Dieci anni fa si stavano praticamente estinguendo: oggi sono oltre 59 mila. È la rivincita dell’asino italiano. Il quadrupede dalle grandi orecchie che da millenni è al servizio dell’uomo. Lo stesso che per via dell’avvento delle macchine agricole stava per estinguersi. «Dal 2007 sono aumentati del 90% — dice Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti — e vivono un momento di riscossa che ha salvato dall’estinzione molte razze».
Le razze certificate
In Italia quelle riconosciute sono otto. L’asino pantesco ( ‘u sceccu pantescu ), per esempio, dal I secolo avanti Cristo è stato un compagno fedele dei contadini di Pantelleria che lo usavano per il trasporto delle uve zibibbo. La razza è stata salvata e reinserita nell’isola dai ricercatori dell’Istituto zooprofilattico e dall’Azienda foreste demaniali della Regione Sicilia. Oggi ce ne sono 77. In tutto sono 9.460 quelli italiani con pedigree: Amiata (2.225), Asinara (253), Martina Franca (1.186), Ragusano (2.914), Sardo (1.934), Romagnolo (740) e Viterbese (208).
L’onoterapia
«Nuovi usi di interesse sociale ed economico sono alla base della salvaguardia delle razze e del loro reinserimento — aggiunge Moncalvo —. Tra questi c’è sicuramente l’onoterapia». La pet-therapy per bambini diversamente abili (ma non solo) che pone proprio l’asino al centro del progetto di relazione e di recupero. Le caratteristiche di questo animale (la taglia ridotta, la morbidezza del manto, la pazienza e la lentezza di movimento) lo rendono infatti un prezioso partner. «La spinta maggiore però allo sviluppo degli allevamenti — continua Moncalvo — è arrivata dalla produzione lattiera perché è un’alternativa al latte di mucca: ogni anno nascono in Italia 15 mila bimbi con allergie a questo tipo di latte». Una conferma arriva dal nutrizionista Nicola Sorrentino: «Studi universitari hanno dimostrato che il latte di asina è un perfetto sostituto per i neonati intolleranti alle proteine del latte vaccino e caprino — spiega —. Il liquido ha una composizione simile a quello materno, è utile per chi non può allattare al seno. Ha qualità antibatteriche perché il lisozima protegge dalle infezioni intestinali. Piace ai bimbi perché ha un alto contenuto di lattosio. Serve a donne in menopausa e anziani che soffrono di osteoporosi perché ha un elevato contenuto di calcio». La produzione di questo latte non è semplice. Le asine iniziano a fare cuccioli a circa un anno, hanno una gestazione di 12 mesi e poi producono in media cinque litri al giorno. Un buon esemplare costa sino a mille euro, vive una trentina d’anni nutrendosi persino di sterpaglie e sopporta carichi sino a un terzo del suo peso.
L’allevamento record
Il più grande allevamento d’Europa si trova a Quattro Castella, nel Reggiano. «Mio padre era un contadino e ne aveva uno che poi ha venduto con l’avvento delle macchine agricole — ricorda il proprietario Giuseppe Borghi, 71 anni —. Io, nei primi anni 90, ne ho rivoluto uno per una questione affettiva. Oggi ne allevo 800». Borghi copre tutta la filiera: dal foraggio al confezionamento del latte. «Però ho un concetto etico dell’animale e prelevo un litro di latte al giorno , gli altri li lascio poppare ai piccoli». È questo uno dei motivi per cui un litro costa 15 euro (il doppio se liofilizzato). «Per mungere le asine ci vuole abilità e pazienza all’inizio, poi imparano perché, sfatiamo una calunnia, sono intelligenti. Abbiamo poi un accordo: noi andiamo veloci e loro stanno calme per riavere i loro piccoli. Non li allontaniamo dopo il parto per non far provare loro il dolore da separazione».
La rivincita dell’asino passa per mille impieghi. Si va dall’onoturismo (escursioni a dorso d’asino) alla produzione di biscotti e gelati. Ma anche di cosmetici: creme da giorno, da notte e per il corpo oppure shampoo e detergenti. Di queste ultime doti, però, Cleopatra e Poppea sapevano già tutto più di 2.000 anni fa.
Alessio Ribaudo – Il Corriere della Sera – 1 maggio 2017