E’ inadempiente, per “mora credendi”, il datore di lavoro che rifiuti la prestazione lavorativa del lavoratore la quale, già assente dal lavoro per malattia, chieda di riprendere la sua attività allegando e documentando la cessazione della malattia stessa ante tempus. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza 12501/12.
Il caso
Una dipendente dell’Agenzia delle Entrate si era sottoposta – su sua stessa richiesta – a una visita collegiale della ASL che la dichiarava permanente inidonea al servizio. Dopo 8 mesi di malattia, la stessa chiedeva il rientro anticipato, presentando certificato medico che attestava le migliorate condizioni di salute. L’amministrazione, però, non aveva consentito il rientro fino alla nuova visita collegiale della ASL – che aveva verificato l’idoneità al servizio – e aveva proceduto altresì alla decurtazione dello stipendio. La questione – con il ricorso presentato dalla lavoratrice – arriva avanti ai giudici della Corte di Cassazione, dopo che la Corte d’appello in riforma della decisione di primo grado, aveva accolto il gravame del datore di lavoro. La Suprema Corte sostiene, in primis, che «la condizione di malattia del dipendente costituisce giustificato impedimento che esclude l’inadempimento dell’obbligo di prestazione lavorativa» (art. 2110 c.c.). D’altro canto, nel momento in cui la malattia cessa, il lavoratore è tenuto all’adempimento di tale obbligo e, se il datore di lavoro rifiuta «ingiustificatamente» la prestazione del lavoratore, egli sarebbe inadempiente per mora credendi. Anche se nel caso di specie la malattia della lavoratrice era stata valutata come inidoneità permanente al lavoro, l’Agenzia non aveva adottato un provvedimento di dispensa dal servizio. In pratica, cessata la malattia e, quindi, venuto meno il carattere permanente dell’inidoneità, il problema della riammissione non avrebbe dovuto porsi. In conclusione, visto che il rifiuto della prestazione lavorativa da parte dell’Agenzia risultava ingiustificato fin dall’inizio, il ricorso della dipendente viene accolto con rinvio.
La Stampa – 7 settembre 2012