Claudio Testuzza. Il Sole 24 Ore. La perequazione automatica è un meccanismo che consente di adeguare annualmente l’importo delle pensioni all’aumento del costo della vita, così da cercare di conservarne immutato il suo reale potere d’acquisto. Detto meccanismo prevede, in particolare, che al 1° gennaio di ogni anno, l’importo della pensione sia aumentato di una quota percentuale (c.d. percentuale di variazione) che si determina rapportando il valore medio dell’indice Istat dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, relativo all’anno precedente il mese di decorrenza dell’aumento, all’analogo valore medio relativo all’anno precedente.
Breve storia della perequazione. La Legge n. 153/1969, legge Brodolini, ha introdotto per la prima volta la perequazione automatica delle pensioni. In precedenza i trattamenti erano correlati alla retribuzione e alle sue variazioni. Il dispositivo di compromesso tra inflazione e l’esigenza di aumento delle pensioni è nell’art 19 : “Perequazione automatica delle pensioni”. Gli importi delle pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e delle gestioni speciali dell’assicurazione medesima per i lavoratori autonomi, con effetto dal 1 gennaio di ciascun anno, sono aumentati in misura percentuale pari all’aumento percentuale dell’indice del costo della vita calcolato dall’Istituto centrale di statistica
Successivamente con la Legge n.160 /75, art. 8 Comma 1, con effetto dal 1 gennaio 1976, il secondo comma dell’articolo 19 della legge 30 aprile 1969, n. 153, è sostituito dal seguente: “Ai fini previsti nel precedente comma la variazione percentuale dell’indice del costo della vita è determinata confrontando il valore medio dell’indice relativo al periodo compreso dal diciassettesimo al sesto mese anteriore a quello da cui ha effetto l’aumento delle pensioni con il valore medio dell’indice in base al quale è stato effettuato il precedente aumento”.
Negli anni 90, la crisi economica da cui il Paese è attanagliato agli inizi del decennio, fa emergere un inedito consenso verso misure restrittive della spesa pubblica. In questo clima prende il via la Riforma Amato ( D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503) che all’art.11 stabilisce che, con cadenza annuale ,”Gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali si applicano […] sulla base del solo adeguamento al costo vita […]”. Una Riforma che diviene pertanto assai penalizzante. Perché elimina la rivalutazione mediante un indice composto, sostanzialmente collegato, ancora, all’aumento delle retribuzioni, Di contro i pensionati sono così esclusi dai benefici della crescita economica del Paese e spezza ogni legame dei pensionati con il loro mondo di provenienza : il lavoro. Inoltre le nuove disposizioni mantengono ferma la percentuale di valorizzazione che si applica per intero solo sull’importo non eccedente il doppio del trattamento minimo pensionistico (Tm), mentre per le fasce d’importo comprese fra il doppio e il triplo del Tm detta percentuale è ridotta al 90 per cento e per le fasce di importo superiore al triplo del Tm la percentuale viene ridotta al 75 per cento ( la legge 28 febbraio 1986, n. 41 art 24 comma 4 ). Inoltre, eliminata la componente relativa alle retribuzioni minime contrattuali, la protezione del potere d’acquisto delle pensioni è assegnata alla legge
La questione irrisolta. Resta, quindi, una questione non risolta: il meccanismo di valorizzazione è parziale ed è squilibrato per le fasce pensionistiche appena superiori ai minimi. Ma su questo le rappresentanze dei lavoratori hanno via via, poi, trovato compensazioni su altri aspetti del sistema previdenziale. In ogni caso si trova, infine, una stabilizzazione con la legge n. 388/2000, art. 69, che dispone dal 1° gennaio 2001 l’applicazione dell’indice di rivalutazione automatica, riprendendo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Viene data, così, una apparente definitiva sistemazione al meccanismo di valorizzazione delle pensioni a tre scaglioni: adeguamento al 100% dell’inflazione fino a 4 volte Tm, al 90% per la quota compresa tra 4 e 5 volte il Tm, al 75% per la quota superiore a 5 volte il Tm. Cosa fatta? Definitiva? Manco a dirlo.
