Il Nordest si conferma nel 2016 la locomotiva d’Italia. Settore in maggiore crescita, l’agricoltura (+4,5%): infatti sia il Prodotto interno lordo(+1,2) che l’occupazione (+1,8) sono nettamente più alti della media nazionale (rispettivamente +0,9 e +1,3). Ma anche il Sud rialza la testa e regala concreti segnali di ripresa dopo anni di crisi. Questa volta è il Centro a rimanere indietro. Sono i risultati delle stime preliminari del Pil e dell’occupazione forniti ieri dall’Istat nella sua analisi a livello territoriale.
Analizzando nel dettaglio la situazione, il Mezzogiorno ha evidenziato un Pil che rispecchia la media nazionale (+0,9). Il Prodotto interno lordo ha registrato pure un aumento lievemente inferiore nel Centro (+0,7) e nel Nord-Ovest (+0,8%). L’occupazione (misurata in termini di numero di occupati) è cresciuta, sempre nel 2016, dell’1,3% a livello nazionale. L’aumento maggiore si osserva nelle Regioni del Nord-Est (+1,8%), seguite da quelle del Mezzogiorno (+1,6%) e del Nord-Ovest (+1,0%). Nel Centro la crescita è invece inferiore alla media (+0,6).
Inoltre, secondo l’Istat, dopo l’agricoltura nell’economia del Nord-Est buoni risultati arrivano da commercio, pubblici esercizi, trasporti e telecomunicazioni (+2,3%). Cresce in modo contenuto pure l’industria (+0,9). Segno negativo per le costruzioni (-1,5). Anche nel Nord-Ovest l’agricoltura si afferma (+1,9), mentre nel Centro la crescita del Pil è più modesta e il settore agricolo addirittura tocca un -1,9%. A reggere lo sviluppo del Sud è soprattutto l’industria (+3,4%), mentre c’è un tonfo dell’agricoltura (-4,5).
La lettura dei dati non trova una analisi univoca nel governo: «Finalmente! I dati Istat parlano chiaro: la politica meridionalista degli ultimi 1000 giorni dà i suoi frutti. #laripresadelSudcontinua», è il commento in un tweet del ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti. Più cauto invece Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico: «I dati rimangono insufficienti per generare benessere diffuso, crescita e sostenibilità del debito poderoso che abbiamo».
Il pensiero di Calenda viene condiviso dalla Confcommercio che chiede di «alleggerire il carico fiscale su famiglie e imprese». «Quella dell’Istat è una indicazione positiva – spiegano dall’associazione di categoria – ma non rassicurante perché tali dinamiche sono ancora troppo deboli per permettere un apprezzabile recupero dei ritardi accumulati durante la crisi». Per la Cgil serve «cautela» perché «la crescita del Sud non ha ancora quella strutturalità che ci può fare dire #laripresadelSudcontinua». La Cisl chiede «maggiori investimenti pubblici nelle infrastrutture». Più ottimismo dalla Uil: «Se cresce il Pil del Sud, cresce l’intero Paese».
Francesco Di Frischia – Il Corriere della Sera – 23 giugno 2017