La Stampa. «La norma sui rave è pericolosa, è un veicolo per reprimere il dissenso. Se si usa un bazooka contro le formiche si fa male anche ad altri». Non è tenero il dem Andrea Orlando sulle prime mosse del governo. E anche sulle prossime, perché «sarebbe una follia rimuovere il reddito di cittadinanza proprio ora che cresce la povertà assoluta». L’ex ministro del Lavoro e della Giustizia si scaglia contro il titolare del Viminale sul raduno di Predappio, non risparmia colpi al Terzo polo, ma anche ai 5 Stelle, denunciando il pericolo che «oggi è messa in forse la stessa sopravvivenza del Pd».
Perché è così pericolosa questa legge sul rave?
«Guardi, è una norma pericolosa perché se 50 ragazzi si radunano per una festa di laurea, possono vedere uno zelante funzionario contestare un reato che va dai tre ai sei anni. Poi è chiaro che può essere utilizzata in contrasto con l’articolo 17 della Costituzione, che consente la libertà di manifestare. Ci sono manifestazioni come l’occupazione delle scuole o delle fabbriche e varie forme di lotta che rischiano una sanzione, con la possibilità di utilizzo delle intercettazioni. Non è vero che non si possono fare, sono vietate solo quelle preventive. E c’è un altro aspetto».
Quale?
«Ci troviamo di fronte a termini non tassativi, generica è la definizione di raduno, larga la discrezionalità dei termini come ordine pubblico. Insomma a chi deve applicare la legge viene lasciato un margine molto ampio che può coprire manifestazioni che vanno molto oltre i rave. Norme che sono la spia di un atteggiamento che vede nella manifestazione del dissenso un aspetto non da gestire, ma da rimuovere. Emerge poi una forte ostilità nei confronti dei giovani».
Ma fare battaglia a una legge contro i rave può essere poco popolare. O no?
«Bisogna spiegare alle persone che se usi un bazooka per rimuovere una formica, rischi di fare male ad altri».
Il ministro Piantedosi rileva una differenza tra i rave e Predappio. Potrebbe essere sciolto anche quel raduno con questa nuova norma?
«Secondo il ministro no, dice che Predappio non andava sciolta, in quanto mancava una denuncia del proprietario del suolo. In effetti la marcia su Roma è stata realizzata su suolo pubblico…».
Secondo lei la folla di Predappio andava sciolta per apologia di fascismo?
«Spetta agli organi competenti valutare. Devo dire che c’è un salto di qualità quest’anno. Si teneva per celebrare un colpo di stato e ciò assume un significato politico diverso dalla semplice rievocazione nostalgica di un defunto, anche se del tutto particolare».
Come spiega che gli italiani votino in maggioranza un partito che non si ritiene antifascista? È un sentimento obsoleto e considerato superato dopo più di 70 anni?
«Credo vi sia una responsabilità anche della sinistra nel non aver saputo attualizzare il sentimento dell’antifascismo: il fascismo ha assunto forme nuove, che andrebbero denunciate con maggior costanza e meno retorica, in questo si sconta una difficoltà nel parlare ai giovani. L’Europa di oggi ci offre torsioni di tipo autoritario, con caratteri del tutto nuovi, ma anche elementi di continuità inquietanti».
A proposito di Europa: rischiamo di non ricevere i fondi del Pnrr con il rinvio della riforma della giustizia?
«Il rischio esiste ed è significativo, anche se Meloni lo nega: già prima, stare nei tempi, era complicato, oggi se si fanno rinvii ancora di più. E se si pensa di fare anche alcuni aggiustamenti c’è il pericolo di un pasticcio».
Cosa si aspetta dal governo sul fronte economico?
«Meloni definisce il salario minimo uno specchietto per le allodole, ma io penso invece che dovrebbe introdurlo, collegandolo ai contratti migliori di settore in attesa di una legge perché il lavoro povero è un’emergenza assoluta. Ed estendere il tetto Isee per chi è esentato dagli aumenti della bolletta. E sarebbe necessario cominciare a intervenire sul cuneo fiscale e dare sostegno alle imprese energivore, prevedere aiuti per affitti a studenti, aumentando la tassazione sugli extraprofitti».