La scala mobile per l’anno 2001, già applicata nella misura previsionale del 2,4 %, viene poi stata accertata nella misura definitiva del 2,6 %. All’importo complessivo della pensione rideterminato per l’anno 2001, viene applicata la perequazione automatica per l’anno 2002 nella misura del: 100% ( pari al 2,7% ) per la parte di pensione fino a 3 volte il minimo ( fino a euro 1.147,08 ); 90% ( pari al 2,43% ) per la parte di pensione compresa tra 3 e 5 volte il minimo ( da euro 1.147,08 a euro 1.911,80 ); 75% ( pari al 2,025% ) per la parte di pensione superiore a 5 volte il minimo ( da euro 1.911,8 0 ).
Con le stesse percentuali la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2002 è determinata in misura pari a +2,4 dal 1° gennaio 2003. La perequazione automatica delle pensioni dall’1.1.2004 prevede il 2,5% fino a € 1.206,36 mensili 2,25% , da € 1.206,36 fino ad € 2.010,60 mensili l’1,875% sulla parte eccedente € 2.010,60 mensili. Nel 2004 gli aumenti del costo della vita consentono un recupero del 2,5% fino ad euro 1.206,36, del 2,25% oltre euro 1.206,36 e fino ad euro 2.010,60, aumento del 1,875% oltre euro 2.010.
Nel 2005 la perequazione automatica delle pensioni dall’1.1.2005 è dell’ 1,9% fino a € 1.236,54 mensili, 1,71% da € 1.236,54 fino ad € 2.060,90 mensili, l’ 1,425% sulla parte eccedente € 2.060,90 mensili. Nel 2006 la perequazione automatica delle pensioni è dell’1,7% fino a € 1.261,29 mensili 1,53% da €1.261,29 fino a € 2.102,15 mensili, l’ 1,275% sulla parte eccedente € 2.102,15 mensili. Nel 2007 la perequazione automatica delle pensioni è del 2% fino a € 1.282,74 mensili, l’ 1,8% da € 1.282,74 fino ad € 2.137,90 mensili. l’ 1,5% sulla parte eccedente € 2.137,90 mensili.
Il 2008 è l’anno negativo i per i pensionati. Nel 2008, infatti, l’aumento del costo della vita consente un aumento del 1,60 % fino a euro 2.180,70, l’ aumento del 1,20 % oltre euro 2.180,70 e fino a euro 3.489,12. Ed aumento solamente fino al raggiungimento del limite massimo della fascia oltre euro 3.489,12 e fino a euro 3.539,72. Dal 1° gennaio 2008 nessun aumento oltre euro 3.539,72!
Per l’anno 2009, la percentuale di aumento per variazione del costo vita (3,3%) viene applicata con le seguenti modalità: per intero (3,3 per cento), sull’importo di pensione non eccedente il quintuplo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti; per il 75 per cento (2,475 per cento), per l’importo eccedente il quintuplo del trattamento minimo.
Per l’anno 2010, la percentuale di aumento per variazione del costo vita (0,7%) è stata applicata con le stesse modalità: per intero (0,7 per cento), sull’importo di pensione non eccedente il quintuplo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti; per il 75 per cento (0,525 per cento), per l’importo eccedente il quintuplo del trattamento minimo.
Sulle pensioni in pagamento a partire da gennaio 2011, l’indice di rivalutazione delle pensioni, previsto nella misura dell’1,4%, verrà applicato al 100% fino a 1.392,91 euro; 90% oltre 1,382, 91 euro e fino a 2.304,85 euro; 75% oltre 2.304,85 euro.
Le restrizioni si ripropongono per gli anni 2012 e 2013
Per l’anno 2012, l’adeguamento nella percentuale previsionale del 2,6% è avvenuto per la pensione con importo mensile fino a € 1405,05 lordi (3 volte il trattamento minimo Inps). Le pensioni i cui importi mensili erano ricompresi tra € 1405,05 ed € 1441,58, lordi, sono state adeguate fino a tale importo di € 1441,58 lordi, mentre quelle i cui importi erano superiori ad € 1441,58, lordi, non sono state rivalutate.
