Continuano le prove allarmanti della pericolosità potenziale della variante sudafricana, la 501Y.V2, che contiene la famigerata mutazione chiamata E484K (comune alla variante brasiliana). Sembra abbia il potere di aggirare la risposta anticorpale del sistema immunitario in modo da provocare reinfezioni o comunque abbassare la forza delle nostre difese.
Attività neutralizzante persa nella metà dei casi
La variante, responsabile della seconda ondata nel Paese africano e presente lì da metà novembre, non è diffusa nel mondo come quella inglese, ma desta attenzione. Almeno tre studi in ordine di tempo mostrano il potere della 501Y.V2 di aggirare la risposta anticorpale del sistema immunitario. Ancora in fase di pre-stampa e quindi non revisionata è la ricerca del National Institute for Communicable Diseases sudafricano su 44 persone che erano state precedentemente infettate durante la prima ondata. Gli scienziati hanno scoperto che la variante non è stata riconosciuta dagli anticorpi presenti nel plasma sanguigno di 21 casi, quasi la metà. Gli anticorpi più «forti» sono risultati quelli di chi aveva avuto l’infezione più grave. I Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC Africa) scrivono: «I campioni di sangue di metà delle persone che abbiamo testato hanno mostrato che tutta l’attività neutralizzante è stata persa. Ciò suggerisce che potrebbero non essere più protette dalla reinfezione. Nell’altra metà, i livelli di anticorpi sono stati ridotti e quindi il rischio di reinfezione non è noto». È recente la segnalazione da parte del National Health Laboratory Service del Sud Africa al 6 gennaio di più di 4.300 casi sospetti di reinfezione. Tutti i casi hanno avuto almeno 90 giorni o più trascorsi tra i due test di positività.
Esami in laboratorio
Un altro studio non ancora pubblicato della Rockefeller University su 20 volontari che hanno ricevuto i vaccini Moderna (mRNA-1273) o Pfizer-BioNTech (BNT162b2) ha scoperto che «l’attività contro le varianti SARS-CoV-2 codificanti E484K o N501Y o la combinazione K417N: E484K: N501Y era ridotta». Nonostante le preoccupazioni relative alla resistenza mostrata da 501Y.V2 verso gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario, gli scienziati sono fiduciosi che altre parti del sistema immunitario saranno in grado di reagire e limitare o prevenire la presenza della malattia in quelle persone che sono riesposte al coronavirus. Gli studi ad esempio non hanno testato il ruolo delle cellule T, che cercano e uccidono le cellule infettate da virus. Gli anticorpi, al contrario, possono solo aiutare a neutralizzare i patogeni al di fuori delle cellule del corpo.
Mutazioni vincenti
La cosa che preoccupa in realtà non è la singola variante, ma il fatto che, in modo indipendente, in ciascuna delle tre varianti il virus da solo abbia selezionato le medesime mutazioni, segno che sono effettivamente vantaggiose per il patogeno, o perché diventa più trasmissibile o perché elude le barriere degli anticorpi. La mutazione E484K, in particolare, è anche in grado di indurre una riduzione di 10 volte della neutralizzazione da parte di vari anticorpi rispetto al virus «comune» e si è sviluppata in modo efficiente anche in Brasile, dove il lignaggio denominato P.1 contiene una costellazione unica di mutazioni, comprese diverse mutazioni di importanza biologica note come E484K, K417T e N501Y. La N501Y è comune alla variante “inglese”, invece P.1 e la variante “sudafricana” condividono tre posizioni di mutazione nella proteina spike, tra cui E484K. E in Brasile nella capitale dello stato di Amazonas, Manaus, il virus corre veloce e contagia moltissime persone, nonostante la città sia stata duramente colpita nel corso della prima ondata, in maniera talmente diffusa da far immaginare avesse già quasi sviluppato l’immunità di gregge (QUI l’approfondimento su cosa sta succedendo a Manaus).
Corriere.it