Repubblica. È di 40 miliardi il costo della riforma fiscale uscita dal lavoro di oltre quattro mesi e 60 audizioni prospettata dalle Commissioni Finanze di Camera e Senato, la “Bicamerale” del Fisco. Il documento definitivo, datato 30 giugno e approvato da tutti i partiti (tranne Leu), contiene indicazioni di riduzione di Irap, Iva, Irpef, delle imposte per giovani under 35 e l’abolizione dei micro balzelli.
Un pacchetto voluminoso che dovrebbe confluire nelle sue linee guida della legge delega attesa per fine mese e che potrebbe costringere il Tesoro, nel momento in cui fosse approvato senza modifiche, ad una caccia alle risorse.
«Un forte limite del documento è l’assenza di ogni indicazione sulle coperture delle riforme ipotizzate che vanno tutte nella direzione di una riduzione del carico fiscale a vantaggio della crescita economica», spiega un articolo appena uscito sulla “Voce.info” a firma di tre professori di materie fiscali come Massimo Baldini, Silvia Giannini e Simone Pellegrino.
Il nodo coperture
Il punto è che i 40 miliardi – calcolati da Simone Pellegrino – non trovano compensazione nelle 18 pagine del documento parlamentare: sono previsti infatti alcuni rincari dell’Ires e il “riassorbimento” del bonus Renzi ma del tutto insufficienti a coprire la prevista riduzione dei tributi. Non si parla di tagli alla spesa, non si parla di patrimoniale e di catasto, si accenna soltanto alla riduzione sul vecchio terreno delle tax expenditures. Dunque i partiti hanno espresso i propri desideri ma per realizzarli sarà necessaria tutta l’abilità del ministro dell’Economia Daniele Franco.
L’Irap incassa molto
Lo scoglio maggiore e più costoso è paradossalmente l’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive: nel documento si parla di “superamento” dell’imposta che risulta a bilancio con un gettito di 20 miliardi. Come operare? Le Commissioni fanno capire che una compensazione a questa eventuale perdita di gettito potrebbe arrivare da addizionali regionali sull’Ires, l’imposta sui profitti delle società e dal recupero di gettito di altre tasse.
Ma non è difficile prevedere che il carico tributario sulle aziende, già molto alto rispetto ai partner stranieri, non potrà permettere interventi superiori ai 5-6 miliardi aggiuntivi. Restano da trovare i restanti 15 miliardi.
Il “salto” di aliquota C’è poi la grande partita dell’Irpef. Qui il documento è giustamente esplicito e si parla di abbassamento dell’«aliquota media effettiva», cioè la percentuale di imposte che si paga per il gioco tra aliquote legali e detrazioni, nella fascia tra il 28 mila e i 55 mila euro. L’aliquota relativa è del 38 per cento ed è presente il terribile “salto di aliquota” che supertassa ogni incremento del reddito, dagli straordinari agli aumenti contrattuali. A conti fatti per intervenire, su aliquote e detrazioni sul lavoro dipendente, ci vogliono 25 miliardi: ma siccome uno dei responsabili del cosiddetto aumento delle aliquote marginali, da cui anche il “salto di aliquota”, è il bonus Renzi si accenna al suo “riassorbimento”: l’eventuale operazione farebbe guadagnare 9-10 miliardi e si scenderebbe così ad un costo dell’intervento complessivo sull’Irpef di 15 miliardi.
Deduzione per gli under 35
La terza misura proposta – in questo caso una vera novità – è l’introduzione di una maggiorazione della deduzione in forma fissa per il lavoro dipendente per i giovani sotto i 35 anni. Una prima stima dell’intervento sui 4 milioni di giovani (al netto degli incapienti e di coloro che hanno redditi alti) che avrebbero diritto alla misura è di 1 miliardo per una detrazione di 200 euro ciascuno. Tanto? Poco? Funzionerà o meno? La decisione spetterà al governo.
La scommessa dell’Iva
Infine l’Iva. Il documento parla di una «possibile riduzione dell’aliquota ordinaria attualmente applicata». Siccome l’aliquota ordinaria è del 22 per cento, un intervento che abbia almeno un significato sarebbe di un punto, pari a 4 miliardi. Senza contare le microtasse, da quella sui funghi ad altre misure del genere, la cui eliminazione costerebbe 600 milioni.
La mini flat tax resta
Non aiuta il bilancio complessivo dell’intera operazione fiscale la prospettiva di mantenere in vita la mini flat tax. La Commissione rileva «criticità» ma suggerisce di mantenerla in vita fino a 65 mila euro di ricavi e poi condizionarla ad un aumento del 10 per cento del giro di affari per evitare di bloccare la crescita delle aziende.