Per l’anno 2013, l’adeguamento nella percentuale previsionale del 3% è avvenuto per la pensione con importo mensile fino ad € 1443,00, lordi (3 volte il trattamento minimo Inps). Le pensioni i cui importi mensili erano ricompresi tra € 1443,00 ed € 1486,29 lordi, sono state adeguate fino a tale importo di € 1486,29 lordi, mentre quelle i cui importi erano superiori ad € 1486,29 lordi, non vengono adeguate.
Successivamente, in virtù di quanto previsto dalla Legge di stabilità 2014 (Legge 27/12/2013, n. 147) per il triennio 2014/2018, l’indice di rivalutazione delle pensioni si applica in misura percentuali pari:
– al 100% per le pensioni il cui importo complessivo sia pari o inferiore a tre volte il trattamento minimo Inps;
– al 95% per le pensioni il cui importo complessivo sia superiore a tre volte e pari o inferiore a 4 volte il suddetto trattamento;
– al 75% per le pensioni il cui importo complessivo sia superiore a 4 volte e pari o inferiore a cinque volte il trattamento minimo;
– al 50% per le pensioni il cui importo complessivo sia superiore a cinque volte e pari o inferiore a sei volte il trattamento minimo;
– al 40% nel 2014 e 45% per ciascuno degli anni 2015 e 2016, 2017 e 2018 per le pensioni superiori a sei volte il trattamento minimo Inps.
Il periodo 2019-2021. Per il periodo 2019-2021 la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta:
a) per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a tre volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100%;
b) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo Inps e con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi: nella misura del 97%per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo Inps. Nella misura del 77% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo Inps e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo Inps. Nella misura del 52% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo Inps e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo Inps. Nella misura del 47% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo Inps e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo Inps. Nella misura del 45% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo Inps e pari o inferiori a nove volte il trattamento minimo Inps. Nella misura del 40% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a nove volte il trattamento minimo Inps.
La svolta nel 2022. Fortunatamente per il 2022 sono ricomposte le vecchie e più vantaggiose percentuali L’articolo 1, comma 478, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2022 l’indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448: a) nella misura del 100% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a quattro volte il trattamento minimo Inps; b) nella misura del 90% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo Inps; c) nella misura del 75% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il predetto trattamento minimo.
La “caduta” nel 2023. Ma nel 2023 gli scaglioni diventano ben sei con percentuali del 100, 85, 53, 47, 37 e 32%. Che diventano per il 2024 (art. 1, co. 135 della legge n. 213/2023) :
– 100% per i trattamenti pensionistici sino a quattro volte il Tm;
– 85% per i trattamenti pensionistici compresi tra quattro e cinque volte il Tm;
– 53% per i trattamenti pensionistici compresi tra cinque e sei volte il Tm;
– 47% per i trattamenti compresi tra sei e otto volte il Tm;
– 37% per i trattamenti compresi tra otto e dieci volte il Tm;
– 22% per i trattamenti superiori a dieci volte il Tm.
Con una perdita irrimediabile del recupero inflazionistico per le pensioni medio basse e anche più elevate. Senza dimenticare che la stessa legge 197/2022 (Manovra 2023) ha stabilito, per il biennio 2023-2024, che le aliquote di perequazione automatica non si applichino progressivamente per fasce ma in base a scaglioni di reddito pensionistico, ossia sull’intero importo della pensione.
Infine è da sottolineare “l’effetto di trascinamento” della ridotta perequazione.
Perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta (sentenza Corte Costituzionale n. 316/ 2010). In quanto l’effetto di trascinamento rende sostanzialmente definitiva anche una perdita temporanea del potere di acquisto del trattamento di pensione, atteso che le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull’ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è stato intaccato ( Corte Costituzionale n.70/ 2015).