Con un calice di Sciacchetrà in mano chiudete gli occhi e visualizzate i terrazzamenti con i muri a secco che declinano verso il mare delle Cinque Terre immaginando quel tappeto verde delle pergole che copre le uve creando sublimi architetture.
Oppure, dopo aver tagliato a metà un’arancia di Pantelleria, pensate al miracolo degli orti panteschi a forma circolare e a quell’unico albero, circondato da un muro di pietre alto quattro metri, che nonostante la mancanza di acqua prospera perché il «cerchio magico» crea un microclima che lo irriga al crepuscolo e all’alba.
E ancora, con il profumo dell’olio extravergine di Vallecorsa (Frosinone) e il suo prelibato pizzicorino, concentratevi sugli oliveti sorgivi dalle rocce, che 400 anni fa furono spaccate e riempite di terra per dare dimora alle piante. Se vi abbandonerete a questa incongrua meditazione, accadrà qualcosa di strano e sublime. «Quel vino, quell’arancia e quell’olio amplificheranno il loro gusto ed estetica e sapore si fonderanno in un mix unico e raro», spiega Mauro Agnoletti, docente di Pianificazione del paesaggio rurale all’università di Firenze.
Agnoletti coordina il gruppo di lavoro del ministero dell’Agricoltura che ha sviluppato il Registro nazionale dei paesaggi rurali storici. Una lista di aree che hanno mantenuto pratiche agricole tradizionali e trasformato il territorio in un’opera d’arte. «Ma è anche un valore economico — continua Agnoletti —, perché non è riproducibile e afferma un nuovo concetto di qualità che unisce il prodotto alimentare e il paesaggio».
Non è un caso che venerdì a Roma Eataly, alla presenza del ministro Martina, annuncerà un progetto dedicato a prodotti tipici e paesaggio. Non c’è solo bellezza e business. «I paesaggi storici rappresentano un presidio contro il dissesto idrogeologico — spiega Angoletti — come accaduto nel 2011 alle Cinque Terre quando gran parte delle frane si verificarono sui terrazzamenti abbandonati. In più i paesaggi rurali conservano la biodiversità e sono esempi di adattamento a ambienti e climi estremi, come accade a Pantelleria con gli orti panteschi». Infine c’è la qualità della vita. L’Istat ha inserito nei suoi indicatori di benessere la conservazione dei paesaggi storici come elemento importante.
Le iscrizioni nel registro sono iniziate a dicembre 2015 con tre aree (colline di Valdobbiadene in provincia di Treviso, colline di Soave, nel Veronese, e i castagneti monumentali dell’Abbazia di Moscheta nell’Alto Mugello), ma dopo una fase sperimentale sono più di cento i comuni che hanno chiesto di farne parte. Non è facile: decide l’Osservatorio, un organismo politico e scientifico. I vantaggi? «Viene assegnato un marchio — risponde Agnoletti — con il quale si certifica la qualità della produzione associata a quella del paesaggio e ci sono finanziamenti per gli agricoltori».
Non mancano le minacce. La più pericolosa è l’abbandono. Nell’ultimo secolo sono stati 11 milioni gli ettari abbandonati con una media annua di oltre 100 mila ettari. Gli antidoti possibili? «Aiutare gli agricoltori a credere nel progetto e non abbandonare le aree. Con gli incentivi già previsti, ma anche con un’opera di marketing per sviluppare l’identità competitiva del territorio. L’Italia ha una diversità di paesaggi rurali incomparabile rispetto ad altre nazioni che deve essere valorizzata e sfruttata».
Marco Gasperetti – Il Corriere della Sera – 5 ottobre 2016