Per il momento la malattia pare circoscritta ai cinghiali selvatici, in alcune zone del paese: Sardegna, Piemonte, Liguria e nord di Roma. Ma se il virus raggiungesse i numerosi allevamenti di maiali presenti in Lombardia e Emilia-Romagna, le conseguenze sarebbero gravi
Vi ricordate la Xylella Fastidiosa? Quel batterio che ha ucciso milioni di ulivi in Puglia, provocando un danno ambientale, economico e paesaggistico senza precedenti? Un disastro che sarebbe stato possibile contenere o persino evitare se la
politica avesse fatto il suo dovere. Infatti, per evitare il diffondersi dell’infezione, le normative prevedono l’abbattimento degli alberi infetti e di quelli vicini. Una misura drastica, ma che se attuata immediatamente permette di contenere la diffusione del batterio.
Ma tra il fronte del “no alle estirpazioni” guidato da Michele Emiliano (PD), le fake news diffuse dal Movimento 5Stelle – Beppe Grillo definiva la Xylella una bufala – le lentezze amministrative e di rimborso, si è giunti ad accumulare ritardi cronici nella gestione dell’infezione che di conseguenza si è rivelata totalmente fuori controllo. La stessa Corte di Giustizia europea ha condannato l’Italia per non aver adottato le misure di prevenzione stabilite dalla Commissione europea.
Oggi siamo di fronte ad una nuova catastrofe annunciata: la peste suina africana, un virus che colpisce i suidi (cinghiali e maiali), per fortuna totalmente innocuo per l’Uomo. Per il momento la malattia pare circoscritta ai cinghiali selvatici, in alcune zone del paese: Sardegna, Piemonte, Liguria e nord di Roma. Ma se il virus raggiungesse i numerosi allevamenti di maiali presenti in Lombardia e Emilia-Romagna, le conseguenze sarebbero disastrose: obbligo di abbattimento di tutti i capi di bestiame e blocco dell’esportazione di prodotti a base di carne suina (prosciutti, salumi), tempi per la ripresa dell’allevamento e della produzione misurabili in anni. Si prospettano danni economici colossali per tutto il settore e danni di immagine devastanti per le nostre DOP e il Made in Italy.
La battaglia non è affatto semplice: si tratta di un virus estremamente resistente e come per la Xylella, per evitare il peggio, è necessario agire in modo molto veloce e concreto. Fra i tanti paesi che stanno fronteggiando l’emergenza peste suina africana, due sono riusciti a sconfiggere il virus nel giro di due anni, ossia Belgio e Repubblica Ceca. Queste esperienze mostrano che si può vincere contro la PSA agendo in fretta e secondo un protocollo ben preciso che prevede: limitazioni ferree delle zone infettate e delle zone cuscinetto, all’interno delle quali non deve più essere praticata nessuna attività umana, in quanto le ruote delle auto e le scarpe degli umani possono diffondere il virus fuori dalle zone infettate. All’interno di queste zone, che devono assolutamente essere recintate, il Belgio ha finanziato 300 km di recinti in collaborazione con Francia e Lussemburgo, vanno costituiti dei corridoi chiusi che permettono di abbattere tutti i cinghiali presenti della zona infettata evitando che essi scappino al di fuori della zona delimitata e quindi infettino altre zone (misura drastica ma necessaria alla sopravvivenza della specie stessa).
La protezione civile è stata mobilitata per l’eliminazione di tutte le carcasse infettate attraverso protocolli rigidi di biosicurezza. In Italia è stato nominato un Commissario nazionale per la PSA ma privo di portafoglio. Non è chiara quale sia la sua azione ma è evidente che non sta funzionando: nel giro di un anno l’area interessata dall’infezione è più che raddoppiata. Secondo la CIA, sono solo 444 i cinghiali abbattuti in un anno fra le provincie di Alessandria, Savona e Genova a fronte di 104 mila cinghiali in Piemonte e tra 35 et 56 mila in Liguria (numeri sottostimati perché non sono stati fatti censimenti precisi). Non sono state realizzate le recinzioni tempestivamente. Non sono state fatte le campagne di sensibilizzazione dei sindaci e dei cittadini, né le formazioni di come comportarsi in caso di ritrovamento di una carcassa di cinghiale.
In Piemonte la Giunta regionale ha prima stabilito le restrizioni per le aree infettate ma alla prima lamentela ha votato le deroghe alle restrizioni da lei stessa previste! Così, via libera alle competizioni di pesca sportiva ma con obbligo di parcheggiare sull’asfalto! Via libera al trekking ma solo sui sentieri, chiedendo ai cittadini di cambiare scarpe e disinfettarle, come le ruote delle biciclette, regole approssimative che per controllarne il rispetto servirebbe l’intero esercito. Il commissario non ha definito un protocollo per bloccare l’infezione nella provincia di Roma, dove la situazione può facilmente
sfuggire di mano vista la gestione dei rifiuti e la presenza di cinghiali in città. Infatti molto probabilmente l’esemplare trovato positivo a Roma si è infettato mangiando rifiuti e scarti di carne infette. Con la leggerezza e l’incompetenza della politica, il virus avanza!
Con questa lettera aperta, chiediamo al Governo, di smetterla con i diversivi, tipo l’allarme sulla farina di grilli e di mettersi seriamente al lavoro per eliminare la peste suina africana. Il disastro annunciato è evitabile La protezione del Made in Italy parte prima di tutto da casa nostra.
A firma di:
Caterina Avanza, responsabile per Azione dell’agricoltura europea
Annalisa Baroni, responsabile per Azione dell’agroalimentare
Matteo Maino, coordinatore del gruppo esperti agricoltura di Azione
Fausto Fogliati, responsabile per Azione dell’agricoltura Piemonte
Luigi Dalleri, allevatore di suini e veterinario
Pasquale Renato Romagno, zootecnico