di Paolo Del Bufalo. Il primo taglio che riguarda il Ssn è quello degli stipendi dei manager, annunciato dallo stesso Renzi: «Un manager dell’Asl se non va in autoblu e invece di 300mila euro si ferma a 200mila, campa bene lo stesso». E se un tetto ci sarà al di sopra del quale ridurre le retribuzioni (si parla anche di dieci volte lo stipendio minimo di un dipendente, ma nel Ssn non si va oltre le 5), l’allarme è scattato anche per i medici che si sentono comunque coinvolti, come già accaduto in passato. Ma i direttori generali alzano gli scudi per difendere le loro buste paga e di fronte a una media di retribuzione che, senza indennità premiali, rimane al di sotto dei 140mila euro l’anno (il tetto fissato dalla legge per loro c’è già ed è a circa 154mila euro l’anno, sempre premi esclusi si intende), affermano che un simile atteggiamento avrà come conseguenza che alla guida delle aziende sanitarie resteranno solo gli “yes man” della politica e i pensionati.
E ricordano che comunque una Asl media ha un fatturato di 800 milioni, mentre nel privato manager di aziende che ne fatturano 100 hanno stipendi ben superiori ai 200mila euro. Anche i medici protestano: «Non si può sempre attingere da noi, se taglio deve essere, lo sia uguale per tutti». E ricordano che il solo blocco dei contratti li ha già penalizzati per almeno 30mila euro l’anno.
«Quando si parla di sanità, si parla di noi e si costruisce un pezzo d’Italia», ha esordito Matteo Renzi intervenendo agli Stati generali della salute la scorsa settimana. Chiarendo subito: «È evidente che la revisione della spesa va fatta, è una priorità. E in questa revisione il criterio chiave è che chi ha preso troppo deve restituire quello che ha avuto alle famiglie più povere che non ce la fanno più». Ma la sanità secondo Renzi merita un’attenzione a parte perché parlarne «non significa affrontare un semplice centro di costo. Non dobbiamo parlare di tagli ma di strategia», ha detto.
I tagli possibili. Di tagli però già si parla nelle stanze dell’Economia, in attesa del decreto sulle misure per le coperture dei fabbisogni delle azioni indicate nel Def appena presentato (v. pagina 6-7) atteso per il 18 aprile. Nel mirino ci sono gli ormai noti beni e servizi previsti nella spending del commissario Carlo Cottarelli, ma con tutta probabilità anche la farmaceutica territoriale. «Non saranno tagli lineari», ha affermato Renzi, anche se nelle carte sui tavoli di via XX settembre c’è un taglio da 800 milioni-un miliardo nel 2014 (per il quale ornai resta solo una parte d’anno) e poi di 1,7 miliardi nel 2015 e di 2,1-2,5 nel 2016. Che sia per quest’anno applicato direttamente sul fondo sanitario o articolato in vari risparmi di spesa (che non rimarrebbero con tutta probabilità nel Ssn come chiedono ministro della Salute e Regioni: a quello ci penseranno i risparmi del Patto per la salute semmai) ancora non è del tutto chiaro e per questo sarà necessario attendere il decreto. Intorno al quale intanto non si fermano i tentativi di Beatrice Lorenzin e delle Regioni di limitare al minimo i danni, magari concordando azioni che non prefigurino “amputazioni nette”, ma siano veri e propri interventi di chirurgia.
Regioni in allerta. In tanti sono pronti a levare gli scudi. Primi tra tutti i governatori che alle risorse certe hanno ancorato la chiusura di un Patto per la salute stop& go che ormai da mesi si blocca e riposte all’ombra delle notizie buone o meno buone sugli importi dei finanziamenti.
Ma soprattutto pronte alla protesta sono le Regioni del Sud, storicamente in deficit e quasi tutte in piano di rientro, con i conti mai in ordine. E sono tanto più pronte soprattutto dopo le affermazioni dello stesso Renzi. «In questi anni – ha detto Renzi – alcune Regioni hanno dato più di altre. E quindi, non c’è dubbio che lo strumento della riduzione della spesa non potrà vedere dei tagli lineari, uguali per tutti. Una Regione che finora ha fatto meno dovrà dare di più in termini di efficienza della spesa. Quelli, invece, che hanno agito bene non devono temere nulla», ha detto specificando che «non vogliamo fare tagli ai servizi, ma agiremo su quelli che acquistano beni e servizi fuori mercato cioè con prezzi alti». Un’incognita, quindi, che tiene col fiato sospeso il Ssn, a partire dalle Regioni che la scossa settimana si sono riservate il giudizio sul Def all’inizio di questa settimana: «È ancora prematuro esprimersi – ha detto il presidente dei governatori Vasco Errani – dobbiamo vederlo e discuterlo in modo approfondito».
