repubblica. Da 43 giorni un 77enne è su una barella del pronto soccorso del policlinico di Tor Vergata. È entrato nella struttura di emergenza nell’area sud della capitale, punto di riferimento per quartieri poveri e difficili come Torrenova, Torre Gaia e Giardinetti, alle 19.32 del 30 agosto scorso e non ne è ancora uscito. Un caso talmente incredibile che si ha difficoltà a credere che sia vero. E non è il solo. Un uomo di 81 anni è lì da 25 giorni, una 51enne da 22 e un 90enne da 16. Ieri c’erano inoltre altri 8 pazienti in attesa di un posto letto anche da otto giorni.
Il presidente Francesco Rocca, appena insediatosi a marzo alla guida della Regione Lazio, sostenuto da un’ampia maggioranza di centrodestra, aveva assicurato che avrebbe cancellato subito quelle lunghissime e degradanti attese nei pronto soccorso da parte di pazienti che hanno bisogno di ricovero. Di recente ha annunciato che quel fenomeno, definito boarding, nel Lazio si è ridotto del 25%. Il caso di Tor Vergata sembra dimostrare il contrario, con anziani impossibilitati in quelle condizioni anche a fare una doccia e a poter togliere i panni dal borsone per sistemarli in un armadietto. Quanto emerso nel Policlinico per chi è nel reparto di emergenza da oltre due settimane è però qualcosa di diverso dalla classica malasanità ed è anche un problema sociale, con persone in difficoltà, che vengono accompagnate dal 118 in un pronto soccorso e restano lì, non sapendo dove andare e non venendo sostenute dai servizi sociali.
«Chi resta giorni e giorni al pronto soccorso è esposto al rischio di infezioni, occupa una barella e costa tanto al servizio sanitario. Soprattutto vive in condizioni degradanti e non si può accettare che chi non ha familiari che lo sostengono e mezzi particolari finisca così», sostengono, chiedendo l’anonimato, alcuni sanitari dello stesso ospedale. «Qui lavoriamo in un quadrante povero, arriva di tutto, ma l’organizzazione non funziona», aggiungono. Una situazione destinata a peggiorare con l’arrivo della stagione fredda. «A Roma oggi ci sono 600-700 persone in attesa di un posto letto — afferma un infermiere — e come sempre diventeranno 900 con l’arrivo dell’influenza. Non si combatte il boarding acquistando più barelle o smistando i pazienti tra le diverse articolazioni del pronto soccorso, tra osservazione breve e medicina d’urgenza».
Problemi che possono giustificare la permanenza su una barella per oltre 40 giorni? Dalla Regione Lazio si giustificano sostenendo che il caso non è sanitario ma sociale. «Quelle persone non hanno bisogno di un ricovero, ma di un altro tipo di aiuto. I servizi sociali rispondono che non hanno un posto dove ospitarle e restano in ospedale perché altrimenti finirebbero in mezzo alla strada », specificano fonti vicine a Rocca, che ha mantenuto per sé anche la delega alla sanità. Un problema dunque del Campidoglio, ma che non rende più accettabile vedere persone in difficoltà bloccate per settimane in un pronto soccorso.
Il 77enne che è a Tor Vergata dal 30 agosto è un clochard per cui, dopo diversi contatti con gli assistenti sociali di Tivoli, l’azienda ospedaliera ha avviato la pratica di anagrafica fittizia per un successivo trasferimento presso la Asl Roma 5. L’81enne in ospedale dal 16 settembre è un uomo aggredito dal figlio, subito arrestato, che fino a ieri non riusciva ad avere i documenti per poter entrare in una Rsa e di cui la nipotenon si è voluta prender cura. Infine la 51enne è una tossicodipendente che non ha un alloggio e il 90enne è un paziente in attesa dal 25 settembre di un posto in una lungodegenza, vittima del Covid e poi, dopo il ricovero, colpito da una polmonite. Soggetti fragili che lo Stato riesce ad aiutare a fatica.
«Proprio oggi abbiamo soccorso un senzatetto che da giorni viveva in piazza Mazzini, un medico tedesco con un’infezione gravissima a una gamba. Lo dico perché una delle grandi problematiche di Roma è che spesso come pronto soccorso entriamo in situazioni incredibilmente incresciose e complesse. Quando sbagliamo sono il primo a riconoscerlo, ma stiamo parlando di situazioni difficili, a cui non ci sottraiamo, ma che richiedono tempo », afferma il direttore generale del policlinico Tor Vergata, Giuseppe Quintavalle. «Il pronto soccorso — aggiunge — è uno dei pochi, forse l’unico baluardo che fa di tutto. Occorre un raccordo tra i vari servizi per un’azione comune», aggiunge. Quella necessaria a evitare di alloggiare un mese e mezzo in una struttura d’emergenza dove un’attesa di 24 ore è già considerata eccessiva.