Quello del terzo mandato è e resta un fronte aperto nella maggioranza di governo. Non è una novità che la Lega di Matteo Salvini voglia strappare agli alleati – Fratelli d’Italia in primis e Forza Italia – la garanzia per i suoi di potersi ricandidare nelle Regioni e nelle città amministrate dal Carroccio. Questo non solo per mantenere il controllo su pezzi di territorio elettoralmente cruciali, ma anche per avere il polso sul futuro politico di alcuni big del partito. Uno su tutti, il doge Luca Zaia, già al terzo mandato, in scadenza nel 2025 (la prima volta eletto nel 2010). Dal canto suo, Giorgia Meloni non ha interesse che gli alleati “del nord” restino al governo di regioni come il Veneto: FdI, che al momento amministra solo Marche, Abruzzo e Lazio (con un civico d’area), potrebbe far valere il suo quasi 30% ed esprimere i candidati per le prossime regionali (nel 2024 si voterà in Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria) cercando così di ampliare la propria quota.
Ma Matteo Salvini non vuole saperne: «I cittadini hanno sempre ragione», per questo bisognerebbe «consentire loro di scegliere ancora quel sindaco o quel governatore», ha detto giovedì il ministro in terra veneta. Il vicepremier non utilizza giri di parole. «Non ci sono limiti di mandati per parlamentari e ministri, perché ci deve essere una limitazione per altre figure politiche. Se i cittadini apprezzano i sindaci e i governatori, perché dopo 10 anni bisogna obbligarli a cambiare per forza?». E a Flavio Tosi, che nella sua intervista alla Stampa aveva detto riferendosi a Zaia «se venisse concesso il terzo mandato il suo diventerebbe un Ventennio», ha replicato: «Una fesseria. Se qualcuno ha paura che i veneti possano rivotare Zaia vuol dire che sta lavorando bene». La sua presa di posizione davanti a Zaia è stata letta come un endorsement significativo, visto che l’ex ministro dell’Agricoltura rischia di essere “l’escluso illustre”. Ma pare che il segretario del Carroccio non stia esercitando la dovuta pressione sugli alleati – la stessa utilizzata per impedire la ratifica del Mes – garantendo a Meloni e Tajani che «eviterà rotture» ma che terrà il punto sulla linea «ricandidiamo gli uscenti». Nel frattempo Zaia esclude interesse per il Parlamento europeo ribadendo che un suo quarto mandato gli viene chiesto «per strada, dalla gente» e che il limite è «anacronistico» perché vuol dire «bloccare l’amministratore dopo 10 anni». Dello stesso parere anche il governatore della Liguria (al secondo mandato in scadenza nel 2025) e cofondatore di Noi Moderati, Giovanni Toti per cui «il tetto di due mandati è incongruente rispetto alla storia politica italiana» visti presidenti del Consiglio, ministri e parlamentari «di rara longevità». Altro che «sano ricambio», come dice il vicepremier forzista Antonio Tajani, che però dal canto suo spera nella ricandidatura di Vito Bardi in Basilicata (eletto per la prima volta nel 2019). Stesso discorso, ma con ricadute immediate, in Sardegna che andrà al voto a febbraio. Il vicepremier leghista, volato di recente a Cagliari per esprimere sostegno al bis del governatore uscente Christian Solinas (segretario del Partito Sardo d’Azione, appoggiato dalla Lega) ha garantito che il nome «non lo sceglie né Roma né Milano ma i territori» e che per la Lega «squadra che vince non si cambia». Ma la partita è ancora aperta e Salvini non potrà fare da solo. Sul nome del candidato sardo sono ore di trattative tra gli alleati di centrodestra. Solinas è in bilico, osteggiato da FdI che al suo posto vorrebbe Paolo Truzzu, attuale sindaco di Cagliari e, come la premier, figlio della “generazione Atreju”. Alla vicenda sarda è legata a doppio filo l’approvazione del decreto voluto dalla Lega che consente un quarto mandato ai sindaci di Comuni fino a cinquemila abitanti e un terzo ai primi cittadini di quelli con una popolazione di quindicimila: se Salvini insisterà su Solinas, il provvedimento sui sindaci slitterà. Ma non resta molto tempo. Il nome verrà deciso subito dopo capodanno.
Battaglia trasversale, quella del terzo mandato, che interesserà anche il centrosinistra, leggere Pd, nonostante le riserve della segretaria Elly Schlein che finora non si è pronunciata sul Bonaccini ter in Emilia Romagna, dove si voterà nel 2025, e su un’eventuale terza candidatura di Michele Emiliano in Puglia. È invece quasi del tutto escluso che il Nazareno possa appoggiare un terzo mandato del governatore campano Vincenzo De Luca viste le frizioni tra “lo sceriffo” e la segretaria. —
La Stampa