«Lo strumento più efficace dei politici per privatizzare la sanità pubblica è quello di creare o favorire nelle aziende sanitarie criticità ambientali e organizzativo gestionali, così da allungare le liste di attesa e il malcontento degli utenti. La linea fin qui adottata dall’amministrazione Zaia costituisce, a mio modo di vedere, una palese evidenza di questa tendenza».
Non usa mezzi termini Adriano Benazzato, il segretario di Anaao Assomed Veneto, il sindacato più rappresentativo dei medici ospedalieri, da tempo in rotta di collisione con il governatore leghista. In che consisterebbe, nel concreto, la politica di indebolimento dell’offerta pubblica a beneficio del privato? «Dapprima, a livello regionale, si stabilisce una riduzione molto significativa dei tempi massimi di attesa delle prestazioni specialistiche ambulatoriali e in regime di ricovero rispetto a quelli previsti sul piano nazionale, creando così i presupposti di una crisi organizzativa e gestionale nelle aziende; poi si induce una carenza di personale medico e infermieristico negli ospedali pubblci. In tal modo si fabbrica l’alibi necessario a procedere alla privatizzazione della sanità – sull’esempio della Lombardia di Formigoni – e alla luce di ciò si comprende perché l’organico del personale in Veneto sia stato volutamente mantenuto ai livelli minimi in tutti questi anni e perché siano stati negati i dovuti investimenti in risorse umane».
Palazzo Balbi sottolinea invece la flessione dell’incidenza del privato in sanità e il crescente ruolo esercitato dal servizio pubblico. «Il confronto della nostra dotazione con quelle delle altre regioni italiane racconta una verità diversa. In Toscana, ad esempio, per assistere 3,7 milioni di di residenti il servizio sanitario dispone dello stesso numero di medici del Veneto che conta quasi 5 milioni di abitanti, una differenza emblematica. Lo stesso rapporto ufficiale presentato a Venezia alle organizzazioni sindacali evidenzia che il personale medico dal 2010 al 2019 non è mai aumentato, anzi è diminuito».
L’obiezione: mancano camici bianchi a causa di un’errata programmazione ministeriale alla quale Zaia e Lanzarin cercano di porre rimedio con soluzioni innovative. «La carenza reale di medici non corrisponde ai 1300 specialisti indicati da Mantoan e comunque si protrae da una decina d’anni, non è un’emergenza ma un problema cronico, colpevolmente trascurato, che ha consentito l’allargamento al privato dei “comodi” servizi di lungodegenza e riabilitazione, remunerativi e a rischio clinico trascurabile. Come dire: socializzare i costi e privatizzare gli utili». Circostanza negata dal report illustrato stamani… «Davvero? In attesa delle ultime delibere “preelettorali”, l’ultima iniziativa in questa direzione è rappresentata dalla delega delle attività di pronto soccorso alle case di cura “Giovanni XXIII” di Monestier e “Santa Maria Maddalena” di Occhiobello. Se questa non è privatizzazione della sanità pubblica… ».
Filippo Tosatto – Il Mattino