In vista del voto regionale dei 31 maggio , il Mattino di Padova ha chiesto ai principali candidati alla presidenza del Veneto di illustrare le loro proposte in merito ai temi cruciali per la qualità della vita dei cittadini e la crescita economica e sociale del nostro territorio. Il focus è iniziato con la sanità. La Regione vanta elevati standard di cura e bilanci in ordine ma è chiamata a riformare il sistema del welfare per fronteggiare il calo delle risorse statali. Quest’anno, nel Veneto, la spesa sanitaria impegnerà 8,5 miliardi, pari a tre quarti del bilancio regionale. E la principale competenza di Palazzo Balbi ed anche la più delicata, perché investe la salute dei cittadini, e dipende dalle risorse erogate da Roma attraverso il Fondo sanitario nazionale. Le Regioni, però, sono chiamate a fronteggiare gli ingenti tagli decisi dal Governo – circa 6 miliardi nel corso 2015 – e la conferenza dei governatori ha deciso di concentrarne la metà proprio nel welfare, con l’unica eccezione del Veneto che ha rifiutato di ridurre i finanziamenti alle cure dei malati.
La circostanza ha innescato un’aspra polemica a distanza Beatrice Lorenzin; con il governatore uscente che contesta gli sprechi del Sud e la mancata applicazione dei costi standard «a tutto danno di chi, come noi, amministra con rigore»; e l’esponente dell’esecutivo Renzi che ribatte accusandolo di alimentare «falsi miti».
In realtà, sfrondata la questione dall’enfasi propagandistica propria della campagna elettorale, gli analisti indipendenti (citiamo il recente report della Scuola medica Sant’Anna di Pisa) attribuiscono alla sanità veneta – esente peraltro dall’addizionale regionale sul ticket – una qualità elevata nel rapporto tra spesa e prestazioni, tale da giustificarne il ruolo di regione-benchmark (insieme ad Emilia-Romagna e Umbria) cioè di modello e riferimento per il resto d’Italia. È un traguardo frutto di lunghi anni di impegno, espresso in particolare dal personale ospedaliero – spesso ridotto all’osso – apprezzabile soprattutto nell’erogazione dei 38 livelli essenziali di assistenza (i Lea): rappresentano la cartina di tornasole dell’efficienza di un sistema ed il ministero, da due anni a questa parte, assegna al Veneto il 100% di «adempienze»; uno standard unico nel Paese.
Tutto bene, quindi? Non esattamente.
Se i conti sono complessivamente in ordine ed il ventaglio di cure appare adeguato – con punte di autentica eccellenza, come testimonia il cospicuo afflusso di pazienti extraveneti – i margini di miglioramento non mancano mentre emergono criticità di lungo periodo fin qui trascurate dalla politica. C’è la questione della riduzione delle attuali 21 Ulss, ad esempio; non decisiva sul fronte della spesa però emblematica della necessità di razionalizzare il circuito delle aziende sanitarie, in evidente sovrannumero, e delle relative poltrone dirigenziali. È auspicabile che la riforma, qualora decolli, non si limiti a depennare le unità in esubero ma ne riorganizzi la mappa in armonia con i flussi degli utenti, non sempre coincidenti (pensiamo al versante assistenziale) coni confini provinciali. Lo stesso risanamento finanziario intrapreso dal direttore generale Domenico Mantoan (chiamato, cinque anni fa, a fronteggiare una voragine nei conti vicina al miliardo) richiede continuità ed è lungi dall’essere completato, come testimonia il pesante disavanzo corrente delle aziende di Padova, Verona, Venezia, Chioggia, Belluno. Analogamente, le liste d’attesa, pur attenuate dall’apertura serale e festiva dei reparti a scopo diagnostico, esigono un’ulteriore e “strutturale” snellimento dei tempi. Tutta da giocare, poi, la partita della riorganizzazione ospedaliera prevista dal nuovo Piano socio-sanitario: chi sarà chiamato a governare il Veneto dovrà compiere scelte nette, e talvolta impopolari, perché la stella polare è quella di una marcata riduzione dei posti letto accompagnata dalla chiusura di poli ospedalieri in eccedenza, non più sostenibili dai bilanci regionali. Per contrasto, spicca il ritardo colpevole nell’avvio del nuovo policlinico di Padova, promesso a gran voce e arenatosi nell’incomprensibile querelle tra Zaia e il sindaco Massimo Bitonci; un’occasione perduta per la città del Santo, distanziata ormai – su molti versanti – dalla dinamica e ambiziosa Verona.
