Devono contribuire con 700 milioni al risanamento dei conti, l’80% del loro bilancio è speso per la salute I presidenti si riuniscono domani, sono pronti a dar battaglia sulla sanità:abbiamo già ridotto all’osso
Francesca Schianchi. A sentire loro, non ce n’è uno che possa più tagliare. Chi, come il Veneto, perché vanta di non aver mai subito un piano di rientro della sanità, decanta il taglio del 96% di consulenze e, prima del perentorio «i sottosegretari vadano a piedi» di Renzi, aveva già pensato ad appiedare 5 assessori su 12 (nel senso che le auto blu sono rimaste 7). Chi, come la Liguria, assicura di aver già ridotto il budget regionale – sanità esclusa – di 330 milioni solo tra 2010 e 2011, e poi ancora negli anni dopo, e quindi adesso «per ulteriori risparmi sarebbe bene stabilire dei parametri chiari e partire da lì, altrimenti si rischia di favorire quelli che non hanno tagliato mai», rileva il governatore Claudio Burlando. Ma anche scendendo verso sud, verso regioni che, almeno per quel che riguarda la sanità, non hanno proprio brillato, visto che sono tuttora commissariate, si insiste che però da qualche tempo a questa parte risparmi e robuste spending review ne sono state fatte: dal Lazio in cui si dichiarano 163 milioni di risparmi grazie alla centrale unica degli acquisti (e si promette di aggiungerne altri 100 da qui a fine anno), alla Campania che sta per uscire dal commissariamento, e il presidente Stefano Caldoro snocciola soddisfatto numeri come quelli della dieta imposta all’amministrazione, da 7800 a 5600 dipendenti. A sentire chi commissariamenti e curve pericolose non ne ha mai subite, il governo armato delle sue temute forbici dovrebbe virare verso Sud, ché chi è stato bravo va premiato (vedi come la pensa il veneto Zaia), ma viceversa chi sta cercando di risalire la china di situazioni difficili respinge l’accusa al mittente, con logica diametralmente opposta e ugualmente ferrea: «Tagliare sui bilanci ordinari è difficile per tutti, ma è un po’ più facile per chi, come il Centro-nord, dà più servizi ai cittadini che non hanno un’obbligatorietà di legge – commenta Caldoro – per noi è più complicato perché abbiamo più obbligazioni, come personale, strutture, spese di depurazione».
Ma allora, chi taglierà i famosi 700 milioni che il premier Renzi ha annunciato di pretendere dalle Regioni su beni e servizi? Sessanta giorni, gli ha dato, perché siano loro a indicare dove si può procedere con la forbice, «se no interveniamo noi». Anche se vari governatori fanno notare che il decreto ancora non lo hanno letto, quindi ci sono dettagli ancora da capire. E’ vero che, come sottolinea il presidente della Puglia Nichi Vendola, «nella norma si dice che questi risparmi non dovranno essere recuperati dal salvadanaio della sanità», ma è anche vero che il bilancio delle Regioni è per gran parte assorbito dall’onerosissima spesa sanitaria (nel 2012, certifica l’Istat, 110,8 miliardi), e in un’intervista al «Corriere della Sera» il ministro dell’Economia Padoan ha ammesso che sulla sanità «non ci sono tagli specifici, ma è anche vero che le Regioni possono tagliare voci di spesa sanitaria per ridurre gli sprechi».
Domani mattina è convocata la Conferenza delle regioni, l’assemblea di tutti i territori capitanata dall’emiliano Vasco Errani. Dovrà ricordare lui ai colleghi che, in realtà, hanno scampato un pericolo ben peggiore, visto che si parlava di ben 2,4 miliardi di tagli in due anni al comparto sanitario. Non che, comunque, agire sul bilancio vivo sia tanto più indolore: «Per noi in Puglia è tutto assorbito da stipendi del personale, mutui residui e cofinanziamento della spesa comunitaria», dettaglia Vendola, «e siccome le prime due voci non le possiamo toccare, rischiamo di dover tagliare il cofinanziamento. Sa cosa vuole dire?». Una beffa: «Che per ogni euro che taglio, è un euro che dovrò restituire a Bruxelles».
E così, dinanzi alla prospettiva di nuovi, faticosi risparmi, c’è chi, come Zaia, prende di petto la questione; chi, pur segnalando le difficoltà, promette «spirito di collaborazione», come Caldoro; chi, come il collega che sta guidando la Calabria, Giuseppe Scopelliti, anche commissario straordinario della sanità, spera che possano dare frutti i sacrifici fatti dai calabresi, «tagliare non sarà facile ma quel che stiamo facendo sul piano sanitario ci farà recuperare probabilmente un po’ di risorse». Si vedrà in quali percentuali, ma tutti dovranno contribuire. «Già, perché Roma non vuole fare atti pesanti sui cittadini e allora trasferisce a noi l’incombenza», sbotta Vendola, «ma le regioni in questi anni hanno già fatto grandissimi sforzi. E il centro, i ministeri ad esempio, hanno fatto altrettanto?».
La Stampa – 23 aprile 2014