Il Sole 24 Ore lunedì. Le assenze per malattie direttamente legate a una pregressa infezione di Covid-19, caratterizzate dal manifestarsi di una sindrome ancora incerta ma già denominata post-Covid o Long-Covid, sono equiparate alla malattia comune, sia per il trattamento economico, sia per il trattamento normativo.
Questa sindrome è già sotto la lente di attenzione del Governo, che nel decreto Sostegni bis (Dl 73/2021, articolo 27, ora all’esame del Parlamento per la conversione in legge), ha deciso di attivare un monitoraggio finalizzato alla cura e al trattamento sanitario di questa malattia, stanziando otre 58 milioni per un supporto specialistico di cure e prestazioni diagnostiche e ambulatoriali a coloro che ne fossero affetti.
Le persone aggredite dai disturbi post Covid potranno essere anche sottoposte a una osservazione in via sperimentale, finanziata dallo Stato attraverso lo stanziamento citato, che opererà per il triennio 2021-2023, volta a tenere in debita considerazione quelli che possono definirsi disturbi direttamente collegati a una infezione Covid-19 conclamata, che ha comportato ricovero ospedaliero con dimissioni per guarigione clinica. I pazienti che hanno avuto una forma grave di infezione di Covid-19 e sono stati dimessi dall’ospedale sono 164mila secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità, più di un terzo in Lombardia, (si veda Il Sole 24 Ore del 1° giugno).
Il supporto previsto è sia di screening e accertamenti diagnostici specialistici, sia di trattamenti sanitari correlati. Queste persone sono assalite da una serie di sintomi, spesso anche molto debilitanti, e presentano difficoltà nel tornare alla loro vita precedente, con un susseguirsi di disturbi. Dal punto di vista neurologico i sintomi comuni che sono stati già riscontrati sono cefalea, vertigini, senso di fatica, nebbia cognitiva, difficoltà di concentrazione, facili amnesie, che possono incidere significativamente sulla prestazione lavorativa. A questo quadro generale si associano disturbi del sonno e dell’umore, il tutto in uno scenario che, normalmente, in psichiatria viene definito quale «disturbo post-traumatico da stress».
Le possibili, relative assenze, in quanto comportanti incapacità al lavoro, avranno la copertura del sistema sociale di tutela contro le malattie, dal punto di vista sanitario ed economico.
Gli adempimenti del lavoratore
A carico del lavoratore interessato saranno innanzitutto gli obblighi di certificazione, con la dovuta attenzione agli oneri di avviso e preavviso immediato in caso di assenze, generalmente previsti dalla contrattazione collettiva e consistenti nella comunicazione immediata al datore di lavoro. A questa seguirà la notificazione della certificazione della malattia, adempimento di natura giustificativa dell’assenza, indipendente da quello di comunicazione.
I doveri delle aziende
Le aziende, trovandosi a gestire situazioni riferite a soggetti affetti da disturbi post-Covid, non dovranno cadere nell’errore di trattare questi casi semplicemente come un problema di organizzazione e gestione del lavoro, ma – diversamente – dovranno evitare ogni possibile comportamento discriminatorio, sia in termini di organizzazione del lavoro, sia in termini di isolamento ed emarginazione del lavoratore.
Sempre e soprattutto nell’ambito delle Pmi, servirà una particolare attenzione verso i lavoratori affetti dalla sindrome Post-Covid, indipendentemente dalla circostanza per la quale il costo della malattia, in termini economici, sia riversato sull’Inps o direttamente sul datore di lavoro (per le categorie non coperte dall’indennità di malattia a carico dell’ente previdenziale).
Le persone interessate da queste affezioni, potenzialmente reiterate e continuate, con possibili ricadute, porteranno i segni di una esperienza traumatica, in misura direttamente proporzionale all’età.
Per il 2021 e per i due prossimi anni, entrambe le parti del rapporto di lavoro dovranno osservare gli obblighi che scaturiscono dalle assenze per malattia, ma all’azienda sarà richiesta una peculiare sensibilità, senza nulla togliere alle prerogative che disciplinano l’assenza per malattia comportante temporanea inabilità al lavoro.
L’astensione dal lavoro entra comunque nel calcolo del comporto. L’esclusione dal computo è solo per la quarantena e per i lavoratori fragili. Disparità di trattamento illogica
O lavoratori con il riconoscimento di disabilità grave;
O lavoratori immunodepressi, con esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita.
L’articolo 26 del Dl 18/2020 (Cura Italia), dispone che i periodi trascorsi in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria sono equiparati alla malattia ai fini del trattamento economico e sono esclusi dal computo del periodo di comporto. Così pure sono esclusi dal comporto i periodi di assenza dal lavoro dei lavoratori fragili che non possano stare in smart working (in questo caso, scatta l’equiparazione al ricovero ospedaliero, fino al 30 giugno 2021, salvo ulteriori proroghe).
Secondo l’attuale assetto normativo (emergenziale e non), le coperture di esclusione dal calcolo del comporto, sia per la categoria dei lavoratori fragili, sia per le fattispecie di rischio stabilite dalla legge, non operano per il contagio Covid-19, ma per l’esposizione a rischio di contagio, in base a situazioni selettive in funzione preventiva del rischio di contrazione della malattia e del connesso pericolo di vita.
Nessuno dei casi previsti dalla legge riguarda lavoratori costretti ad assentarsi dal posto di lavoro per aver contratto il Covid-19. Al contrario, la finalità delle norme citate è quella di garantire una tutela economica a quei soggetti che, pur non essendo malati, sono costretti a casa da un provvedimento della Pubblica autorità o per il rischio elevato alla vita e all’integrità fisica che correrebbero in caso di infezione, e ai soggetti individuati come lavoratori fragili.
Resta ferma, dunque, una disparità di trattamento, che non trova alcuna giustificazione razionale e logica, soprattutto alla luce del continuo ampliamento delle fattispecie di assenza per malattie, anche post-Covid o long-Covid, acclarate da una connessione diretta con l’infezione originaria precedentemente accertata e vissuta. Il lavoratore affetto da malattia Covid-19 vede computate nel periodo di comporto tutte le assenze dal lavoro (ricadute e post-Covid incluse), mentre il lavoratore fragile e quello in quarantena beneficiano dell’esenzione del periodo dal calcolo del comporto. In questi termini, un lavoratore in realtà “sano” (in riferimento al Covid-19) è tutelato in una modalità più pregnante di quello malato di Covid, con qualche dubbio di incostituzionalità (quantomeno in relazione agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione).