Nelle pieghe della riforma del pubblico impiego potrebbe spuntare dopo anni, un primo sblocco del turn over. A beneficiarne, per ora, sarebbero solo le Regioni e le Città Metropolitane (le ex Province) virtuose, quelle cioè con i conti in ordine. Questi enti, se la norma sarà approvata, non dovranno più sottostare agli attuali vincoli che prevedono, fino al 2018, la possibilità di assumere spendendo solo il 25 per cento di quanto risparmiato rispetto all’anno precedente per il personale andato in pensione.
Un paletto molto stringente che, di fatto, ha sostanzialmente bloccato le assunzioni. L’ultima bozza di provvedimento prevede che entro 90 giorni dall’approvazione della riforma del pubblico impiego, sia emanato un decreto del presidente del Consiglio che porti «al graduale superamento degli attuali vincoli assunzionali in favore di un meccanismo basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa per il personale». Detto in altri termini, le Regioni e le Città Metropolitane che hanno soldi a disposizione, potranno riprendere ad assumere. Non solo. Le stesse norme contenute nel provvedimento potrebbero contribuire a liberare nuove risorse per le assunzioni.
IL RECUPERO L’ultimo testo contiene una sorta di sanatoria per l’ormai annosa questione del salario accessorio erogato indebitamente e che, in molte Regioni e Comuni, la Ragioneria generale dello Stato ha chiesto di recuperare. Roma Capitale, per esempio, dovrebbe restituire circa 350 milioni. Il blocco del turn over era stato deciso anche per generare risparmi di spesa sul personale per recuperare i fondi indebitamente erogati senza dover tagliare le buste paga dei dipendenti regionali e comunali. Una volontà politica quest’ultima, che sarebbe rimasta immutata. Ed in effetti, la bozza di provvedimento prevede anche un ammorbidimento dei piani di rimborso delle somme. Non solo verrebbe confermato, come già previsto dal decreto Salva-Roma, la possibilità di poter recuperare il salario accessorio non in un anno, ma su un periodo pluriennale utilizzando risparmi di spesa. Ma è introdotta anche la possibilità di utilizzare risparmi «certificati» conseguiti anche nei cinque anni precedenti l’approvazione del piano di recupero. Questa norma, entrata nelle bozze, non ha però ancora ottenuto il via libera della Ragioneria e non è stata inserita nel testo distribuito ai sindacati.
IL TESTO Il provvedimento sarà trasmesso solo oggi al ministero dell’Economia in vista del consiglio dei ministri di domani. Ieri, intanto, come detto, il ministro Madia ha incontrato 13 sigle sindacali per affrontare il tema della riforma. Il provvedimento, secondo il ministro, è «il miglior biglietto da visita per esprimere la volontà non solo di aprire una nuova stagione contrattuale ma di firmare un contratto». Eppure i sindacati non hanno espresso ancora riserve sui contenuti del testo. «Ci aspettavamo più coraggio da parte della ministra», per ora si rilevano «molte insufficienze, ma si è aperta una strada» e nel percorso «vedremo di recuperare pezzi importanti per fare i contratti» ha detto il segretario confederale della Cisl, Maurizio Bernava. «Ci sono ancora delle resistenze non comprensibili, ma dobbiamo continuare a lavorare per andare fino in fondo», ha aggiunto il segretario confederale della Cgil, Franco Martini. «Alcuni passi in avanti ci sono ma non sono ancora definitivi», ha commentato il segretario confederale della Uil, Antonio Foccillo. «La lettura del Testo unico va affinata, non sempre corrisponde ai principi bellissimi dell’accordo», ha detto invece il segretario generale vicario di Snals Confsal, Achille Massenti.
A non convincere appieno i sindacati, è ancora il tema del rapporto tra la legge e il contratto di lavoro. Le sigle vorrebbero che quest’ultimo prevalesse sempre, mentre nel testo manca la derogabilità per la legislazione passata. Per il resto sono molte le conferme della vigilia, a cominciare dalla stabilizzazione dei precari storici. Un piano straordinario di assunzioni servirà a regolarizzare, tra il 2018 e il 2020, quelli che hanno avuto rapporti di lavoro anche non continuativi con la Pubblica amministrazione per almeno tre anni. Restano anche le norme su licenziamenti e assenteisti seriali. Le competenze per le visite fiscali passeranno dalle Asl all’Inps, che armonizzerà gli orari dei controlli a 7 ore giornaliere, e procederà a verifiche anche sistematiche e continuative per individuare gli assenteisti del lunedì mattina. I cittadini potranno esprimere il loro gradimento sull’efficienza degli uffici pubblici, e il loro voto dovrà essere tenuto in considerazione nell’erogazione dei premi.
Il Messaggero – 16 febbraio 2017