Altra sfida cruciale, quella della medicina sul territorio alternativa al ricovero tradizionale: l’accordo raggiunto con i medici di famiglia (disponibili a garantire copertura ambulatoriale h 24 grazie alle medicine di gruppo) rappresenta un viatico importante ria occorre passare dalle parole ai fatti, garantendo la rete dei distretti di cura “intermedi” prevista dal Piano ma ancora sulla carta.
Infine, e certo non ultimo, il capitolo dei servizi sociali, il cui finanziamento rientra nel mare magnum della spesa sanitaria: un tempo fiore all’occhiello del welfare nostrano,oggi le politiche assistenziali risultano penalizzate da una prolungata stagione di tagli di spesa e da una gestione un po’ arruffona, più incline agli stanziamenti a pioggia che all’efficienza decisionale; viceversa, il microsmo del disagio reclama attenzione e priorità perché investe le aspettative e i bisogni della fascia più debole della nostra popolazione.
ZAIA
«Liste di attesa ridotte del 7%»
“Nel 2014”, puntualizza Luca Zaia, alfiere della Lega Nord, presidente uscente del Veneto che si candida per il bis , «la sanità veneta ha rispettato i tempi d’attesa tra l’85% e il 100% degli oltre 68 milioni di prestazioni erogate , con punte tra l’86% e il 99% per la tempistica entro dieci giorni ; tra l’87 % e il 99% tra 30 e 60 giorni ; tra il 90% e il 100% entro 180 giorni ; il 100% delle prestazioni urgenti è stato erogato in un massimo di 72 ore.
Partiamo da qui per migliorare ancora. L’operazione “Ospedali aperti di notte “, per erogare prestazioni diagnostiche e specialistiche nelle ore serali e nel week end , ha consentito anche di diminuire del 7% le liste d’attesa nella sanità veneta, soprattutto nelle due fasce più “calde”».
In ordine all’eventualità di nuovi ticket, Zaia assicura che « i veneti non pagheranno un euro in più.
Questa Regione ha i conti della sanità in attivo da cinque anni e qui si pagano solo i ticket nazionali imposti da Roma. Il superticket da dieci euro a ricetta è stato ridotto a cinque per i redditi inferiori a29 mila euro».
Verrà tagliato il numero delle Asl?
«Ricordo ai distratti », argomenta Zaia, «che sono stato io il primo a proporre , inascoltato, una diminuzione del numero delle Ulss e che il Pd mi accusò di voler fare “fumo ” per distrarre la gente dalle cose importanti . Adesso è l’unico tasto sanitario che riescono a battere. Ho in serbo sorprese, intanto stiamo studiando l’Azienda zero per migliorare le performance di spesa negli acquisti e accompagnare il territorio nella miglior gestione del rapporto tra servizi erogati e spesa».
Infine il sociale. “In Veneto la popolazione non autosufficiente è stimabile in circa 194 mila persone (3,9% della popolazione ). Per loro abbiamo finanziato , con 3 miliardi e mezzo in cinque anni , servizi dedicati e sei livelli di assegni mensili che vengono dati alle famiglie che assistono a casa un malato o un anziano non autosufficiente. Parliamo , ad esempio, di 469 milioni peri servizi residenziali».
MORETTI
«Non istituirò nessun ticket»
«Oggi in Veneto», ricorda Alessandra Moretti, candidata governatore del centrosinistra, «abbiamo 21 Ulss, una ogni 238 mila abitanti. Giusto per dare un termine di paragone, in Emilia-Romagna c’è un ‘Ulss ogni 450 mila abitanti , in Lombardia una ogni 600 mila residenti. È arrivato il momento di spostare risorse concrete dagli stipendi dei dirigenti ai cittadini . Proprio per questo propongo di ridurre il numero delle Ulss da ventuno a otto . In questo modo saremo in grado di risparmiare oltre 50 milioni di euro».
