Un tavolo autunnale sulle pensioni agganciato alla delega sull’assistenza. Sarebbe questo l’accordo raggiunto nella maggioranza dopo il nuovo stop arrivato ieri pomeriggio dalla Lega.
Lo stop riguardava all’ipotesi di intervenire strutturalmente sull’età pensionabile delle lavoratrici private o sui trattamenti di anzianità, che era tornata a riprendere quota tra la serata di martedì e questa mattina. A irrigidire ulteriormente il Carroccio è stato anche il caos provocato dall’ipotesi di frenare, con una mini-stretta sui riscatti di laurea e servizio militare, i pensionamenti anticipati con il solo canale contributivo dei 40 anni su cui governo è maggioranza sono stati costretti a una repentina marcia indietro. Ma la partita sulla previdenza non può essere considerata chiusa. Subito dopo che il Parlamento avrà approvato la manovra da oltre 45 miliardi, potrebbe essere aperta una sessione previdenziale. Sessione che sarà dedicata all’innalzamento dell’età pensionabile e sarà esplicitamente prevista nell’ambito della collegato sull’assistenza.
Il dietro-front sui “riscatti”, deciso alla fine del vertice mattutino dei ministri Maurizio Sacconi e Roberto Calderoli con i tecnici del Tesoro, non ha dunque favorito l’ennesimo tentativo del Pdl di inserire nella manovra interventi più strutturali delle pensioni. Da molti esponenti del Pdl e della Lega quello dei riscatti è stato definito un vero pasticcio e non sono mancate le critiche nei confronti di Sacconi e Calderoli considerati gli ideatori della misura. Duro il sottosegretario alla Difesa, e frondista Pdl, Guido Crosetto: questo intervento non era strutturale e «innescava problemi con persone che avevano già versato per il riscatto degli anni di studio e militare. Ora giustamente questa ipotesi è sparita. Certo non sarebbe male sapere chi erano il padre e la madre di quest’idea. Anche perché – ha aggiunto – è stato il classico caso della toppa peggiore del buco». Soddisfatti i sindacati, secondo i quali l’intervento è stato accantonato grazie alle loro proteste.
Proprio la contrarietà di Cisl e Uil, oltre che della Cgil, ha reso ulteriormente difficile il cammino di nuovi interventi strutturali sulla previdenza, che ieri erano stati caldeggiati dai ministri Franco Frattini, Giorgia Meloni e Renato Brunetta. Quest’ultimo aveva messo a punto anche tre ipotesi d’intervento: aumento dal 2012 della soglia di vecchiaia delle donne (sei mesi ogni anno con l’andata a regime a 65 anni nel 2021); inasprimento delle regole per l’accesso alla pensione di anzianità (un anno di età ogni anno, dal 2012 al 2015); aumento dell’aliquota contributiva per i lavoratori parasubordinati portandola al livello di quella dei dipendenti nel 2013 (al 33%).
A queste ipotesi si è poi aggiunta quella dei disincentivi per le donne che vanno in pensione prima dei 65 anni. Secondo calcoli dei tecnici del governo l’innalzamento immediato da 60 a 65 anni dell’età delle donne porterebbe un risparmio nel triennio 2013-2015 di 3,5 miliardi mentre un intervento più soft (aumento di un anno ogni due) garantirebbe sempre nel triennio 2013-2015 circa 2,2 miliardi.
Ilsole24ore.com – 1 settembre 2011