di Fulco Pratesi È vergognosa l’uccisione in Provincia di Trento, nonostante preghiere e proteste di tutto il mondo animalista e ambientalista, di un’orsa che preoccupata per la presenza di un cercatore di funghi aveva difeso i suoi cuccioli causando lievi ferite a chi le si era avvicinato.
Ed è notizia di ieri che un orso marsicano adulto è stato trovato morto tra il Parco d’Abruzzo e la Riserva naturale di Pettorano sul Gizio. Bisogna ricordare, è storia di molti anni fa, che l’orso bruno alpino, estinto su tutta la catena, sopravviveva negli anni ‘80 dello scorso secolo in soli due esemplari in Provincia di Trento. Fin dalla metà del 900 generosi tentativi di naturalisti illuminati hanno cercato di riportare sulle Alpi questa specie, legata al Trentino da leggende e tradizioni, a iniziare dalla storia del santo eremita Romedio. L’operazione di restauro ambientale è considerato uno dei maggiori successi ecologici europei degli ultimi decenni. Il fatto di aver ucciso, dopo un’accanita e inutile persecuzione, l’orsa Daniza, è una sconfitta per una storia di civile impegno che — in un’Europa in cui le grandi specie di predatori sono state quasi ovunque eliminate — aveva dato il merito all’Italia si aver salvato, oltre all’orso delle Alpi, specie e sottospecie uniche al mondo come lo stambecco, il lupo appenninico, l’orso marsicano e il camoscio d’Abruzzo. Questo non deve però cancellare le poche vittorie basate sulla necessaria convivenza pacifica con specie o esemplari, a volte problematici, ma che oltre al loro valore ecologico costituiscono un richiamo turistico. La presenza di una ricca fauna composta anche da orsi e lupi coniuga vantaggi economici con buoni rapporti tra uomo e natura, realizzando il sogno del Santo Protettore d’Italia.
L’ipocrisia di chi è pronto alla critica ma non sa prevenire
di Enrico Franco Certo, #iostocondaniza e auspico sia fatta giustizia per la tragica fine che le è toccata. Il suo comportamento è stato definito anomalo perché ha difeso nel bosco i propri cuccioli, quando evidentemente sarebbe stato anomalo se non l’avesse fatto. Purtroppo il progetto Life Ursus che ha riportato il plantigrado in Trentino è finito da tempo nel tritacarne delle speculazioni politiche: da un lato c’è chi ha cavalcato — quando non alimentato — la paura di un numero crescente di abitanti delle zone montane; dall’altro, le autorità non hanno affrontato realmente la questione, cercando come spesso avviene di non scontentare alcun fronte, ottenendo così l’ovvio risultato di deludere tutti. Ciò premesso, pur provando amarezza per la morte di Daniza, confesso l’imbarazzo nel vedere come la sua morte sembri suscitare maggiori emozioni di quante se ne registrino per innocenti vittime umane annegate nel nostre mare attraversato dalle fatiscenti imbarcazioni dei trafficanti di speranza. Mi rattrista poi l’ipocrisia dei politici che ieri sparavano metaforicamente contro l’orso e oggi fanno altrettanto contro chi ne ha deciso la cattura. Mi chiedo ancora se gli animalisti ora così pronti ad accusare, comprensibilmente e giustamente, non avrebbero potuto aiutare la comunità trentina a gestire la convivenza con l’orso. In pochi anni, all’ombra delle Dolomiti hanno trovato spazio 50 plantigradi grazie a un progetto della Provincia autonoma sostenuto dalla Ue: evidentemente è più facile criticare un errore che prevenirlo. I parenti di Daniza, che numerosi scorrazzano nei boschi, immagino stiano sperando in un ravvedimento collettivo degli umani. Sarebbe il modo migliore per onorare la loro amica.
Il Corriere della Sera – 13 settembre 2014