Sul versante delle liste d ‘ attesa, per Moretti serve una doppia azione. « Da un lato », sottolinea, siamo chiamati ad agire sull’offerta, cioè sul numero dei medici e dei professionisti impiegati nel settore . Purtroppo la Regione ha assunto meno di quanto poteva . Da parte mia sto predisponendo un piano di assunzioni serio e chiaro. In particolare intendo investire sugli specialisti ambulatoriali a livello territoriale. Nel contempo occorre procedere con una razionalizzatone ad hoc delle prestazioni . Vengono prescritti troppi esami: il più delle volte sono molto costosi in termini economici e alla fine si rivelano inutili». Moretti assicura che «non è prevista l ‘ istituzione di alcun nuovo ticket . Voglio sottolineare che in tal senso i veneti stanno già pagando troppo . Un esempio su tutti : è inaccettabile il ticket su ogni ricetta per le analisi dei sangue».
Infine il sociale. « I tagli degli ultimi anni, al comparto dei sociale, sono stati eccessivi . Per le politiche dell’infanzia e per la famiglia la decurtazione della Regione è stata addirittura del 95 % rispetto al dato del 2005. Dieci anni fa c’erano dieci milioni inseriti a bilancio, nel 2014 appena 400 mila euro . Grazie a un riordino del sistema socio – sanitario potremo aumentare le risorse per la disabilità e la non autosufficienza, le politiche per le famiglie e minori e per le dipendenze . Agiremo secondo la logica dell’innovazione».
TOSI
«Sociale, la spesa va ricalibrata»
«La spesa per il sociale in veneto», è convinto Flavio Tosi, candidato presidente di una coalizione centrista , « va riordinata e riorientata. Vanno definiti criteri e parametri di costo omogenei, vanno fissati degli standard di servizi e vanno assegnate le risorse ai territori in relazione ai bisogni, superando i finanziamenti storici . va inoltre riequilibrata la quota di partecipazione al finanziamento tra Regione, Comuni e utenti e, se possibile, anche aumentando le risorse, tenendo conto dell’inarrestabile processo d’invecchiamento della popolazione». Per l’ex segretario nathional della Liga veneta, «non va dato un nuovo numero per le Ulss, ma vanno invece onorati gli impegni presi con la legge regionale 23 del 2012, che ha approvato il piano socio sanitario 2012-2014, e rimasti inattuati, tenendo conto della particolarità del territorio montano della provincia di Belluno».
Secondo Tosi «i ticket non vanno aumentati, semmai vanno eliminati. I ticket sulle prestazioni sanitarie non sono educativi per l’utenza e non sono necessari per la copertura della spesa sanitaria se il sistema applica realmente i costi standard e soprattutto i finanziamenti standard, invece di predicare bene ma razzolare male». Infine, i tempi d’attesa. Il sindaco di Verona, che ha guidato l’assessorato veneto alla Sanità dal 2005 al 2007, puntualizza che «bisogna distinguere tra le aziende sanitarie in cui i tempi di attesa previsti, in relazione al codice di priorità attribuito dal medico prescrittore, vengono rispettati, e quelle dove non è possibile. Questo per estendere, attraverso il confronto, le pratiche/ soluzioni organizzative migliori anche alle aziende non performanti . Bisogna inoltre, sotto il profilo quantitativo», conclude Tosi, “lavorare su due fronti : l’uno attraverso la ricerca di una maggiore appropriatezza prescrittiva e l’altro per rendere più flessibile , se necessario, il flusso erogativo».
BERTI
“Sette Ulss per me possono bastare”
Per Jacopo Berti , candidato presidente del Veneto del Movimento Cinque Stelle, «i ticket sulle prestazioni sanitarie vanno certamente rimodulati. Non possono esistere prestazioni che non conviene fare in convenzione , ma privatamente, perché con il ticket costerebbero di più. Attualmente le esenzioni per reddito si basano sul reddito lordo del nucleo familiare , mentre fino a pochi anni fa si basavano sull’Isee.
Questo ha ridotto il numero di persone che usufruiscono di queste riduzioni . Oggi il nuovo Isee, nonostante due ricorsi vinti al tar, prevede di comprendere tra i redditi le pensioni dei disabili. Dallo Stato queste pensioni sono percepite come un lusso e non come un aiuto minimo nei confronti di persone svantaggiate . Parliamo di poco più di 250 euro che possono arrivare a 780 euro per un disabile con invalidità al 100% e con indennità di accompagnamento.
