Ebola non ha risparmiato Sheik Umar Khan, medico in prima fila nella difficilissima lotta contro il virus in Sierra Leone, risultato positivo e ricoverato a Kailahun, in un centro gestito da Medici senza frontiere. Virologo di 39 anni, definito “eroe nazionale” dal ministro della Salute della Sierra Leone Miatta Kargbo, Khan stava conducendo una battaglia feroce contro il virus che nel suo Paese ha ucciso 206 persone (con 442 casi di contagio): ne aveva in cura un centinaio, cercava di strapparli a un destino segnato.
Ebola infatti non perdona: ha una mortalità al 90%, non esistono cure né vaccino. I sintomi sono diarrea, vomito, emorragie interne ed esterne. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ad oggi sono più di 630 i decessi nei tre Stati dell’Africa occidentale colpiti – Guinea, Sierra Leone Liberia – da febbraio, quando l’epidemia è scoppiata nel sud-est della Guinea. I casi di contagio sono 1.048. La corsa del virus pare inarrestabile e mette a durissima prova i sistemi sanitari dei tre Paesi, tra i più poveri del continente.
Il ministro Kargbo ha detto che farà qualunque cosa in suo potere perché Khan sopravviva. «È un eroe nazionale – si legge in una nota diffusa dall’ufficio di presidenza della Sierra Leone -, passava dodici ore al giorno a salvare vite». A giugno, in un’intervista, lo stesso virologo aveva detto di temere di poter contrarre il virus: «Ho paura, devo ammetterlo, perché tengo alla mia vita. Noi operatori sanitari siamo esposti al contagio, essendo l’unico possibile approdo per i malati. Anche con l’abbigliamento protettivo, rischiamo costantemente». Pochi giorni fa tre infermieri che lavoravano nello stesso centro dove operava Khan sono morti. È seguito uno sciopero del personale sanitario, terminato quando il governo ha concesso di spostare i pazienti dagli ospedali e di lasciare che Medici senza frontiere coordinasse gli sforzi.
Corriere.it – 25 luglio 2014