E invece come prossimo passo potrebbe sforbiciare il reddito di cittadinanza.
«Sarebbe una follia, tutti gli osservatori dicono che la povertà assoluta è in crescita. E poi stanno partendo le misure del Pnrr che servono a sviluppare le politiche attive del lavoro: tagliare il reddito sarebbe una cosa assurda ora che alcuni problemi, se le regioni faranno la loro parte, potranno essere risolti. Io piuttosto renderei cumulabile il reddito di cittadinanza con quello da lavoro stagionale, senza penalizzare chi accetta un lavoro di breve durata».
Voi voterete le misure sulle bollette e il caro energia?
«Valuteremo se saranno insufficienti o se saranno infarcite di altro, una cifra che sta caratterizzando il governo, dalle sue prime mosse».
Voterete il decreto per inviare altre armi all’Ucraina?
«Non abbiamo mai avuto dubbi, ma quello che personalmente non ritengo più sufficiente è una politica solo di aiuti militari e non di sforzi sul piano diplomatico per spingere nella direzione di una trattativa, un capitolo non affrontato anche per responsabilità gravi dell’Europa».
Come valuta la prova generale delle opposizioni nei primi giorni di governo?
«Spero che sui primi provvedimenti le distanze si riducano rispetto a quanto avvenuto in Parlamento dopo il discorso di insediamento».
Farete fronte comune con i 5 Stelle o reggeranno i veti reciproci fino al congresso del Pd tra sei mesi?
«Penso che si svilupperà nel Paese una richiesta di opposizione tale da far cadere ogni veto».
E vede il rischio di un appoggio esterno al governo del Terzo polo?
«Mi pare che i messaggi, almeno di una parte del Terzo polo, siano eloquenti, ma che non ci sia fretta nel procedere. Al momento Meloni non ne ha bisogno e per tutti e due è però importante sapere che questa opzione c’è: nessuno ne ha fatto mistero».
Avete sbagliato a dire no all’alleanza con i grillini, visto che sarebbe potuto uscire un Parlamento diverso?
«Secondo me c’è stata una sottovalutazione degli effetti della scissione di Di Maio. E abbiamo dato una valenza meramente tattica al rapporto con i 5 Stelle e gli altri alleati, sopravvalutando la forza strategica della cosiddetta agenda Draghi e gli effetti della caduta del governo».
Ma il nodo dell’alleanza con i 5 Stelle si scioglierà al vostro Congresso?
«Penso sia l’ultima delle questioni, il tema è dare un’identità al Pd, che per cambiare sé stesso, però, ha bisogno di forze esterne. E lo sforzo di apertura, che non richiede molto tempo ma forte volontà politica, deve essere molto più incisivo. Riconoscendo che non bastiamo a noi stessi: c’è un mondo di gente che fa politica senza tessere di partito: terzo settore, sindacato, associazionismo».
Come coinvolgerli?
«Partirei subito con comitati costituenti a cui dare larga autonomia. Oggi c’è bisogno di riconoscere il valore politico di molti soggetti. Le primarie sono l’ultimo dei problemi, se cambia solo la leadership e non cambia l’identità e la costituency del partito, non abbiamo risolto molto».
Lei alla fine si candiderà?
«Non è il momento delle autocandidature, ma di provare a mettere al centro la dimensione collettiva. Perché per la prima volta non vedo scontata la sopravvivenza del Pd. Ci sono due opa aperte contro di noi e quella che rischia di essere più corrosiva ed efficace è quella portata avanti dai 5 Stelle. L’avvicinarsi di Renzi all’area di governo attutisce l’opa ostile nei nostri confronti. Ma sia per la guerra, sia per la crisi sociale, rischia di essere più efficace l’azione di Conte».
E come stopparla?
«Dobbiamo caratterizzare da subito il Pd come una forza più compiutamente socialista, che fa della questione sociale e della difesa dei lavori la ragione essenziale. Un partito più netto e più chiaro sui temi della redistribuzione del reddito e della riforma delle dinamiche del mercato, dello Stato e del welfare». —