E per quanto riguarda i risparmi sulla sanità, ha spiegato, «siamo per qualificare la spesa producendo risparmi che devono essere reinvestiti all’interno del Ssn sia per rispondere alle grandi sfide dell’innovazione scientifica (come i nuovi farmaci), sia per l’innovazione scientifica e tecnologica Laddove vi sono Regioni che hanno applicato addizionali e ticket per il rientro dal debito – ha concluso – il risparmio potrebbe essere restituito in riduzione delle addizionali e dei ticket».
«Siamo molto preoccupati di eventuali tagli – ha detto Carlo Lusenti, assessore dell’Emilia Romagna -. La posizione delle Regioni è sempre la stessa: assunzione di responsabilità e piena collaborazione istituzionale. Non si possono mettere a rischio i servizi».
«Renzi ha detto che taglierà il Fondo. La Lorenzin è dalla parte delle Regioni. Tradotto, vuol dire che i risparmi della sanità verranno portati da un’altra parte: dovremmo stare attenti a queste scelte. La sanità è un investimento per la nazione e per gli italiani», ha affermato Luca Coletto, assessore del Veneto e capofila degli assessori alla Sanità.
«Si discuta di sanità ma con rispetto: si faccia la spending review anche sulla base delle direttive governative e si reinvestano i risparmi nelle tecnologie e nei nuovi farmaci», ha detto il governatore toscano Enrico Rossi, aggiungendo: «Soprattutto in tempo di crisi la sanità deve essere mantenuta come sicurezza sociale e anche come volano per lo sviluppo, può essere un treno che tira l’industria del settore e rimette in moto gli investimenti».
Stop ai maxi-stipendi dei manager. La strada già tracciata per recuperare risorse è quella dei tagli agli stipendi dei manager. E l’esempio di Renzi è diretto: «Vuol dire che un manager della Asl non supererà il tetto degli stipendi pubblici e che farà a meno delle auto blu: se non va in autoblu e invece di 300mila euro si ferma a 200mila, campa bene lo stesso». Renzi ha poi ribadito l’inaccettabilità dei vecchi privilegi. «Non è accettabile che i cosiddetti mandarini che restano fi per una vita diventano intoccabili e soprattutto è inaccettabile che, mentre le famiglie non hanno visto crescere lo stipendio, per i dirigenti pubblici ci sia stato un aumento delle retribuzioni spesso legato alla parte variabile». «Per la prima volta – ha spiegato – si mette un tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici: 238mi1a euro lordi sono più del doppio di quello che prende il premier, che è già tanto e chi dice che nel privato prenderebbero il doppio, io rispondo: vai nel privato, ce ne faremo una ragione». E ha spiegato che una parte della retribuzione dei dirigenti pubblici verrà assegnata in base ai risultati. «Una quota va in busta paga solo se il Paese va meglio: circa il 10% deve essere legato a indici internazionali».
Il ruolo della Sanità. Renzi ha proseguito spiegando che quando si parla di Sanità non «solo si parla di un settore della Pa»: lo sviluppo «si collega alle grandi sfide economiche del Paese». Quello che però serve è «dire quale sia la strategia» da seguire. In primo luogo il premier chiarisce che «quando parliamo di salute, significa anche immaginare quale attenzione daremo alla maternità, all’educazione, all’alimentazione e obesità, alla costruzione delle scuole e allo sport». Renzi ha poi fatto anche una riflessione sul settore farmaceutico, spesso oggetto di critiche e polemiche. Questo settore, la ricerca farmaceutica in particolare, rappresenta un punto di riferimento avanzato dell’Italia nel mondo: «Certo – ha affennato – continua la nostra politica di attenzione ai costi, ma l’Italia è un luogo dove le idee dei giovani ricercatori trovano risposta». E la sanità, ha concluso Renzi, «si collega all’attività di tutti i giorni e non dobbiamo dimenticare in questo senso il lavoro di 5 milioni di volontari. Dobbiamo educare i giovani che attenzione alla salute significa anche servizio civile».
Il Sole 24 Ore sanità – 15 aprile 2014