Lo spettrometro del drug checking dell’unità mobile che stazionava in una piazza di spaccio l’ha rilevato subito: c’era un 5% del temutissimo fentanyl in quella dose di eroina, codeina e diazepam portata da un tossicodipendente che ha chiesto di poterla esaminare, preoccupato dagli strani effetti subiti dopo avere assunto quella sostanza già altre due volte. Esposto al raggio deldrug checking , il fentanyl è stato individuato e la successiva analisi approfondita del laboratorio dell’Istituto superiore di sanità ha confermato.
«Adesso sappiamo che è arrivato. La nostra situazione non ha nulla a che vedere con quella americana. Non ha senso allarmarsi oltre un certo limite, ma neanche far finta che non significhi nulla. Diciamo che siamo ad un livello di allerta gialla e soprattutto che siamo in grado di avvisare istituzioni e consumatori del rischio reale di assumere questa sostanza pericolosissima».
Lorenzo Camoletto, referente nazionale del gruppo riduzione dei rischi e dei danni del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, valuta così il primo rilevamento in Italia di fentanyl per tagliare una dose di eroina. Una scoperta, quella effettuata a Perugia nei giorni scorsi da una unità mobile di una cooperativa al servizio della Asl che ha subito attivato il sistema di allerta rapido in tutta Italia e indotto l’Istituto nazionale di sanità e la procura di Perugia ad attivarsi per capire se quella dose rappresenta un caso eccezionale o se invece siamo davanti al primo passo dell’invasione del mercato italiano della cosiddetta droga dello zombie che nell’ultimo anno in America ha fatto più di 100 mila morti.
Gli esperti vanno cauti: nella zona di Perugia nelle ultime settimane non è stato rilevato un aumento di overdose ma l’inchiesta della Procura partirà proprio da un monitoraggio di eventuali morti sospette o di accessi di tossicodipendenti ai pronto soccorso. Di certo c’è che la scoperta che ha fatto scattare il sistema nazionale di allerta rapida è stata possibile grazie a quei servizi di prossimità di strada su cui di certo l’Italia non investe. «Basta dire —spiega Lorenzo Camoletto — che il
drug checking è disponibile solo in quattro regioni: il Piemonte ( l’unica che lo ha inserito a tutti gli effetti nel sistema regionale), l’Umbria e in via ancora sperimentale Lazio e Liguria. Quando la presenza di nuove sostanze viene rivelata con modalità tradizionali, dai sequestri delle forze dell’ordine al monitoraggio delle acque reflue fino all’esame di urina o capelli, è già tardi. In questo caso è stato proprio un consumatore, uno di quelli che entrano in contatto con i nostri operatori delle unità mobile che si muovono nelle piazze di spaccio o nei rave party, a chiedere il nostro aiuto per analizzare quella droga che gli aveva dato degli effetti indesiderati e a lui sconosciuti. E di solito almeno la metà dei consumatori, se le analisi certificano la presenza di sostanze sconosciute, rinuncia ad assumerle».
Nell’universo sempre mutante degli stupefacenti il fentanyl è il grande spauracchio, costa pochissimo ed è facilmente reperibile, ma finora il suo consumo in Italia non ha fatto breccia anche se gli investigatori hanno colto i primi segnali di interesse da parte delle organizzazioni criminali che governano le piazze di spaccio. «È ragionevole sperare che non siamo ancora all’immissione sul mercato italiano di sostanze tagliate con fentanyl — dicono gli inquirenti — ma la scoperta di Perugia è inquietante, potrebbe essere un test».