Ma come, non l’avevano bandita dai locali pubblici perché «mimava» il fumo vero e non evitava rischi per la salute? Proprio così. A giugno il divieto era comparso all’interno del decreto Iva-Lavoro. Via la sigaretta elettronica da tutti i luoghi aperti ai cittadini. E invece adesso la e-cig rientra dalla porta principale. A sorpresa.
Nella legge sull’Istruzione che domani verrà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale , spunta il contrordine. In uffici, ristoranti, bar, mezzi pubblici e cinema si può ricominciare a usarla. Lo stabilisce l’emendamento presentato dal presidente della commissione Cultura della Camera, Giancarlo Galan, pdl, che ha stralciato l’ultima riga di un comma dove il contestato strumento dello «svapo» veniva espulso da certi locali per tutelare la salute dei non fumatori.
Si è pensato ad una svista. Invece Galan ribadisce la bontà della scelta: «Abbiamo corretto un eccesso di proibizione. Il provvedimento di giugno era troppo restrittivo, ad esempio sulla questione della pubblicità proibita di fatto perfino nelle vetrine dei negozi specializzati. Le norme erano più severe di quelle per il tabacco».
Un unico divieto è sopravvissuto, quello nelle scuole che era già previsto da precedenti ordinanze.
Il ritorno appare in contraddizione con la politica europea. Nella direttiva approvata circa un mese fa che deve ora essere approvata dal Parlamento Ue, compaiono una serie di restrizioni. Galan racconta di aver risposto con un emendamento riformulato dal governo (all’inizio ancora più pesante) all’appello della filiera produttiva «in forte espansione, già massacrata dalla pesante tassazione e dallo stop parziale alla pubblicità. Non esprimo un giudizio medico scientifico».
Per il settore, già in crisi dopo il boom dello scorso anno, le prospettive diventano leggermente meno buie ma dietro l’angolo si profilano nuove stangate. Dal primo gennaio del 2014 i prodotti verranno tassati del 58,5% sul prezzo di vendita come prevede il decreto Iva e Lavoro. Il no alla pubblicità su stampa, tv, radio e Internet è stato invece ridimensionato dal decreto sull’Istruzione. Un mercato che attualmente coinvolge circa 1,5 milioni di utilizzatori, il 15% dei fumatori, e raccoglie un fatturato di 350 milioni (2012). Soddisfatti gli industriali dell’associazione Anafe-Confindustria: «Con le modifiche apportate nel nuovo decreto — commenta Massimiliano Mancini, il presidente — abbiamo finalmente certezza su una norma che così come è nata la scorsa estate era del tutto inapplicabile. Sulla tassa speriamo di riaprire la discussione».
All’interno della comunità scientifica il dibattito è aspro. La Società italiana di tabaccologia (Sitab) non ha accolto bene la novità. Il vicepresidente, Fabio Beatrice, si dice sorpreso: «È un controsenso, l’Europa sta marciando verso la direzione opposta. È concettualmente sbagliato orientare i cittadini verso il fumo che resta una dipendenza anche se è elettronico e non evita al vicino il rischio di respirare nicotina».
Giacomo Mangiaracina, direttore dell’unità di Tabaccologia dell’Università La Sapienza, annuncia una mobilitazione: «È stata abolita una norma di civiltà. La ratio dei divieti della legge Sirchia (che nel 2003 ha abolito il fumo da tutti i locali frequentati dal pubblico) non deve essere abbattuta». Critico anche il Codacons: «Siamo contrari all’assenza di qualsiasi divieto per le e-cig nei luoghi pubblici come bar, autobus e uffici — afferma il presidente Carlo Rienzi —. Da tempo chiediamo una normativa che regolarizzi il settore delle sigarette elettroniche, paragonandole dal punto di vista dei divieti alle normali sigarette. E questo perché mancano al momento certezze scientifiche sugli effetti delle e-cig per la salute dei fumatori e per chi respira le svapate altrui».
Dall’altra parte c’è lo studio su 65 pazienti con tumore o infarto al miocardio appena presentato dall’Istituto europeo di oncologia (Ieo), diretto da Umberto Veronesi. Dopo 6 mesi, 6 persone su 10 hanno smesso di fumare con l’aiuto della sigaretta al vapore.
Margherita De Bac – Corriere della Sera – 11 novembre 2013