologici effettuati hanno dato esito di positività.
Recentemente la Svezia, come misura anti-Covid, ha deciso di sospendere a tutto il 2021 la riproduzione dei visoni; decisione maturata dopo che i test sierologici fatti tra dicembre e gennaio hanno rilevato che il coronavirus SARS-CoV-2 è già entrato in tutti gli allevamenti. In Polonia ci sono stati nuovi focolai (nonostante gli allevamenti semivuoti). In Germania si sospetta che la variante Cluster 5 (che si pensava estinta), derivata dai visoni, sia ancora in circolazione
Attualmente in Italia ci sono 6 allevamenti che detengono almeno 7.000 visoni riproduttori. La Lav in data odierna ha chiesto al Ministero della Salute di vietare l’allevamento
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(riproduzione ammessa solo citando la fonte – testo raccolto a cura della redazione)
2 febbraio 2021