La Stampa. Le vaccinazioni in tempo (quasi) reale. Dall’altro ieri il ministero della Salute ha lanciato sul proprio sito la piattaforma dove aggiornare quotidianamente i dati provenienti dalle Regioni. Così sappiamo che in Italia (fino a ieri sera), è stato usato solo il 7% delle dosi disponibili. Su un totale di 470mila, hanno ricevuto la prima iniezione del vaccino Pfizer 35.850 persone, lo 0,05% della popolazione, di cui oltre 30 mila sanitari. Il Friuli Venezia-Giulia, il Lazio, il Piemonte, l’Umbria e la provincia di Bolzano sono le aree del Paese con le più alte percentuali di iniezioni effettuate. Sardegna, Abruzzo e Molise sono, invece, in coda alla classifica. La fascia d’età che ha ricevuto più vaccini è quella dei 50-59 anni, più di 10mila persone.
In Europa, la Germania, che è partita con noi lo scorso 27 dicembre, ha vaccinato quasi 166mila persone, la Polonia 47.600, la Gran Bretagna è arrivata al milione di cittadini immunizzati, ma ha una ventina di giorni di vantaggio, non avendo dovuto aspettare il via libera dell’Agenzia europea per i medicinali. C’è anche chi è dietro di noi, come la Spagna o la Francia: l’ultimo dato aggiornato arrivato da Parigi segnava 138 vaccinati al 30 dicembre, in pratica solo i primi simbolici del V-Day. Per spagnoli e francesi, come per noi, ha influito il ritardo della consegna da parte di Pfizer, slittata di un paio di giorni (dal 28 al 30 dicembre) a causa del maltempo e delle nevicate.
Siamo all’inizio e la campagna vaccinale si svilupperà per tutto il 2021. Ma il confronto, sia nazionale che internazionale, mostra che alla lunga il problema non sarà quante dosi avremo a disposizione, ma quanto saremo veloci a iniettarle. Secondo la tabella di marcia del Piano strategico di vaccinazione, condiviso dal ministero della Salute con il commissario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, l’obiettivo è ottenere una copertura del 50% della popolazione entro la fine del terzo trimestre 2021, quindi entro il 30 settembre. In realtà nelle scorse settimane lo stesso Arcuri aveva detto che «a cavallo tra il secondo e il terzo trimestre saremo potenzialmente in condizione di vaccinare la totalità della popolazione». Ma anche prendendo come riferimento il più plausibile 50%, circa 30 milioni di persone, l’impresa non è scontata. Significa vaccinare più o meno 110mila persone al giorno, partendo ieri, compresi domeniche e festivi. E da febbraio il doppio calcolando che al vaccino serve il richiamo.
Sarà decisivo il numero dei vaccinatori. In questa prima fase, le Regioni si stanno organizzando con risorse interne: medici e infermieri si vaccinano tra loro. Alcune centinaia nei territori più vasti, poche decine in quelli più piccoli. È chiaro come questi numeri possano reggere a mala pena per il mese di gennaio. Poi servirà un deciso rafforzamento per consentire la campagna di massa. Da programma, al netto di ritardi e intoppi, aspettiamo 26 milioni di dosi nel primo trimestre: significa 13 milioni di persone da vaccinare entro fine marzo o inizio aprile. Le Regioni contano molto sul bando nazionale attivato da Arcuri, che si è chiuso il 28 dicembre. Entro una decina di giorni dovrebbero essere scelte fino a cinque agenzie di somministrazione di lavoro, alle quali saranno poi affidati la selezione e l’assunzione di 3 mila medici e 12 mila infermieri. Prima di prendere in mano fiale e siringhe dovranno seguire una formazione. E avranno un contratto di 9 mesi, quindi fino a ottobre. Basteranno? Il successo della campagna dipende, in buona parte, dalla risposta a questa domanda