Michele Bocci. Le continue campagne di sensibilizzazione sulle varie patologie, i consigli degli esperti in tv e sui giornali, i siti internet strapieni di informazioni sanitarie non servono: buona parte delle persone alle quali viene prescritta una terapia farmacologica per un problema cronico non la segue o la interrompe prima del dovuto. Siamo malati che non si curano.
L’86% di chi ha problemi respiratori come l’asma, il 61% dei depressi e anche un incredibile 38% dei diabetici non rispetta le indicazioni del medico. Così si crea un paradosso sanitario. Da una parte ci sono milioni di persone che prendono farmaci di cui non hanno bisogno perché stanno bene, dall’altra tantissimi malati si trascurano, con il serio rischio di finire in ospedale in gravi condizioni. Le prime sono condizionate dal battage pubblicitario dell’industria e praticano il consumismo anche nel campo della salute, le seconde pensano di non avere bisogno di cure, oppure non riescono proprio a seguirle, o ancora hanno paura degli effetti collaterali.
Il fenomeno è quello della mancata aderenza alle terapie, che non si riesce ad arginare. Lo dice anche l’ultimo rapporto Osmed sul consumo farmaceutico nel nostro Paese stilato da Aifa. «L’efficacia delle terapie – ha scritto una decina di giorni fa l’agenzia del farmaco dipende anche dal rispetto di tutte le indicazioni, a partire dalle dosi, dalla frequenza e dalla durata del trattamento. Troppo spesso, però, queste indicazioni vengono disattese».
Uno degli ambiti dove quella che gli americani chiamano “compliance” è molto bassa è quella dei fattori di rischio cardiovascolari. Di 4 milioni e mezzo di persone alle quali viene prescritta una cura contro l’ipertensione ogni anno in Italia, circa il 45% non la segue. Il dato è ancora più alto (quasi 57%) se si esaminano il milione e 860mila di persone che devono prendere farmaci per il colesterolo. I problemi ci sono anche per la cura di artrite reumatodie, psoriasi e ulcera.
Sono stati i medici di famiglia a consegnare ad Aifa i dati sull’aderenza alle prescrizioni. Ovidio Brignoli è uno di questi professionisti, e come vicepresidente della società scientifica di medicina generale (Simg) ha collaborato con l’agenzia. «Cosa ci dicono i pazienti che non seguono le terapie? Non si giustificano – spiega – Spesso devono prendere vari farmaci ogni giorno e non ce la fanno. Così decidono da soli quali interrompere». Un comportamento che chiama in causa il rapporto tra medico e malato, come ammette lo stesso Brignoli. «La comunicazione deve essere maggiore e invece a volte peggiora man mano che si allunga la cronicità della malattia. Se ne esce richiamando periodicamente in ambulatorio questi malati per discutere con loro delle cure». Secondo il medico, alcuni suoi colleghi non si rendono conto che impiegare il tempo in queste attività non è uno spreco. Anzi. Chi non si cura bene o non si cura, prima o poi è destinato a peggiorare, e magari finire al pronto soccorso. «Vediamo molte persone scompensate per questo motivo», dice Niccolò Marchionni, professore di geriatria a Firenze e alla guida della commissione dell’Ema, agenzia del farmaco europea, che si occupa anche di problemi di “compliance” negli anziani, la categoria più a rischio. Intanto tra loro l’incidenza delle malattie croniche è ovviamente più alta. Poi in molti casi ogni giorno devono prendere tanti farmaci, cosa che può indurre in errore o semplicemente stancare. «A parte le sofferenze dei singoli, se evitassimo queste ricadute risparmieremmo miliardi. Il problema non è solo italiano, la Commissione europea nel 2013 ha lanciato un programma per aumentare l’aderenza alle terapie. L’obiettivo è quello di alzare di 2 anni l’aspettativa di vita nel prossimo quinquennio ». Chi segue le cure vive di più e gli effetti si vedono subito.
Repubblica – 1 settembre 2015