La manovra esce dalla Camera per approdare al Senato a saldi invariati. Per dirla come recita la «prima nota di variazione» al bilancio di previsione dello Stato per il triennio 2017-2019 approvata ieri in consiglio dei ministri e poi a Montecitorio, le modifiche al disegno di legge di bilancio dopo la prima lettura delle Camere «sono complessivamente neutrali sia in termini di saldo del bilancio dello Stato (saldo netto da finanziare), sia di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e determinano una modesta ricomposizione degli aggregati di entrata e di spesa».
Che tradotto in numeri vuole anche dire uno spostamento di oneri che non vanno oltre i 300 milioni, e che si traducono in una riduzione delle spese correnti di circa 100 milioni nel 2017 e 45 milioni nel 2018 in favore di un incremento delle spese in conto capitale (60 milioni nel 2017 e 15 milioni nel 2018). Tutto accompagnato da una ulteriore riduzione delle imposte per 40 milioni nel 2017 e 30 nel 2018.
L’Aula della Camera dopo aver votato la fiducia al Governo venerdì scorso ha licenziato ieri, con 290 sì e 118 contrari, il testo rivisto e corretto dalla commissione Bilancio. Un testo che, comprensivo degli emendamenti a approvati, fissa il saldo netto da finanziare per il 2017 a circa 38,6 miliardi e a circa 27,2 miliardi nel 2018 e 8,6 miliardi nel 2019. Confermato anche l’obiettivo di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche pari al 2,3% del Pil e, come, si legge nella stessa nota di variazione, assicura per i prossimi anni «il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati nella nota di aggiornamento al Def (-1,2% del Pil nel 2018 e 0,2% nel 2019).
Le modifiche del Governo e del Parlamento, come ha ricordato il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, si sono tutte mosse all’interno dei saldi della manovra presentata alla Camera. È il caso di interventi attesi come quelli in materia previdenziale con l’allargamento della platea per l’accesso al trattamento pensionistico delle lavoratrici (opzione donna), l’ampliamento dell’ottava salvaguardia per gli esodati o ancora il riconoscimento del diritto alla pensione di disabilità per i lavoratori dell’amianto: «Le risorse necessarie, sottolinea Baretta, arrivano tutte dal Fondo per spese indifferibili o da quello per interventi di politica economica, nessuna nuova entrata o aumento di imposta per intenderci».
Positivo per Confindustria il voto alla Camera. «Dobbiamo augurarci che in Senato non si facciano modifiche rilevanti», ha auspicato ieri Vincenzo Boccia, aggiungendo che si tratta di una «manovra equilibrata che pone, seppur con risorse limitate, un’attenzione ala questione economica sui nuovi investimenti».
Il riferimento è alla conferma del super-ammortamento e del nuovo iper-ammortamento al 250% per gli investimenti in beni digitali o tecnologici legati a «Industria 4.0». Ma per le attività produttive in crisi arriva anche la possibilità di rateizzare i debiti fiscali, Iva inclusa, e quelli contributivi, così come il finanziamento di progetti di ricerca applicata al partenariato pubblico-privato e le risorse per la partecipazione italiana ai progetti di ricerca europei (si veda servizio a pagina 10).
Nel suo complesso, per il presidente della Commissione Bilancio, Francesco Boccia (Pd), la manovra esce migliorata dalla Camera, ma «nonostante l’assist della riforma, la politica ha preferito la rissa e la ressa». Con la nuova legge di bilancio «potevamo – ha sottolinea Boccia – presentare agli italiani 10 proposte sulle politiche macroeconomiche e discutere su queste».
Marco Mobili – Il Sole 24 Ore – 29 novembre 2016