Se poi ci dicono che siamo nervosetti e intrattabili, non prendiamocela: vorremmo vedere loro, a trascorrere giorni e giorni in mezzo al traffico delle nostre città. «Dal lunedì al venerdì, gli italiani dedicano in media 10 ore e 40 minuti a testa agli spostamenti », cioè «un’ora in più a settimana rispetto alla media europea, considerando tutti i mezzi di trasporto». Lo rivela uno studio congiunto prodotto da Boston consulting group per la prima edizione dell’Osservatorio europeo della Mobilità: sono 556 ore all’anno, 23 giorni interi tra asfalto e rotaie, tra pensiline affollate e fermate deserte.
Messe in fila così fanno spavento: tutte quelle ore in viaggio per studiare o per lavorare, per far la spesa o per rincorrere, tra pratiche e uffici, la follia della nostra inarrivabile burocrazia. Solo i greci riescono a far peggio, in Europa: «Tredici ore e due minuti a settimana», a quanto pare l’economia claudicante e la propensione a far girovagare i cittadini qua e là vanno a braccetto.
Lo studio è stato realizzato su diecimila europei divisi equamente tra «dieci Paesi simbolo della Ue»: ci sono Francia e Germania, Spagna e Portogallo, Irlanda e Belgio. Beh, noi trascorriamo molto più tempo dei nostri concittadini europei su un’automobile, a prescindere dalla meta: per andare a lavorare o a studiare (69 per cento contro la media Ue del 61%), per fare la spesa settimanale (86% contro il 76%) ma anche per star dietro ai figli tra i mille impegni che creiamo loro: 64% contro il 56% europeo.
E siccome riusciamo a essere i primi (sempre insieme ai greci) anche nell’uso delle due ruote, con cui va a scuola o al lavoro il 6% degli intervistati, il risultato è che con i mezzi pubblici continuiamo a essere diffidenti, diciamo così. E il motivo, secondo gli italiani intervistati dai ricercatori dello studio, è che sono proprio loro, i mezzi pubblici, a non farsi prendere facilmente. Il 43% degli italiani, contro una media europea del 35%, dice che «è difficile trovarli vicino a casa». Per il 46% la frequenza è troppo bassa per non rendere estenuante il tentativo di utilizzarli, ma il 39% non li prende perché il luogo da raggiungere è mal servito, e il 31% punta il dito contro l’eccessiva durata del tragitto.
Però siamo ottimisti, questo sì. Spesso infuriati per il livello delle infrastrutture su cui dobbiamo trascorrere quei 23 giorni interi all’anno, saltellando sulle buche stradali o maledicendo autobus stracolmi e gabinetti chiusi sui treni dei pendolari; ma ottimisti su un futuro di tecnologie che renderà più semplice spostarci.
Solo il 53% degli italiani si ritiene soddisfatto delle infrastrutture su cui si muove, ben al di sotto di una media europea del 67%; e se siamo meno tolleranti di quattro punti percentuali rispetto agli altri europei per il traffico delle ore di punta, ci facciamo ingrossare il fegato di rabbia se pensiamo alla rete ferroviaria, che soddisfa il 41% dei viaggiatori contro il 51% al di là delle Alpi. Lo stesso, anzi peggio, per i bus: 35% di soddisfatti contro la media europea del 45%. Invece, sogniamo amministratori saggi che promuovano soluzioni semplici per migliorarci subito la vita, come il «titolo unico di viaggio » chiesto dal 71% degli intervistati, o le piazzole di sosta davanti ai caselli autostradali (62%); come una migliore informazione o la possibilità di pagare il biglietto con lo smartphone.
E se il presente ci piace poco ci tuffiamo con più fiducia nel futuro: il 76% è convinto che tra 15 anni viaggerà su veicoli elettrici perché non esisteranno più problemi di autonomia delle batterie, e il 75% immagina che lascerà l’auto all’uscita dell’autostrada perché viaggerà su mezzi pubblici efficienti. E avremo meno incidenti grazie alle tecnologie digitali, e ce ne andremo a zonzo con le auto senza guidatore…
Repubblica – 4 maggio 2017