La Regione ha spostato a fine ottobre il termine per la trasmissione alla Segreteria regionale per la Sanità degli Atti aziendali predisposti dalle aziende sanitarie. Una circolare del segretario Domenico Mantoan, inviata a tutti i direttori generali, spiega che “su indicazione della Giunta regionale e alla luce di una richiesta del presidente della quinta commissione consiliare, Leonardo Padrin, il termine è differito al 31 ottobe 2013”. Quando la Regione aveva trasmesso alle Usl le Linee guida per la predispozione degli Atti aziendali (dgr 975 del 18 giugno 2013) il termine fissato era il 31 agosto. Le aziende sanitarie, quindi, non possono avviare la riorganizzazione dell’assistenza territoriale, e in concreto dimezzare i Distretti (uno per azienda, con l’eccezione dei due per ciascuna concessi a Padova e a Verona, le più grandi del Veneto) e relativi primari, prima dell’approvazione delle schede da parte della commissione Sanità del Consiglio regionale.
Lo avevano fatto notare il presidente della stessa, Leonardo Padrin (Pdl) e il suo vice Claudio Sinigaglia (Pd) lo scorso mese, e la giunta Zaia li ha ascoltati. Una circolare inviata a tutti i direttori generali dal segretario regionale della Sanità, Domenico Mantoan, impone infatti lo stop ai piani aziendali, strumenti esecutivi del Piano sociosanitario, che tale rivisitazione contempla.
«Così avremo il tempo di approvare le schede ospedaliere e territoriali in commissione, che riprenderà la discussione a tema il 4 settembre — spiega Sinigaglia —. Il numero di Distretti e relative apicalità, nonchè l’organizzazione dell’assistenza sul territorio, sono un atto di programmazione e come tale in capo alla commissione, non alle Usl. Non possiamo trovarci a discutere le schede dopo che i direttori generali hanno già tagliato Distretti, primari e servizi, sarebbe assurdo e pericoloso. In ballo c’è il destino di servizi fondamentali: dalle cure primarie a quelle specialistiche, dal materno-infantile alle cure palliative. Solo l’Usl 16 di Padova, per esempio, sarebbe dovuta passare da 6 a 2 Distretti, ma non si può farlo automaticamente, bisogna discuterne».
Sul fronte distretti, i tecnici che hanno stilato il piano socio sanitario hanno scelto un parametro che lascia poco spazio a voli pindarici: uno ogni centomila abitanti. Quasi tutte le aziende sanitarie del Veneto dovranno tagliare fino ad arrivare al distretto unico: il destino è segnato per l’azienda di Belluno, Feltre, Bassano, Alto vicentino, Ovest vicentino, Pieve di Soligo, Asolo, Veneto orientale, Mirano, Chioggia, Alta padovana, Bassa padovana, Rovigo, Adria, Legnago e Bussolengo. Le altre Usl capoluogo, secondo il piano, potranno riorganizzarsi su due distretti. Poco importa che l’azienda sanitaria di Venezia di abitanti ne abbia 308 mila, Treviso 419 mila, Verona, 475 mila, quella di Padova ben 494 mila. Nella città del Santo il direttore generale dell’Usl 16 (la più grande del Veneto) Urbano Brazzale ha proposto alla Regione di rimodulare la sanità territoriale su tre distretti. I manager delle Usl continuano a ripetere che al taglio dei distretti non farà seguito una diminuzione dei servizi erogati. Sinigaglia però, teme che qualche contraccolpo ci sarà: «È proprio il caso di dire che le idee chiare su come procedere con la programmazione noi le abbiamo, mentre la Giunta continua a procedere nella nebbia».
31 agosto 2013