«Sapevo che il clima era interessante e avevo chiesto un mandato forte. Gli elettori sono andati oltre: quello trentino è un voto storico, che rafforza il governo a Roma e l’Italia a Bruxelles». Il leghista Maurizio Fugatti entro la settimana si dimetterà da sottosegretario alla Salute e dalla Camera. È il nuovo governatore del Trentino, dove domenica la Lega e otto alleati del centrodestra unito hanno conquistato il potere per la prima volta dal dopoguerra. Un exploit: 46,73% per la coalizione, 27,03% dei voti al Carroccio, primo partito nella provincia autonoma. Nel 2013 era al 6,2%: da un consigliere sale a 13 più il presidente, per un totale del centrodestra di 21 su 35.
Terremoto politico e potere assoluto, grazie al premio di maggioranza, e senza bisogno di alleati, con i Cinque Stelle fermi al 7,23% e a due soli seggi. A destra, come in Alto Adige, bocciata Forza Italia: un consigliere sui settanta in Regione e dimissioni della coordinatrice Michaela Biancofiore. Non si ferma la caduta del Pd: 13,93% rispetto al 22,6% delle regionali 2013, i 9 consiglieri si riducono a 5, compreso Giorgio Tonini, ex senatore renziano candidato presidente. Al 25,40% l’intero centrosinistra. «È prevalsa la voglia di chiudere un ciclo – dice – ma paghiamo divisioni interne e rottura con gli autonomisti del Patt. Ora, opposizione intransigente nello schema di un’alternanza bipolare».
All’exploit Lega, in Trentino corrisponde l’implosione del centrosinistra autonomista. Il no dem alla ricandidatura comune del governatore uscente Ugo Rossi ha spinto il Patt a correre solo. Risultato: dal 17,5% del 2013 gli autonomisti sono scesi al 12,6%, da 7 a 4 seggi. Cinque anni fa Rossi era stato eletto con il 58%: restando uniti autonomisti e dem avrebbero contenuto le perdite a 12 consiglieri. Unica novità a sinistra: il successo della debuttante lista Futura del giornalista Paolo Ghezzi, subito al 6,93% che vale 2 consiglieri e la voglia di puntare alle Comunali 2020. «Erano le prime elezioni – esulta Matteo Salvini – dopo quattro mesi di massacro mediatico. Evidentemente a Trento e a Bolzano la gente sa far di conto ed è soddisfatta di quello che abbiamo fatto». Maurizio Fugatti, veronese trapiantato in Trentino, è considerato un moderato e in campagna elettorale ha tenuto un profilo basso sia sugli immigrati che sulla Ue. «Chi assicura che sono commissariato da Zaia e Salvini, o che aprirò il Trentino alla “padanizzazione”, sbaglia. Noi siamo trentini e faremo gli interessi dei trentini. Se dovremo combattere, combatteremo: ma con il Veneto la prima scelta sarà la collaborazione, a partire dal sì alla Valdastico».
Lo spostamento a destra di Trento, con la Lega primo partito anche nel capoluogo governato da un sindaco Pd, rende meno difficili le trattative per un governo anche in Alto Adige. Qui l’Svp, partito di raccolta di lingua tedesca, è scesa al minimo storico del 41,9% e di 15 seggi e ha bisogno di almeno tre consiglieri del gruppo italiano, secondo statuto, per formare la nuova giunta del ridimensionato presidente Arno Kompatscher. Ci vorrà tempo, la Volkspartei pretende da Salvini garanzie ufficiali su autonomia, convivenza ed Europa, ma l’accordo sembra fatto.
Definita «accademica» l’alternativa di un’alleanza arcobaleno tra Svp, Pd (ridotto a un consigliere) e gli interetnici di Verdi e Paul Koellensperger, transfuga M5S che ha trascinato il suo movimento civico ad essere la seconda forza del Sudtirolo con il 15,2%. Il flop delle destre tedesche, estremiste e separatiste, gela anche lo scontro con Vienna sul doppio passaporto e spiana così la strada verso un Trentino Alto Adige governato da Svp e Lega, con il Patt pronto a virare a destra. Dalla Regione il patto, aggirati gli scogli M5S e Bruxelles, sarà poi esteso a Roma.
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