Roberto Fiori. Distillati, food equipment (ovvero le macchine per la produzione di alimenti), caffè e vino. Ma anche acqua, conserve, dolci, farine, latte e derivati, olio, packaging, pasta e salumeria. Sono queste alcune delle locomotive che trainano l’economia italiana. Lo dice il Food Industry Monitor, l’osservatorio sulle performance delle aziende italiane del settore food & beverage realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche con il supporto di BSI Europe.
Secondo i dati divulgati all’ateneo di Pollenzo nel Cuneese , l’agroalimentare si conferma in netta ripresa: una crescita che sembra avere basi solide, in quanto è accompagnata da una redditività positiva e da una struttura finanziaria relativamente strutturata. Nel 2015, il settore è cresciuto più velocemente dell’economia italiana, con un progresso del 4,6% rispetto al +0,8% del Pil nazionale, soprattutto grazie alle esportazioni. La creazione di valore aggiunto raggiunge livelli ancora superiori, +8% rispetto al 2014.
Anche i trend degli investimenti materiali (impianti produttivi e logistica) e immateriali (ricerca e sviluppo e comunicazione) hanno valori superiori rispetto alla media delle imprese italiane. «Nonostante ciò – ha sottolineato il coordinatore Carmine Garzia – un’ulteriore crescita degli investimenti sarebbe auspicabile per rafforzare la competitività del settore». A livello di singoli comparti, l’ICS – Indice di Crescita Sostenibile creato ad hoc tenendo conto della combinazione di ricavi, profitti e indebitamento – rivela che distillati, food equipment, caffè e vino sono i settori più in salute e quelli che hanno anche maggiori prospettive per il futuro. Latte e salumeria, invece, sono i più in crisi e pagano problematiche che si possono definire strutturali come prezzi molto bassi e crollo dei consumi.
Giunto alla seconda edizione, l’Osservatorio ha ampliato il proprio campo di ricerca analizzando le performance di 807 aziende, per 54,8 miliardi di ricavi aggregati, nel periodo 2009-2015. In generale, l’analisi ha mostrato chiaramente che l’industria italiana dell’agroalimentare fa leva sull’elevata qualità delle risorse naturali e delle materie prime, ma aggiunge valore attraverso i processi produttivi, la comunicazione, il brand e la distribuzione. A commentare i dati del Food Industry Monitor sono intervenuti, tra gli altri, il neopresidente e Ad Ferrero Commerciale Italia, Alessandro D’Este, e il presidente dell’Unisg Carlo Petrini. «Innovazione, attenzione alle materie prime e la scelta di non prendere mai scorciatoie sono i valori sui quali la Ferrero ha costruito la sua reputazione e il suo successo – ha detto D’Este -. Oggi non esiste più il consumatore medio, tutto si è polarizzato e il cliente cerca un legame quasi individuale. Occorre accettare la sfida e cavalcare nuove idee». E guardando al futuro, ha aggiunto: «Il mercato italiano dà timidi segnali di ripresa e finalmente le cose sembrano andare nella giusta direzione».
Carlo Petrini ha però ammonito gli industriali e gli autori dell’Osservatorio a «non limitarsi ad analizzare i bilanci economici e la redditività. Occorre mirare a una crescita sostenibile, dove hanno pari importanza l’etica e la responsabilità sociale composta da ambiente, salute ed educazione. Sono queste le richieste dei cittadini sempre più consapevoli e i nuovi parametri su cui si gioca il nostro futuro, a partire proprio dal settore agroalimentare».
La Stampa – 19 giugno 2016