La spending review che s’è dimostrata insufficiente a stringere i bulloni della spesa pubblica e che adesso impone di decidere «quanto può – o non può più – restare a carico dello Stato». L’esplosione dei debiti fuori bilancio dei ministeri praticamente raddoppiati in soli quattro anni e schizzati a oltre 2 mld. Una corruzione «devastante» contro la quale sono state messe in campo «misure insufficienti». La necessità di una «verifica» sui risultati della Consip. Gli investimenti in calo a quota 4 mld. La ricerca lasciata senza le risorse indispensabili. Ma anche il cauto ottimismo sui conti della sanità, che ha fatto registrare un attivo di 312 mln. Nel rendiconto generale del bilancio 2016 dello Stato, la Corte dei conti dipinge un 2016 ancora con troppi strappi da ricucire nella gestione della cosa pubblica.
A partire – si fa presente nel rapporto a più voci presentato ieri dalla magistratura contabile – dal moloch del debito pubblico. Perché a dispetto della sostanziale tenuta dei conti, ha rilevato il presidente della Corte Arturo Martucci di Scarfizzi, è necessario che l’Italia tenga altissima la guardia: il rigore resta «una via obbligata», e non perché imposta dall’esterno. E d’altra parte, ha aggiunto il presidente delle sezioni riunite, Angelo Buscema, il recupero del pil è ancora troppo modesto e «in ritardo rispetto alla ripresa in atto negli altri principali Paesi della Ue».
È stato ancora Buscema a segnalare che la spending review non basta. «A consuntivo – ha detto – le misure, mentre sembrano aver salvaguardato l’operare di interventi a sostegno dei comparti produttivi, non hanno prodotto risultati di contenimento del livello complessivo della spesa». E per questo «resta ancora attuale la necessità di scegliere cosa lasciare ancora a carico del bilancio pubblico», senza incidere sul «potenziale di crescita del Paese». Mentre sul versante degli acquisti, pur ammettendone il ruolo centrale nelle politiche di contenimento della spesa, per la Consip «è emersa nel corso degli anni l’esigenza di una verifica dei risultati più rispondenti ai dati reali». Senza scordare, peraltro, che le procedure d’acquisto extra Consip continuano ad essere le più gettonate.
Altri due capitoli della spesa pubblica su cui la Corte dei conti punta il dito sono gli investimenti e il boom dei debiti fuori bilancio dei ministeri. Per gli investimenti la spesa diretta dello Stato nel 2016 si è tradotta in poco più di 4 mld tra impegni e pagamenti totali: meno del 2015. Le uniche aree a crescere sono state l’informatizzazione e le spese per lo sviluppo e le infrastrutture.
Tutto questo mentre la ricerca resta una grande incompiuta, a dispetto di tanti proclami. Le risorse esplicitamente dedicate nel 2016 sono state vicine ai 3 mld: appena «in linea» col 2015. Peccato che nel 2010 fossero già superiori e avessero superato i 4 mld.
Ci sarebbero poi i debiti fuori bilancio delle amministrazioni dello Stato, altro capitolo che ha fallito il target dell’uscita dall’emergenza. Anzi, sono addirittura raddoppiati: nel 2012 erano pari a 930 mln, nel 2016 i debiti fuori bilancio dei ministeri hanno superato quota 2 mld. Con tre categorie di spesa extra budget ministeriali che vanno per la maggiore e che da sole rappresentano poco meno dell’80% del totale: i consumi intermedi, i trasferimenti correnti alle famiglie, gli investimenti fissi lordi. Mentre, su un altro versante, la capacità di pagamento dei debiti della Pa ha fatto segnare un calo: il 58%, meno degli anni precedenti, per consumi intermedi e investimenti fissi lordi. A tutto danno di imprese e fornitori d’opera.
In tutto questo, non poteva mancare l’allarme sulla corruzione che continua ad attecchire come l’edera nella Pa. Va affrontata «in una logica sistemica» riconoscendo «l’insufficienza delle misure» finora adottate, ha messo in guardia il Pg presso la Corte dei conti, Claudio Galtieri: «Il sistema dei controlli è scarsamente efficace – ha denunciato – mentre gli effetti sulle risorse pubbliche sono spesso devastanti».
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 28 giugno 2017
L’allarme della Corte dei Conti: corruzione, effetti devastanti. La magistratura contabile: misure di contrasto insufficienti, dalla spending review pochi risultati
La corruzione produce effetti «devastanti» sulle risorse pubbliche e le misure finora messe in campo sono «insufficienti». E la spending review «non ha prodotto risultati di contenimento della spesa». È l’allarme lanciato dalla Corte dei Conti in occasione del giudizio sul rendiconto generale dello Stato. Il sistema dei controlli, secondo il procuratore generale, Claudio Galtieri, «è scarsamente efficace per assicurare legalità ed efficienza, e per contrastare quei comportamenti illeciti i cui effetti negativi sulle risorse pubbliche sono spesso devastanti». Secondo la magistratura contabile, «i rilevanti effetti distorsivi che le irregolarità e gli illeciti penali, proprio nei settori in cui è più alto il livello della spesa, come quelli di sanità, opere pubbliche e servizi, richiedono un approccio più sostanziale». Nel mirino della magistratura contabile finiscono anche i conti pubblici che, come ha osservato il presidente Arturo Martucci di Scarfizzi, pur avendo registrato una «sostanziale tenuta» nel 2016 devono essere tenuti sotto controllo. Il rigore resta dunque «una via obbligata».
Commentando le misure della spending review, Angelo Buscema, presidente di coordinamento delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti, ha spiegato: «Mentre sembrano aver salvaguardato l’operare di interventi a sostegno dei comparti produttivi, non hanno prodotto risultati di contenimento della spesa». Il presidente della Corte dei Conti Martucci, d’altro canto, ha aggiunto che «i risparmi di spesa sono un fattore essenziale poiché liberano risorse, ma non sufficiente, in quanto queste ultime devono essere poi indirizzate al sostegno degli investimenti pubblici».
Francesco Di Frischia – Il Corriere della Sera – 28 giugno 2017