Noi siamo già al lavoro per impedire di fare cassa sulle spalle dei disabili». Per quanto riguarda il numero delle Ulss «sette , una per provincia, possono essere un numero equo , che però va pensato e deciso ascoltando il territorio. Quindi nessuno slogan ma solo una razionalizzazione di buon senso».
Sul versante delle liste d’attesa, Berti ritiene che «vanno tagliati i dirigenti per aumentare i servizi e i posti letto . Poi, va aumentato e retribuito meglio il personale, come la figura chiave dei tecnici radiologi. Bisogna alzare le indennità di servizio per gli infermieri, per i medici ospedalieri e le professioni sanitarie , che sono gli eroi della nostra sanità».
Sul fronte del sociale , per il M5S «nessuno deve rimanere indietro: questo nella pratica significa tagliare i costi della politica per aiutare i più bisognosi . Il reddito di cittadinanza serve proprio a questo . A Ragusa (sindaco MSS), ad esempio , grazie ai tagli sulla casta, oggi le persone in difficoltà ricevono 360 euro al mese e gli studenti hanno i mezzi pubblici gratis».
LA SANITA DEL IN CIFRE
LE STRUTTURE
Unità sanitarie locali 21
Aziende ospedaliere integrate 2
Istituto oncologico veneto 1
ospedali pubblici 42
Posti letto pubblici 14.576
ospedali privati accreditati 26
Posti letto privati accreditati 2.872
Cure intermedie: 3.000 posti letto
Cure residenziali: 26 mila posti letto (con impegnativa)
Domicilio: 46 mila impegnative di cure domiciliare
Pronti soccorso: 46
Punti di primo intervento: 12
IL PERSONALE
Personale sanitario pubblico complessivo: 64.995 mila unità
Medici: 8.332
Infermieri. 28.798
Dirigenti: 71
Personale tecnico: 11.759
Personale amministrativo: 6.198
Personale ausiliario: 4.633
Medici e pediatri di libera professione nel sistema pubblico: 5.204
IL QUADRO EPIDEMIOLOGICO
Percentuale di mortalità legata a malattie circolatorie: 36,2% (39,7% nelle donne, 32,4% negli uomini)
Percentuale di mortalità legata a tumori 30,3% (35,59%o negli uomini, 25,6% nelle donne)
incidenza tumorale: polmone 8 ,6% di tutti i decessi; grosso intestino (3,7%); fegato, prostata e pancreas (2,5%)
Tumore alla mammella: provoca circa 1.000 decessi all’anno (4,1% della mortalità femminile)
Età mediana dei decesso: 79 anni per gli uomini, 86 anni per le donne
LE PRESTAZIONI
Copertura vaccinale (poliomelite. difterite, pertosse, epatite B. Hib influenzale, morbillo): 95% della popolazione
Esami di laboratorio: nel 2014 ne sono stati eseguiti 47,354 milioni
Accessi al pronto Soccorso: 1,82 milioni con 177,659 milioni di prestazioni erogate
APERTURE SERALI, PREFESTIVE E FESTIVE DEGLI OSPEDALI
Orari: le nuove aperture ospedaliere riservate alla diagnostica si svolgono nelle seguenti fasce orarie: lunedì e mercoledì 4 ore serali, il sabato dalle 14 alle 20 la domenica dalle 8 alle 14. Ogni ospedale deve assicurare almeno un’apparecchiatura funzionante per Tac, risonanza magnetica, ecografia e mammografia.
Prestazioni erogate: nel 2014. esclusi gli esami di laboratorio, sono state compiute 162.425 prestazioni supplementari.
RICETTE DEMATERIAZZATE
La percentuale di ricette digitali si attesta all’85%, il 95% dei medici è collegato in rete: sono dati record in Italia
SPESA FARMACEUTICA OSPEDALIERA
Nel 2013 (l’anno più recente del quale è disponibile il dato completo) sono stati spesi 1,204 miliardi di euro a fronte dei 1,268 consentiti dal vincolo di spesa nazionale.
Servizio a cura di Filippo Tosatto – Il Mattino di Padova – 23 aprile 2015