Paolo Baroni. Il Tfr in busta paga? È uno spreco, una mossa da ultima spiaggia». Giuliano Cazzola, esperto di previdenza ed ex sindacalista non ha dubbi: «E’ proprio una mossa sbagliata». «E’ come usare banconote da 100 euro al posto della carta igienica», ha dichiarato nei giorni scorsi. «E’ come usare energia pulita per fare andare un trattore», ripete oggi condividendo l’allarme lanciato da Bankitalia. «Il Tfr è una risorsa molto importante, molto diffusa – aggiunge – ma andrebbe utilizzata per bisogni più strutturali, che riguardano la vita delle persone, come del resto prevedono le attuali regole sugli anticipi. Non per risollevare i consumi».
Bankitalia parla di «pensioni a rischio», soprattutto per i giovani e per i redditi più bassi. E per questo chiede che la norma sia temporanea.
«Giusto, tutto vero. Ma la cosa più folle per me è il raddoppio delle tasse sui fondi pensione. Salire dall’11,5% al 20% significa ridurre in maniera considerevole il montante delle pensioni future».
Poi c’è un effetto combinato delle due misure
«Sicuramente. Con l’anticipo si creano buchi della contribuzione e poi con l’aumento delle tasse si riduce il montante. Folle».
Il governo non la pensa così: l’idea è quella di mettere più risorse in tasca di chi lavora in un momento difficile per l’economia ed in un fase in cui gli aumenti contrattuali sono quelli che sono…
«Questa è certamente un’obiezione forte. E se la misura è solo temporanea può rappresentare un’opportunità in più data ai lavoratori. Però la scelta una volta fatta vale per tre anni, non ci può ritirare prima, e questa non mi sembra una cosa molto liberale…».
Non è la prima volta che si parla di Tfr in busta paga. Già nel 2011 se ne era parlato poi non si fece nulla. Questa volta il governo fa sul serio.
«Se è per questo sta pure nel programma di Passera, una volta lo stesso tema era stato lanciato dal Tg5».
Una «attenzione» ricorrente…
«Perchè il Tfr rappresenta una risorsa importante, è salario differito, ricordiamolo, e viene facile dire “usiamola non lasciamola alle imprese”. Ma è anche diventata la risorsa principale delle previdenza complementare, per questo dirottarla altrove crea problemi. Così come problemi ci possono essere per il fondo di tesoreria dell’Inps dove oggi finisce parte di questi contributi. Oggi siamo arrivati a 6 miliardi l’anno, che fine faranno questi soldi?».
Nella legge di stabilità la perdita di entrata sul fronte Inps viene compensata dal maggior gettito Irpef legato al venir meno dell’aliquota agevolata di cui godevano i fondi accantonati…
«Prima questi soldi venivano usati per le infrastrutture, ma ora è un’entrata ordinaria molto significativa. Ricordo che nella scorsa legislatura, quando ero deputato del Pdl, assieme al presidente della Commissione lavoro provammo a presentare un ordine del giorno per lasciare alle imprese questi fondi per un paio d’anni: piombò in aula l’allora ministro Tremonti, ci trattò malissimo, e ce lo fece ritirare».
Torniamo a oggi. Altri problemi?
«Credo restino dei problemi anche sul fronte delle imprese, perchè il meccanismo dei finanziamenti da parte delle banche non mi sembra semplice e perchè per una parte di loro, quelle sotto i 50 dipendenti, è previsto un aumento del costo del lavoro visto che devono contribuire con lo 0,20 al fondo di garanzia. Alla fine non so che convenienza ci sia a mettere in piedi un meccanismo del genere. Già oggi il 70% del Tfr accantonato può essere usato per sposarsi o comprar casa mentre per il restante 30% non serve una motivazione specifica: bastava ridurre il termine di 8 anni e tutto era più facile».
La Stampa – 4 novembre 2014